FANFIC

The Fine Art of Phonesex

Juuhachi Go




«T… tutte uscite?» gemette Michiru, schiacciata contro lo stipite della porta, i primi due bottoni della camicetta slacciati quel tanto che bastava per far sragionare qualunque parte del corpo di Haruka, che le cadde addosso dopo aver chiuso con un calcio la porta di casa, ben felice di poter finire il loro interessante tête-à-tête senza destare scandalo.
«Tutte uscite.» ridacchiò impaziente, finendo di aprirle la camicia, le labbra che scivolavano nelle sue, in un bacio caldo, umido… Sentì Michiru che si aggrappava disperatamente alle sue spalle, lasciandosi sfuggire un gemito. Era quasi pronta a vederla sul pavimento, un momento prima di riconoscere la sua mano che faceva scendere la zip dei pantaloni e scivolava con sapiente indifferenza sotto la sua biancheria. Distinse appena la sua risatina vittoriosa quando le si piegarono le ginocchia, fulminate. Chiuse gli occhi, tendendosi contro le sue dita con un gemito.
«Alt, fammi arrivare in camera, dai!» esclamò, la voce rotta. Michiru non sembrava essere affatto dello stesso avviso, piccola strega. Affondò nel suo bacio con l’urgenza tipica di un mese di astinenza totale, i grandi occhi blu di lei che la fissavano divertiti.
«Guarda che lo so che non ce la fai a fare un altro passo…» sghignazzò «Sei tutta, tutta bagnata.» sussurrò, mentre Haruka sbatteva contro la porta del bagno e muoveva il bacino al ritmo della sua mano.
«… così, Michiru… così…» mormorò, spingendo accidentalmente la maniglia dietro di sé. La porta si aprì, ma lei fu abbastanza pronta da afferrare le spalle dell’amante per non cadere all’indietro.
Effettivamente, caracollarono a terra, l’una sull’altra.
Risero, Michiru si mosse su di lei, baciandole le labbra, i capelli, lasciando correre le mani di Haruka fra i riccioli, accarezzandola sotto la camicia. Lei si lamentò leggermente, le dita che andavano ad aprire il bottone del pantalone. Michiru strinse le gambe contro i suoi fianchi. Haruka, decisamente punta nell’orgoglio, si sollevò per baciarla, in fretta, con il desiderio che le stringeva lo stomaco e le mani che si precipitarono a toglierle la camicia.
«M-mantieniti…» balbettò, issandola in braccio per poi rotolare con lei sul divano, pochi passi dopo. Ci volle un po’ per organizzarsi su chi dovesse togliere cosa a chi, ma, una volta che si furono messe d’accordo, Michiru giaceva senza respiro sui cuscini. Inginocchiata davanti a lei, Haruka la sfiorò appena da sotto le morbide pieghe della gonna, ingaggiando un duello ben arduo con i suoi collant.
Rise sotto i baffi.
Chi era bagnata?
Bastò un tocco impercettibile da sopra la stoffa sottile delle mutandine perché Michiru si contraesse voluttuosamente.
«Haruka.» scattò, stringendo i cuscini, le gambe attorno alla mano di lei. La vide sorridere.
«Ohh.» bisbigliò la ragazza, suadente «Mademoiselle arriva a chiamarmi…».
Michiru si inarcò all’indietro, un velo di desiderio sugli occhi che sfocava la stanza.
«Di’… di’ qualcosa!»
«Cosa?» chiese lei, spingendo lentamente, senza attraversare la barriera di cotone, Michiru impazziva quando lo faceva.
«Qualcosa di sconcio, non lo so!».
Fu allora che squillò il telefono.
«… porca puttana troia.».
Michiru sbatté le palpebre.
Se c’era una cosa in cui Haruka odiava essere interrotta, quella era il sesso.
Stroncata dalla poca sensualità della situazione, ritirò ogni sua parte del corpo dalla destinazione Michiru e prese la cornetta.
Solo allora si ricordò che avrebbe dovuto prima riprendere fiato.
«Pronto? Casa Tenou?»
«Oh, ko-koneko-chan!*» farfugliò, al suono della voce di Odango.
Mai rispondere al telefono con i postumi delle carezze di Michiru… in ogni punto carezzabile e non: la sua voce ne usciva particolarmente… sconvolta. Nota mentale ancora più importante, mai e poi mai rispondere anche con un soprannome come quello. Arrossì fino alla punta dei capelli, poi schiacciò il pulsante del vivavoce, sperando che… che Michiru si decidesse a chiudere le benedette gambe, domineddio! Almeno per senso di colpa nei confronti dei suoi poveri ormoni.
«… è tutto okay? Disturbo?».
Guardò Michiru. Che aveva almeno avuto la decenza di accavallarle, le gambe.
«N-no.» si affrettò a negare. Pessima idea: la sua ragazza, che tanto aveva fatto per aggrapparsi al divano e rimettersi in piedi, si ritrovò in preda a un attacco di risa quasi isteriche. Cadde con un tonfo.
Fu probabilmente quello il momento in cui Haruka si accorse di aver passato la sua adolescenza con un recidivo pezzo di stronza. Le lanciò un cuscino, un dito sulle labbra.
«… ti ricordi per caso quando Michiru-san aveva detto a Mamo-chan di quel cuoco, quello che era andato a fare uno stage a Parigi… presente? Quella ricetta che volevo io…».
Francamente, no, considerato che Michiru se la rideva con la gonna spudoratamente alzata sopra la vita e aveva in mente tutto tranne il cuoco francese.
