FANFIC

Il mio cuore ti appartiene

Francesca / JunJun




I
Era difficile dare un nome al posto in cui mi trovavo: non era il salone di
un sontuoso palazzo, né il sotterraneo di una piramide misteriosa, eppure aveva
qualcosa di entrambi, la maestosità di uno, la sacralità dell’altra. Un tempio.
Si, doveva essere un tempio antico. Il soffitto era alto, tanto che le lampade
che bruciavano appese alle pareti non riuscivano a rivelarne la profondità. Non
riuscivo a vedere altro di quella sala, perché le centinaia di persone che mi
circondavano me lo impedivano con la loro presenza soffocante. Le fiammelle
tremolanti le nascondevano e poi le mostravano di nuovo ai miei occhi: erano
ragazzi, ragazze, uomini, donne, anziani, di tutte le età; erano confusi,
nervosi, spavaldi, assonnati, sarcastici.
Non mi è mai piaciuta la folla. Forse non è una cosa normale, ma quando mi
trovo in mezzo ad un mucchio di gente chiacchierina che non conosco, soffro di
solitudine.
C’era un mormorio costante, e un caldo insopportabile, angoscioso, lì
dentro. Mi chiesi perché mi trovavo lì, e dove fossero i miei amici. Non sapevo
cosa fare, guardavo solo quella marea di volti sconosciuti sfilarmi davanti
agli occhi, scomparire quando le fiammelle tremavano e poi ricomparirne altri,
in un movimento continuo e angosciante. Mi sentivo in soggezione, si. Un peso
al cuore mi costringeva in quello stato di nervosismo e tristezza. Le tenebre
avviluppavano la mia anima. Che cosa mi stava succedendo?
“Miei cari duellanti” esordì improvvisamente una voce profonda dal fondo
della sala. Il ronzio che la riempiva scomparve di colpo, come se qualcuno
avesse spento l’audio. Ora udivo solo quella voce bassa, convincente, ironica,
ma crudele, come se ogni parola fosse una goccia di veleno che intossicava il
cuore. “Il mio nome è Dartz” continuò la voce “e vi ho convocati qui perché ho
bisogno della vostra anima: se accettate di donarmela, vi prometto che verrete
ricompensati grandemente. Che cosa ne dite?”.
L’eco di quelle parole risuonò brevemente nell’aria. Un nuovo mormorio la
coprì prima che svanisse. Non riuscivo a capire nessuna delle migliaia di
esclamazioni che uscirono dalle bocche dei duellanti in questione, ma non mi ci
volle molto per capire che a nessuno l’idea di dover rinunciare alla propria
anima andava proprio a genio.
Cercai il fantomatico Dartz con lo sguardo. Non riuscivo a vederlo, lontana
com’ero da lui e in mezzo a quella folla, ma qualche secondo dopo sentii di
nuovo la sua voce tuonare spazientita: “Ebbene, poiché non vi consegnate
volontariamente, vuol dire che la vostra anima la prenderò con la forza!”.
Un incantesimo, una maledizione, un’altra diavolerie di quelle carte da
gioco, non so cosa successe poi. Io vidi solo il principio di una luce
verdastra esplodere nel soffitto del tempio e precipitarsi addosso ai
duellanti. Ci furono urla, spinte, fughe disperate. Qualcuno mi spinse a terra.
Caddi di schiena, sotto quella persona che mi stringeva così forte da togliermi
il respiro; ma la cosa che mi fece più male fu quell’oggetto appuntito che
aveva addosso. Nella caduta, mi forò lo stomaco, o almeno ci andò vicino,
credo. Quel puzzle del millennio è davvero un oggetto pericoloso, lo dicevo io…

