FANFIC In the green Nell’era in cui l’essere umano dimenticherà la natura, e smetterà di celebrare i doni della terra, si incarneranno i figli dell’oscuro. Due prescelti, portatori del nero legame, doneranno corpo e mente alla terra dissacrata, cancellando la rovina dell’umanità sacrilega, e dal loro sacrificio nascerà nuova vita. Capitolo I - La leggenda «Quella di Green Island è una delle più antiche foreste del mondo. I primi alberi hanno intrecciato le loro radici con la terra centinaia, forse migliaia di anni fa. Le loro fronde rigogliose celano arcaici misteri: si dice che nel cuore della foresta sorga il verde altare, costruito dai popoli antichi come omaggio alla madre terra…» Misty ascolta incantata le parole della vecchia donna. La luce del falò danza sul suo volto, splende sui suoi capelli, fa brillare i suoi occhi. Ash si sorprende a guardarla. Si affretta ad abbassare gli occhi, imbarazzato, temendo che la ragazza possa sentire su di sé il suo sguardo. L’unica cosa che in questo momento non deve accadere per nessun motivo è che lei si volti, e scopra che lui la stava guardando. Lasciandosi sfuggire un sospiro, Ash cerca di concentrarsi sulle parole dell’anziana narratrice, nonostante le giudichi soltanto assurdità; ma mentre la donna dai lunghi capelli d’argento e dalle mani nodose continua a parlare, lo sguardo del ragazzo si posa nuovamente su Misty. E un pensiero nasce nella sua mente, sconvolgente persino per lui. Non è mai stata così bella. «Gli spiriti della terra posero due eletti a guardia dell’altare.» sta dicendo l’anziana donna, osservando il fuoco come se potesse scorgere fra le fiamme arcani messaggi che solo a lei è dato di interpretare «Due umani, due prescelti, destinati a rinascere di vita in vita e a rincontrarsi ogni volta. Legati da un amore così profondo da essere più potente di ogni altra forza su questa terra.» Sforzandosi di abbassare di nuovo gli occhi, Ash si ritrova a chiedersi cosa possa trovare Misty di tanto interessante in quella storiella. Non è che un’assurda favoletta per bambini: il principe azzurro e la bella principessa legati da un amore eterno. Non esiste niente di simile nella vita reale, no? Lo sguardo di Misty si perde lontano, sulle cime degli alberi dai tronchi nodosi e contorti alle spalle della donna. «Quando la foresta sarebbe stata messa in pericolo, i due prescelti avrebbero raggiunto l’altare, ed avrebbero formato con esso un cerchio magico la cui forza avrebbe distrutto la minaccia, qualunque fosse la sua origine.» Ash sospira. Green Island è un posto pittoresco: un solo villaggio con pochi abitanti, discendenti di un antico culto adoratore della madre terra, e il resto del territorio occupato da una foresta centenaria, anche se ora minacciata dalla deforestazione (ruspe e camion adibiti al trasporto di tronchi sono visibili anche dal punto in cui si trovano ora). Era ovvio che esistessero svariate leggende locali. Ma non aveva pensato che avrebbe dovuto ascoltarle. «Purtroppo però gli spiriti della terra sono creature elementari. Riconoscono solo bianco e nero, bene e male, senza sfumature. Se la minaccia fosse stata di natura umana, come la deforestazione attualmente in corso, gli spiriti protettori della foresta non avrebbero fatto distinzioni. Avrebbero attaccato qualsiasi umano, fino a che l’oscurità non si sarebbe impossessata dei loro cuori; e avrebbero impedito anche ai due prescelti di raggiungere il tempio.» Lo sguardo sognante di Misty si posa sul falò. Ash si rende conto di starla di nuovo guardando; mordendosi le labbra, obbliga se stesso a concentrarsi su quella stupida leggenda. «Esiste un’antica profezia.» dice la vecchia. Ash cambia nervosamente posizione sulla sedia. Decisamente, non gli vanno molto a genio le profezie. L’ultima volta che ce n’è stata di mezzo una ha rischiato di morire affogato: se non fosse stato per Misty… Misty. Ancora. Basta! Pensa a qualcosa, a qualsiasi cosa, ma non a Misty! Possibile che non riesca a concentrarsi su nient’altro? Per