«Uhm… fammi pensare.».
Avrebbe potuto riattaccare.
Certo che avrebbe potuto.
… Stupida sindrome del samurai.
«Oh, aspetta!» esclamò candidamente Michiru, dal divano «La ricetta me l’ha data, poi!».
«Ah… a-aspetta, koneko-chan, te la va a cercare subito.» balbettò Haruka.
Indietreggiò di un passo.
Michiru avanzò ancheggiando verso di lei.
Ancheggiando.
Ci teneva a sottolinearlo.
Si chinò un momento ad estrarre un foglietto della borsetta appesa alla sedia, glielo porse, facendole cenno di leggere ad alta voce.
«Ah… ahem… O-Odango…? Pronta…?»
«Sì!».
Michiru la abbracciò con aria cospiratrice.
Con malcelato terrore, Haruka gettò un’occhiata al pezzetto di carta.
Poi, guardò Michiru, come se gliel’avesse fatto ingoiare.
«Troia!» mosse le labbra.
«… ok.» biascicò, la gola completamente secca. Aveva creato un mostro.
«Hai una penna, Odango?»
«Mh.»
«B… bene.» borbottò, un dito di Michiru che la accarezzava lievemente in mezzo alle scapole. Quasi cadde sul mobiletto del telefono.
«Fai… fai delle piccole incisioni sulla pelle del fagiano e infila le fettine di pancetta?!» si voltò verso Michiru «CHE COSA?!»
«… non sapevo fossi così sensibile, Haruka-san…» si stupì Usagi, dall’altro capo del filo. Haruka tossicchiò.
«Beh, so… sono un’animalista.» mentì al volo. Michiru fu costretta a mordersi un dito per non ridere ossessivamente, guadagnandosi un serio principio di soffocamento. L’altra ragazza, che si doveva imporre un po’ di autocontrollo, si era coraggiosamente lanciata in un’accurata descrizione di come arrotolare e infilare le suddette fettine di pancetta nelle fessure del fagiano. Con Michiru che, là dietro, ballonzolava tutta, sulla sua schiena.
Sì, d’altronde lei era una persona sensibile.
«.. poi, fai lo stesso con i cosi, lì, ì… nh!» sussultò, quando sentì la mano di lei che le si strusciava contro a tradimento
Oh, sì.
Molto sensibile.
Dovette reggersi con tutte e due le mani avanti, mordendosi le labbra, con sommo divertimento della sua ragazza. Usagi sentì il fracasso di un portapenne che ruzzolava per terra. Coperta dal rumore, Michiru poté permettersi una risata liberatoria, mentre Haruka, ancora in stato di shock, covava aspirazioni omicide.
Se quello era il livello a cui riusciva ad arrivare quella benedetta donna, Hotaru doveva uscire più spesso, il pomeriggio.
«Scusa.» riprese fiato «Dicevo… fai… lostessoconitartufi!» balbettò, in preda al panico più totale quando Michiru tornò di nuovo all’attacco, là sotto nei suoi pantaloni, le labbra premute sul suo collo e… e… Dio mio, non si era mai accorta di averla plagiata così, in tutti quegli anni.
«…Eh?» azzardò l’amica, dalla cornetta.
«Scusa. Topi.»
«Cosa?!»
Michiru aveva l’aria di non essersi mai divertita tanto in vita sua.
«Ma… beh, sì, sai com’è… è una casa un po’ vecchia… quindici centimetri per ratto. Presente? Codine, zampette, pelacci neri… queste schifezze qui.»
«Ma è terribile!»
«Non immagini quanto.» asserì lei, con voce grave, Michiru che la spiava con la coda dell’occhio.
L’avrebbe uccisa.
Doveva solo farle mettere giù quella cornetta e poi…
Poi…
Poi Michiru la baciò.
Uno di quei baci che demoliscono il tuo mobiletto del telefono e ti fanno ritrovare rivoltata come un involtino, a ricambiarla con metri e metri di lingua, martellata da un unico, devastante pensiero.
Adesso. Me. La. Scopo.
Atterrita da tutto quel muovi-muovi di arredamento, Usagi si lasciò sfuggire uno squittio.
«Haruka-san? Ne hai trovato un altro? Serve che qualcuno venga a darvi una mano?»
Incredibile, ci credeva sul serio!
«NO!! Assolutamente!» ruggì, sdraiata sul pavimento, recuperando il maledetto biglietto e scostandosi i capelli di Michiru dal viso. Oramai appollaiata sulle sue ginocchia, la ragazza aveva preso in mano il gioco… e magari solo quello… le si arrampicò addosso in un vortice blu e grigio di gonne e capelli, Haruka si appoggiò disperatamente il ricevitore all’orecchio, le mani di Michiru che armeggiavano col suo reggiseno, il suo corpo accaldato schiacciato contro di lei, sfacciato, invitante…
«… infila i due formaggini nella cavità anale…» si sforzò di dire «… ma prima lavorali con un cucchiaino fino a che non stanno lì li per…» ringhiò, guardando Michiru con cipiglio assassino. Non servì a nulla. Non a impedirle di spogliarla come si deve, almeno. Né tantomeno a far decidere al suo bacino di smetterla di assecondarla così. «… fino a quando non stanno lì lì per venire… topastro schifoso!» urlò in un ultimo, destabilizzante tentativo di salvarsi la faccia. Sempre che ce ne fosse davvero bisogno.
Da parte di Odango, solo silenzio.
Haruka avvampò di vergogna. Riuscì a riappropriarsi di un tono di voce quantomeno normale.
«Cioè, no… lavorali prima. Fino a farli diventare a crema, e poi…».
… e poi barda Michiru di pancetta per farla smettere di sospirare su di te, lei e i suoi fluidi irrequieti!