II
Quando la luce si dissolse, Yami allentò la presa, ed io ne approfittai per
respirare a pieni polmoni l’aria che per troppi secondi era mancata nei miei
polmoni. Lui si era accasciato di fianco a me. Notai che aveva uno strano
profumo. Forte e misterioso, come lui. Sapeva di muschio, di alberi. Mi tornò
in mente il viale che percorrevo ogni mattina per andare a scuola: un profumo
simile me lo portava il vento. Un giorno d’autunno, spirò così forte che tutte
le foglie morte, ancora appese sugli alberi, vennero spazzate via di colpo. Le
poche che rimasero sul ramo, quelle più forti e testarde che ancora
combattevano per evitare una fine inevitabile, erano simili ai pochi duellanti
che avevano resistito all’incantesimo di Dartz: erano meno di una decina, e fra
loro c’erano Joey, Seto e Yami, che era ancora accanto a me. E altri che
conoscevo vagamente o non conoscevo affatto.
Yami si girò verso di me e mi disse: “Scappa!”; ma la voce di Dartz si era
di nuovo insinuata in me.
“Poveri sciocchi, osate opporvi all’Oricalkos? Non valete la metà di quello
che credete”.
“Ehi! Razza di borioso pallone gonfiato, chi ti credi di essere? Scommetto
che ti batterei bendato e con una mano sola” protestò Joey.
Dartz lo fulminò con un’occhiata. “Se ne sei convinto, insolente, allora vi
propongo una sfida. Tutti voi contro me solo. Ma se perderete, la vostra anima
sarà mia” disse dopo un breve silenzio. Intercettò l’occhiata di Seto. “Se
invece vincerete, scomparirò per sempre e tutto tornerà come prima”.
I duellanti che non conoscevo si guardarono negli occhi…e fuggirono
spaventati. Dartz gongolò, e lanciò ai folli che osavano sfidarlo un sorriso
come compassionevole: Seto e Joey, e Yami. Lui mi ripeté: “Scappa! Va’ via,
presto!”, stavolta come un ordine, ma io fui colpita dal suo tono preoccupato e
rimasi a fissarlo come una sciocca. Era così protettivo…
Mi piaceva, mi piaceva davvero tanto, Yami. Lui mi guardava come se volesse
lanciarmi tante maledizioni tremende; credevo quasi che stesse per picchiarmi.
Io invece ero lì impalata e persa nei miei sogni da adolescente stupida, a
cercare di capire se mi diceva quelle cose perché era preoccupato per me o
perché pensava fossi solo un impiccio per il duello. Mi dissi che doveva essere
così: lui era il re dei duelli, io invece ero solo una ragazzina che un altro
po’ e non sapeva neanche giocare a Duel Monsters. Però non volevo lasciarlo
solo. Pensai che se lui doveva seguire il suo destino di salvare il mondo o
perire nel tentativo, io avei seguito lui, nel bene o nel male…
Dartz era sceso dall’altare dietro cui si trovava. “Si dia inizio al
duello, dunque!” disse con un'aria da attore drammatico consumato, e i Dyulin
(?) Disks che tutti portavamo al braccio si mossero da soli. Le carte erano
state mescolate. La partita poteva avere inizio, ma io non credevo di essere
inclusa fra i duellanti in gioco!!


III
La barriera incorporea dell’oricalco palpitava intorno a noi: era stata
questa la prima, prevedibile, mossa di Dartz, che subito dopo pose un mostro
coperto sul terreno. Non fece altro; così la mano passò a Yami.
Il faraone, che era alla mia destra, non sembrava contento delle carte che
aveva pescato, glielo leggevo nella sfumatura nervosa che aveva sul volto. O
forse era preoccupato per il duello? In ogni caso, mise in campo l’Elfo Antico
in posizione di difesa.
Poi toccò di nuovo a Dartz, che con la sua solita schifosa vanità sacrificò
il suo mostro per evocare una specie di animale molto potente che, disse, aveva
come effetto il bloccare l’attacco di qualunque mostro non di tipo drago.
Era il mio turno. Guardai le cinque carte che avevo pescato: schifezza
delle schifezze, non avevo neanche un mostro per difendermi. Pescai un’altra
carta, sperando con tutto il cuore che fosse un mostro. In effetti lo era, era
una splendida fata di nome Megami.
Ma era un mostro a cinque stelle….
Un soffio gelido mi fece congelare. Mi spaventai di colpo: se non mettevo
nessun mostro in campo, nel turno successivo Dartz mi avrebbe attaccato
sicuramente i punti vitali, togliendomene più di metà. Mi pentii di non essere
fuggita via come mi aveva detto Yami: nel caso io avessi perso la partita, lui
e gli altri avrebbero dovuto consegnare la loro anima per colpa mia.
Sentivo gli sguardi curiosi di tutti su di me. Per evitarli, chinai la
testa sulle mie carte, e rimasi stupita: prima non me n’ero accorta, ma avevo
in mano una trappola il cui effetto era quello di “trasformare tutti i mostri
dal tuo lato del campo in mostri di tipo drago nel turno in cui viene
attivata”. D. Tribù. Mai sentito, ma faceva proprio al caso nostro. La giocai
coperta e passai il turno, sperando che quel vanesio non volesse rischiare di
attaccarmi pensando ad una trappola; ma Dartz non si lasciò incantare e mi
attaccò. Sarei stata finita, se Yami non avesse usato il suo Elfo per
proteggermi…