quale motivo poi? Non prova niente per Misty, è soltanto una buona amica. Allora perché non riesce a toglierle gli occhi di dosso? «La profezia dice che, quando gli spiriti avessero perso la ragione a causa di una minaccia umana, i due prescelti avrebbero dovuto combatterli per raggiungere il tempio, e avrebbero dovuto donare la propria vita alla terra per far tornare gli spiriti alle loro origini e respingere l’oscurità.» La vecchia donna tace. A quanto pare, quella era la fine della leggenda. Misty è vicino a lui e gli sorride. Ha gli occhi che brillano. «Era una bella storia, non trovi?» chiede. Ash si limita ad annuire. Non è necessario che Misty sappia quello che pensa davvero. «Sai è successa una cosa strana.» la ragazza continua a parlare, senza accorgersi del suo scarso entusiasmo «Mentre quella donna parlava… ho sentito qualcosa. Come se quelle parole fossero rivolte solo a me, capisci che voglio dire?» «Veramente no.» Misty lo guarda. C’è qualcosa di insolito nei suoi occhi, qualcosa di remoto e inafferrabile. «Tu… tu hai provato niente?» Ash scuote la testa. No, non ha provato niente, ed è felice che sia stato così. Non ha nessun desiderio di ritrovarsi incastrato in un’altra storia di prescelti e di profezie. Non ci tengo a rischiare la vita di nuovo, grazie mille. Un pensiero, però, nasce nella sua mente. Forse non ha provato nulla perché non ha veramente ascoltato le parole della leggenda: ha semplicemente lasciato che scivolassero via. Per favore! Che vorrebbe dire? Che io e Misty saremmo i due prescelti? Legati da un amore eterno? Io e Misty? Come no. Assurdità. Tutta questa storia è un’assurdità. «Ash, va tutto bene?» la voce lievemente preoccupata di Misty lo distoglie dai suoi pensieri. Si volta verso di lei. «Uh?» Misty alza le sopracciglia. «Ti ho chiesto se va tutto bene. Sei strano…» Ash la guarda. «E tu da quando ti preoccupi per me?» chiede ironicamente, cercando di non mostrare i propri pensieri. In realtà sa benissimo che Misty si preoccupa per lui, e neanche poco. Ma sa altrettanto bene che lei non lo ammetterebbe mai… non in sua presenza, almeno. Le guance della ragazza avvampano di colpo. «I-infatti non lo faccio.» balbetta imbarazzata, fulminando Ash con lo sguardo «Non mi preoccupo. Che vuoi che mi importi?» Ash le sorride. «D’accordo, come vuoi tu.» Irritata, Misty gli mostra la lingua. O almeno ci prova, perché uno sbadiglio la coglie impreparata. Ash ride. «Pare che quella storiella ti abbia fatto più che altro l’effetto di una fiaba della buona notte.» scherza, rivolgendole un altro sorriso «Torniamo alla pensione, okay? Anch’io sono stanco.» Misty annuisce. E i due ragazzi si dirigono insieme verso la piccola pensione di Green Island dove alloggiano da qualche giorno. Camminano l’uno accanto all’altra, fisicamente vicini, ma al tempo stesso così lontani. Capitolo II – Niente dura in eterno Terriccio sottile e fili d’erba, che si insinuano fra le dita dei suoi piedi nudi. Sopra la sua testa, i rami degli alberi si intrecciano a formare una volta di fronde, un interminabile tunnel verde che impedisce il passaggio alla luce del sole. Sente freddo. Stringe le braccia attorno al corpo, cercando di ricevere un po’ di calore. Abbassando lo sguardo, si rende conto di indossare soltanto una lunga veste bianca, simile a quella di una vergine condotta al sacrificio. Fa qualche passo, nonostante non abbia la minima idea di dove si trovi, né di come ci sia arrivata. Una vibrazione lontana penetra nel suo corpo attraverso la terra, attraverso le palme dei suoi piedi: l’eco di un ritmo indistinto, un ossessivo rullare di tamburi che rimbomba dentro di lei, che entra nel suo petto intrecciandosi e sostituendosi al battito del suo cuore. È una sensazione strana e spaventosa, alla quale non riesce in alcun modo a sottrarsi. Continua a camminare. Sa di dover andare avanti, anche se non ne conosce il motivo. Sa di dover trovare qualcosa, qualcosa che la aspetta alla fine di quel corridoio verde, sempre ammesso