«… e barda il tutto di pancetta.» sogghignò. Colta di sorpresa dal suo repentino cambio di espressione, la sua ragazza non poté trattenere un’occhiata altrettanto maliziosa, che sarebbe stata maliziosa anche non volendo, considerato che era seduta mezza svestita sul pavimento. Ma cornetta fra spalla e mento, Haruka gattonò verso di lei, assicurandosi che Odango fosse ancora intenta a prendere appunti. Michiru fece per avanzare a sua volta.
«Koneko-chan, hai fatto?» domandò allegramente all’amica.
«Mhhhh… fino… farli… diventare… crema… Sì!»
«Bene.» scandì lei.
Oh beh, se non puoi sconfiggere il nemico…
Prima che Michiru potesse azzardare un secondo movimento, la spinse con la schiena a terra.
«Adesso…» disse a Usagi, con l’efficienza di una presentatrice televisiva «… non ti resta che legarlo con uno spago da cucina…» e, estratto a tradimento il proprio reggiseno da sotto il sedere, vi immobilizzò l’amante per le braccia, tentando in tutti i modi di soffocarne le risa con il palmo della mano, nonostante la strenua, giocosa resistenza che le veniva opposta. Haruka strinse il bacino di Michru fra le ginocchia e la mandò con la faccia in avanti, una mano immersa fra i riccioli alla base della nuca e tutto il corpo premuto su di lei, che di star ferma (e, soprattutto, di star sotto) non aveva alcuna voglia. Tsk, tutta una tecnica macchinosa per farle perdere la testa.
Intanto, Usagi restava in perplesso ascolto. A giudicare dalle risatine, Haruka-san e i topi dovevano avere un singolare senso dell’umorismo.
Haruka riemerse dai capelli di Michiru col fiatone. L’amante si manteneva ferma per chissà quale rimasuglio di pudore, giusto quel che bastava per far rimanere seria la ragazza su di sé. Ne andava o no della loro immagine?
«Perfetto, Odango… ora devi solo farlo dorare a fuoco medio nel forno, con un pezzetto di burro…» concluse Haruka - e per fortuna che Usagi era davvero troppo candida per immaginare che stava accarezzando Michiru da sopra la gonna, lasciandola senza un briciolo di respiro - «… e, per finire lascialo stare per un’ora così…».
Michiru le scoccò un’occhiataccia, terrorizzata nel vagliare l’ipotesi.
«… poi bagnalo ripetutamente col sugo di cottura et voila! Hai fatto!» annunciò, Michiru che sospirò quando, finalmente, Haruka insinuò una mano fra le sue gambe, scostandole appena gli slip. Con un fremito, attese.
«Fantastico, così stasera potrò fare una bella sorpresa a Mamo-chan! I ristoranti locali sono tutti cari qui… e… sono successe delle cose…»
Cose.
Il termine bastò per proiettarle immediatamente fuori da qualunque stratagemma erotico in atto. Aguzzarono le orecchie.
«… Cose…?» pretesero spiegazioni in coro.
«Beh, sì, volevo dirvi che siamo a Parigi e che domani volevamo fare un matrimonio coi fiocchi, perciò…»
«MACCHECCOSAAAH?!» scattarono in piedi, incredule e improvvisamente investite da una patriottica ondata di… filomonarchia.
«NON TI MUOVERE, KONEKO-CHAN! ARRIVIAMO!» garantì Haruka, dimentica di fagiani, spaghi, reggiseni e tutto il resto.
«Prendiamo il primo volo low-cost e siamo lì stanotte!» si agitò, schizzando qua e là attraverso la stanza, impegnata in una frenetica raccolta di indumenti e quant’altro a destra e a manca «Ci serviranno un regalo, dei vestiti nuovi, qualcosa di vecchio e nuovo e di blu e di prestato per la sposa, e ci vuole un paio di scarpe nuove a Hotaru e dobbiamo vedere se troviamo i biglietti e…» nel mentre, lanciò un borsone vuoto a Michiru, che, ancora in penoso stato di tensione pre-sessuale, la guardava saltellare verso il bagno, con un asciugamano attorno alla vita e uno spazzolino da denti in bocca.
Cose che lasciano il segno, queste, ridacchiò, oramai vittima dell’euforia generale.
«Usagi-san?» prese la cornetta «Temo che Haruka sia un po’ troppo… esagitata, per risponderti come si deve… ti possiamo richiamare più tardi per farti sapere quando partiamo?».
Usagi borbottò un assenso nella cornetta.
Michiru riagganciò al volo e trotterellò al seguito della ragazza, infilando nelle valige la roba che trovava qua e là e ascoltando lei che brontolava di partenze e biglietti col cordless in mano, ancora in asciugamano, più una ridicola cuffia a pallini sulla testa. Sensuale come una paperella di gomma, rise, mentre si lasciava scavalcare con un salto e si appropriava della doccia. Approfittando della sua distrazione, le lanciò dietro quel po’ di abiti che aveva ancora addosso.
Haruka preferì non reagire.
«Parigi, eh?» urlò, cercando di sovrastare lo scroscio dell’acqua «Sai il francese?»
«Uhm, qualche parolina…»
«Tipo?» chiese lei distrattamente, alla ricerca di qualcosa di pulito da mettersi.
Michiru fece capolino da dietro la tenda di plastica, sfoderando un sorrisone a trentadue denti.
«Bondage.»
Mentre digitava il numero di Setsuna sulla tastiera, Haruka aveva un sorriso ancora più largo del suo.