IV
Il disgustoso mostro di Dartz distrusse in un colpo solo l'Elfo Antico,
sprigionando una potenza tale che il faraone fu spazzato a terra. Mentre Joey
si vendicava del suo amico con altri mostri e altre carte, io corsi da Yami,
sentendomi sempre più in colpa. Un freddo oscuro si insinuò nel mio cuore,
gelandolo. Presi a tremare senza controllo. Il vento gelido mi schiaffeggiava
la pelle, e a volte era così forte che mi toglieva persino il respiro.
Raggiunsi Yami, combattendo contro il mio malessere sconosciuto: lui
sembrava, anzi era arrabbiato con me, e ne aveva tutte le ragioni di questo
mondo.
“Perdonami” gli dissi, sinceramente dispiaciuta.
“Fa nulla” replicò lui piatto, senza guardarmi negli occhi. Manteneva tutta
la calma e il sangue freddo possibile; ma era visibilmente teso. Non volle che
lo aiutassi a rialzarsi, allora mi chinai io vicino a lui e, prima che potesse
proferire parola, gli dissi velocemente all’orecchio: “Qual'è la potenzialità
d'attacco dei mostri che hai? Posso trasformarli in mostri di tipo drago per
attaccare quello psicotico".
Lui alzò la testa di scatto e mi guardò come sorpreso, ma con un gesto mi
fece capire che non aveva pescato delle carte abbastanza potenti. Scosse la
testa. Poi mi disse: "Non capisco perché tu abbia accettato di combattere
insieme a noi. Non ti rendi conto di quanto sia pericoloso? Sei semplicemente
matta, o hai voglia di vedere il nostro mondo distrutto?".
Accettai come una bambina quel rimprovero, anche se di solito odio essere
trattata in questo modo. Tutti e due notammo che mentre Seto tirava fuori un
mostro molto forte dal suo deck, Dartz ci osservava con la coda dell’occhio.
Forse credeva che stavamo preparando un piano d’attacco; cercava di afferrare
qualche stralcio della nostra conversazione. Per evitare che ci riuscisse, Yami
mi venne vicino: sentii il suo respiro caldo sul mio orecchio, e un brivido mi
percorse tutta la schiena. In tono flebile e vagamente incerto, continuò: “O
forse lo hai fatto…perché ci vuoi bene?”