che esista una fine. Una voce sussurra il suo nome. Una voce che sembra provenire da ogni direzione, e al tempo stesso da nessuna. «Misty…» Misty si ferma, spaventata. Sente un fruscio dietro di sé e si volta di scatto, cogliendo un movimento con la coda dell’occhio come se qualcuno si fosse appena nascosto fra gli alberi. Ma non c’è nessuno dietro di lei. «Chi è?» mormora la ragazza, con voce tremante «C’è qualcuno?» Non riceve risposta. Anche se spaventata, Misty si volta e riprende a camminare. Ma dopo pochi passi la voce si fa nuovamente sentire, più forte stavolta, profonda e al tempo stesso roca e gracchiante, come se fossero le foglie morte ammucchiate ai piedi degli alberi a parlare. «Misty…» La ragazza si volta di nuovo. Nessuno, come prima. «C’è qualcuno?» ripete, a voce leggermente più alta. Nessuno compare alle sue spalle. Ma la voce parla di nuovo, un lamento straziante. «Abbiamo bisogno di te… di voi.» La vibrazione nel corpo della ragazza cresce, un battito ossessivo e assordante che pompa nuovo sangue nero nelle sue vene a una velocità esagerata; che pulsa dolorosamente nelle sue tempie. «Chi sei?» mormora la ragazza con un filo di voce «Chi sei?» ripete poi, più forte «Che cosa vuoi da me?» «Abbiamo bisogno di voi.» «Di noi chi?» urla Misty alla notte «Chi accidenti sei?» Nessuna risposta. Solo quel ritmo assordante, che sembra provenire dal profondo della terra e che fa tremare il suo corpo. «CHI SEI?» urla, con tutto il fiato che ha in corpo. E al suo grido disperato il ritmo nella sua testa esplode, impazzisce, raggiungendo ritmi folli e terribili, intrecciandosi alle parole abbiamo bisogno di voi che adesso provengono da ogni albero, da ogni ramo, da ogni foglia e da ogni filo d’erba, in un crescendo ossessivo e inarrestabile… nel quale, per un istante, riesce a distinguere la voce di Ash che urla il suo nome. Voce che viene però dopo breve soffocata dall’ossessionante ripetersi di quelle parole… Misty cade in ginocchio, premendosi le mani contro le tempie doloranti. Non resisterà a lungo. Il ritmo la afferra e la scuote, la piega in due, minaccia di farle esplodere la testa; e le voci rimbombano nelle sue orecchie, sempre le stesse parole, sempre più forti, che adesso non hanno più alcun significato. La ragazza cade lunga distesa sull’erba, urlando. «Basta! Smettetela BASTA!» Una mano la afferra, la inchioda a terra, artigli acuminati come cinque coltelli lacerano la stoffa della sua veste e affondano nella sua carne, le strappano il cuore dal petto, mentre una voce mille volte assai più potente e assordante delle altre le rimbomba nella testa… «NIENTE DURA IN ETERNO! NEPPURE VOI! » … «NO!» Misty apre gli occhi di scatto, trovandosi a fissare il buio della sua stanza nella pensione di Green Island. Impiega qualche istante a riprendere coscienza di se stessa, e del luogo in cui si trova. Quando infine i contorni di ciò che la circondano iniziano ad apparirle vagamente familiari, la ragazza si alza a sedere, stringendosi nella camicia da notte fradicia di sudore. L’intero letto è fradicio. Eppure ha freddo, sta morendo di freddo. Tremando si alza in piedi. Il letto è un campo di battaglia di lenzuola aggrovigliate. Un sogno… è stato solo… Le immagini dell’incubo le tornano dolorosamente alla memoria. Ma era veramente solo un incubo? Sembrava troppo vero, troppo reale per essere un sogno… abbiamo bisogno di voi. Chi mai può avere bisogno di loro? E poi, di loro chi? Lei e Ash, forse? Lei e qualcun altro? Bisogno per cosa, poi? Sta ancora tremando. Di freddo, ma soprattutto di paura. Quel genere di paura che fa impazzire il battito del tuo cuore, che ti obbliga a fissare il buio con gli occhi spalancati impedendoti di prendere qualsiasi iniziativa, fosse anche soltanto quella di raggiungere l’interruttore della luce. Rimane immobile in mezzo alla stanza. Gocce di sudore gelido le imperlano la fronte e il labbro superiore; i capelli le ricadono pesanti sulle spalle come spaghetti fradici e contorti. La camicia da notte