~owari

~

* = gattina. Haruka la chiama sul serio così ^_^.

~

Fagiano arrosto
Per: 4 persone
Tempo preparazione: 15 minuti
Tempo cottura: 60 minuti
Costo: economico
Nazionalità: Francia
Difficoltà: facile

Ingredienti :
4 fettine di pancetta affumicata tagliate fine
un bel fagiano
un tartufo
2 formaggini
30 gr di burro
1 scatola di marroni
1 cucchiaino di Maïzena
1 tazza di panna liquida.

Ricetta :
Fai delle piccole incisioni sulla pelle del fagiano ed infila le fettine precedentemente tagliate di tartufo.
Infila nella cavità anale i due formaggini precedentemente lavorati con un cucchiaino.
Barda il fagiano con la pancetta, avvolgilo con spago da cucina e mettilo in un recipiente. Fai dorare il fagiano con un pezzetto di burro, poi fai cuocere per circa un'ora a fuoco medio, bagnando spesso la carne con il sugo di cottura.
Taglia il fagiano in 4 e sistemalo su un piatto da portata.
Aggiungi alla salsa un pezzo di burro lavorato con la Maizena e versa questa salsina sul fagiano.
Servi con i marroni.

~ 18 gennaio 2007, ore 16:02. Incollo la ricetta per dimostrare al mondo che non l’ho inventata apposta XD! E che solo io, comunque, potevo scrivere simili porchitudini XDDDDD! Beh, la mia prima lemon yuri XD. Con somma gioia di lisachan. X°°D Per il resto, non credo ci sia molto da dire, solo… bah. XD. Mi ci sono divertita un sacco. Più di qualcuno mi ucciderà, per questo X°DDD.
Juuhachi Go.