V
Ormai le sue labbra mi sfioravano quasi il lato del viso. “Tea, tu…mi vuoi
bene?” mi soffiò Yami all’orecchio, con la sua voce bassa e provocante.
Io sgranai gli occhi per la sorpresa e l’emozione; non riuscivo
assolutamente a credere né a realizzare queste sue ultime parole. La mia mente
era come inceppata....lo guardai: il suo viso perfetto era sempre teso in
quell’espressione fiera e impassibile…ma i suoi occhi…quelli erano lo specchio
dei suoi pensieri. Riflettevano una luce esitante, ansiosa. Sentivo il suo
respiro sulla mia pelle, avevo paura che lui avvertisse i battiti convulsi del
mio cuore e capisse. Eravamo così vicini…
Di colpo, tutto il mondo intorno a me scomparve. Davanti a me c’era solo
lui: era il mio universo, e io non avevo bisogno d’altro per esistere. Lui era
così bello…quell’espressione fiera lo rendeva così dannatamente sexy.
“No, Yami…” pensai, poggiando la testa sul suo petto “Angelo nero nel
mondo, io non ti voglio bene, io ti amo. Quanto vorrei poterlo urlare, che ti
amo, ti amo davvero. Mi hai rubato il cuore, ed ora appartiene a te, a te solo,
mio faraone…io…so che tu hai brillato per l’Egitto, e che ora la tua luce deve
illuminare il mondo, eppure…ti vorrei solo per me. Tu sei la mia luce, la mia
vita, tutto il mio mondo. Ti amo per la tua fierezza, il tuo coraggio, perché
sei sempre accanto a me per proteggermi…amo i tuoi occhi, la tua anima…tutto di
te…” sorrisi “Ti amo, Yami. Ti amo, semplicemente”.
Mi strinsi di più a lui. Non avevo più freddo. Quel contatto con il suo
corpo caldo mi soggiogava, il suo profumo intenso era come una droga per me.
Provai un impulso irresistibile di baciarlo…cercai di tornare in me e
allontanarmi da lui, prima che le cose degenerassero.
Ma eravamo davvero troppo vicini.
Alzai la testa per perdermi un’altra volta nei suoi occhi meravigliosi, poi
chiusi i miei e lo baciai sulle labbra, piano, più piano e più dolcemente che
potei, perché volevo imprimere quel momento nella mia memoria, assaporarne ogni
istante e ogni sensazione.
Lui non rifiutò quel gesto, ma non fece neanche altro. Cosa avrebbe dovuto
fare? In fondo, era solo il dolce bacio di un’amica. Già, un’amica…
Affranta, mi sciolsi da lui, accarezzandogli tristemente i capelli dietro
l’orecchio. Lo baciai di nuovo, ma stavolta mi staccai quasi subito, perché
sapevo che tutto ciò non mi era concesso.
Feci per allontanarmi da lui, ma me lo impedì sollevandomi il mento con la
mano e costringendomi ad alzare la testa per guardarlo. Era serio e aveva uno
sguardo profondo, mentre io mi accorsi di essere molto rossa in viso, e dovevo
avere anche un’aria ridicola, perché mentre d’un tratto, mentre continuava a
fissarmi, vidi dipingersi sulle sue labbra disegnate un sorriso impercettibile.
Quasi pensavo che sarebbe scoppiato a ridermi in faccia, invece lui chiuse
gli occhi e mi baciò con quelle sue labbra eccitanti, ed io sentii uno
sfarfallio crescente dalle parti dello stomaco. Il vortice di sensazioni e
pensieri che fino a poco fa mi avevano tormentato annegò nel sentimento d’amore
che travolse entrambi. Chiusi gli occhi e ricambiai quel bacio pieno di
passione, mi persi in lui, e continuammo a baciarci con tale ardore che
sembrava volessimo scambiarci l’anima.
Sentii il fruscio delle sue adorate carte da gioco che cadevano a terra. Le
mie le avevo abbandonate da tempo. Le sue braccia forti mi circondarono e mi
strinsero, mentre lui continuava a baciarmi per tutto il viso. Mi baciò vicino
agli occhi, sulla guancia, fino agli angoli delle labbra, piano, senza fretta,
e io sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. La sua stretta era proprio come
l’avevo sempre immaginata, forte, calda, rassicurante. E passionale. Lui era un
tipo tremendamente passionale…
“Faraone” gli sussurrai, carezzandogli i capelli, deliziata da quel
trattamento divino, mentre lui scendeva a baciarmi il collo. Mi mossi per
cercare le sue labbra con le mie, avida di quel contatto così intimo e
travolgente. Già sentivo il suo respiro ansante sulle mie labbra, quando lui si
staccò di scatto da me.

VI
Io lo guardai, disorientata, e lui scosse velocemente la testa, atterrito.
“Tea…io…non posso…io…” balbettò, deglutendo, gli occhi vitrei, improvvisamente
sconvolto, come se si fosse appena ricordato di una cosa importantissima. “Io
amo…io amo Dartz” disse infine.
Mi sentii crollare le braccia. “C-Che COSA?!?!”
Yami annuì, e mi afferrò le mani che strinse fra le sue. “Mi spiace! Mi
spiace tanto, ma sai, oscurità con oscurità, non posso resistere…! E…e poi…c’è
anche Joey…cioè, io dico solo che è il mio migliore amico, però in realtà lui
mi piace un sacco…anche Duke non è male…Seto poi, mi fa impazzire…ma anche
Yugi…!” cominciò ad enumerare Yami, scuotendo le mani con aria sempre più
entusiastica.
Io non riuscivo a crederci…il ragazzo dei miei sogni…il salvatore del
mondo…era gay?!
“E vogliamo parlare di quel figo di Bruchido?”
“MA YAMI! TU NON PUOI ESSERE GAY!” strillai, e riaprii gli occhi,
mollandogli un ceffone sulla guancia. Lui quasi perse l’equilibrio, colto
com’era di sorpresa. Mi rialzai e uscii dalla macchina, allontanandomi il più
possibile da lui, sconvolta. Respirai l'aria fredda della notte per calmarmi.
Lui, imitando il cane qual'era, mi tenne dietro con aria da ingenuo
innocentino.
"Tea…Tea, cosa...?"
“Sei un IDIOTA!” gli gridai in faccia, stravolta “POTEVI DIRMELO PRIMA,
ALMENO!”
“MA CHE VAI DICENDO?! CHE DOVEVO DIRTI?!” replicò lui, altrettanto fuori di
sé, toccandosi il petto con una mano.
”ME LO POTEVI DIRE CHE ERI GAY!”
Rebecca, Duke e Tristan, intanto, erano usciti dal camper per guardare la
tempesta in atto, chiedendosi il perché di quei tuoni così violenti. Afferrate
le mie ultime parole, Rebecca scosse la testa e tornò dentro. Duke e Tristan
invece si guardarono prima fra loro e poi puntarono gli occhi su di noi.
“Ma…tu sapevi che Yami era gay?” mormorò Duke.
“No, questa mi è nuova…” rispose Tristan.
“Finitela!” troncò Yami, rosso in faccia “Io non sono gay!” sbottò,
scocciato, nella loro direzione. Poi si girò verso di me: “Tea, sei impazzita,
forse?”
"Non provare più a riavvicinarti a me! Stupido!" gli urlai di rimando,
asciugandomi le grosse lacrime che avevano cominciato a sgorgarmi dagli occhi.
Invece di arrabbiarsi ancora di più per quest’ultima offesa, Yami divenne
improvvisamente calmo. “Tea” disse, in tono convincente “Io non sono gay. Stavi
solo sognando…credo”.
Tristan scoppiò in una risatina. “Ma che…Tea sogna che Yami è gay?” esclamò
fra le risate.
Solo in quel momento mi accorsi davvero della sua presenza. E, ora che
notavo, anche Dartz era scomparso….e Seto…e anche Joey…
Improvvisamente, mi resi conto di quanto fosse sottile il confine fra sogno
e realtà.
“Io…non stavo sognando…" tentai di difendermi "C’era Dartz e…”.
“E cosa…?” mi incitò Duke, anche lui parecchio divertito dalla mia
cretinaggine.
Yami mi prese da parte e mi allontanò da quei due impiccioni. "Senti, è
successo così: eravamo seduti in macchina aspettando…tu…ti sei assopita un
momento sulla mia spalla…faceva freddo e siccome stavi tremando un po’ io ti…ti
ho preso fra le braccia per riscaldarti..." mi spiegò, non senza imbarazzo.
“Ah” constatai io. Mi voltai verso di lui, che evitava accuratamente il mio
sguardo, sperando che non notassi il velo di rossore che gli coloriva
graziosamente le guance. In quel momento, una parte di me pensò che se fino ad
ora avevo avuto una minuscola opportunità con lui, adesso l’avevo distrutta;
l’altra però, quella dominante, fissava il giovane faraone chiedendosi se
davvero mi stava dicendo la verità, e fino a che punto il mio sogno era stato
reale. I suoi baci mi bruciavano ancora sul viso....erano stati davvero solo
uno stupido sogno, o mentre io dormivo lui…?

VII
Yami si girò di scatto verso di me, e i nostri occhi si incatenarono per
qualche istante. Lui si era ricomposto un po', e mi squadrò con quel suo solito
sguardo penetrante e misterioso, che sembra riesca a leggerti ogni singolo
pensiero dell'anima. Poi mi diede le spalle, e disse semplicemente: "Vado a
vedere se Rebecca è riuscita a trovare Joey".
Solo in quel momento mi tornò in mente la situazione che stavamo vivendo:
in quello stesso istante Joey stava combattendo contro qualcuno, forse Mai,
forse lo stesso Dartz o qualche suo seguace: era in serio pericolo, e noi
dovevamo trovarlo.
Si, Yami doveva essere davvero preoccupato per il suo migliore amico…
Anche io lo ero: volevo molto bene a Joey, ma improvvisamente desiderai che
perdesse lo scontro e l’anima. Cercai di scacciare quello sciocco pensiero
dalla testa, eppure non mi riusciva; non riuscivo a dimenticare le parole del
faraone nel sogno. Mentre lo guardavo allontanarsi da me e scomparire nel
camper di Rebecca, tutto ciò che riuscii a provare fu soltanto una fitta di
crudele, profonda, istintiva, amara, insensata, illogica...
…gelosia....



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