che indossa è completamente zuppa. Era un sogno… calmati… era solo un sogno… era solo un… Sente qualcosa fra le dita, una polvere sottile e umida, irregolare. Terrorizzata all’idea di quello che potrebbe vedere, porta lentamente le mani davanti agli occhi, sforzandosi di vedere al buio. Dopo una manciata di secondi riesce a capire che cosa sia. E le sue urla risveglierebbero i morti. Capitolo III - Non potrai proteggerla per sempre Buio. Freddo. Ash si guarda intorno, cercando di capire dove si trovi; ma il buio è talmente fitto da risultare totalmente impenetrabile. Il ragazzo tende le mani, affidandosi al tatto: le sue dita incontrano una superficie ruvida e fredda. Pietra. Ha l’aria di essere una caverna. Un odore metallico giunge alle narici del ragazzo, che non tarda a riconoscerlo: sangue. Un odore che evoca immagini orribili nella sua mente, immagini di corpi nudi che si sfregano i polsi, come se si fossero appena liberati da catene; e girano i colli contorti, come se fossero rimasti appesi a lungo, con gli occhi fuori dalle orbite, a coprirsi di polvere. Un odore che risveglia in lui antichi echi dimenticati di oscenità sussurrate, di urla di dolore mai ascoltate. «Ash…» Ash si volta di scatto, istintivamente, nonostante il buio gli impedisca di vedere qualsiasi cosa. Nessun rumore rileva la presenza di qualcuno. Il ragazzo muove qualche passo, con le mani tese davanti a sé per non andare a sbattere. Le sue dita incontrano la pietra dopo pochi metri. Torna sui suoi passi. Come si aspettava, un’altra parete di roccia gli sbarra la strada. Lentamente, Ash allarga le braccia. Le sue mani colpiscono la roccia da entrambi i lati, a pochi centimetri dal suo corpo. Si trova in una scatola di pietra, assolutamente senza uscita. Evitando per il momento di chiedersi come potrebbe mai uscire da lì, il ragazzo si domanda da dove possa essere venuta quella voce. Non c’è nessuno vicino a lui. Non c’è niente di vivo in quella specie di tomba, a parte lui. Un singhiozzo. L’eco di un piato lontano, straziante; singhiozzi disperati che il ragazzo lentamente riconosce. «Misty… MISTY!» Nessuna risposta. I singhiozzi continuano, laceranti, più vicini. «Misty!» E per un istante la vede. Rannicchiata su se stessa, tremante; il corpo esile avvolto da una lunga veste lacera, le mani premute contro le tempie. È solo un istante, poi l’immagine scompare; ma rimane dolorosamente impressa nella mente di Ash. «MISTY!» Ash si slancia verso l’angolo in cui per un attimo la ragazza è comparsa, ma Misty non è più lì. Il ragazzo va a sbattere dolorosamente contro la pietra. E di nuovo sente la voce, la stessa che poco prima ha sussurrato il suo nome; una voce che sembra provenire dal cuore più oscuro e più profondo della terra. «Abbiamo bisogno di voi.» Ash si alza in piedi a fatica. «Chi sei?» ringhia, rivolgendosi allo spazio vuoto attorno a sé «Chi accidenti sei? Che cosa hai fatto a Misty?» Nessuna risposta. L’odore di sangue si fa più intenso. Ash sfiora con la mano una delle pareti di pietra, qualcosa di caldo e bagnato gli tinge i polpastrelli. «CHE CAZZO HAI FATTO A MISTY?!» urla. Qualcosa lo afferra per le spalle, lo spinge contro la parete. Un dolore lacerante esplode nel suo corpo. Pochi attimi prima che il buio si impossessi della sua mente, una voce profonda come lo spaccarsi di una roccia in un’immensa caverna sotterranea romba nelle sue orecchie. «NON POTRAI PROTEGGERLA PER SEMPRE!» … «MISTY!» Ash apre gli occhi nella stanza buia. Il contatto con la stoffa bagnata del cuscino contro la guancia lo riporta lentamente alla realtà: è stato solo un sogno, un sogno orribile, ma solo un sogno… Si alza a sedere ed accende la lampada sul comò. La stanza si trasforma in una confortante caverna di luce gialla. Sta ancora cercando di convincere se stesso che si è trattato solo di un incubo quando uno strillo disperato gli giunge alle orecchie. Impiega meno di un secondo per riconoscere la voce di Misty. L’immagine vista in sogno, Misty indifesa e terrorizzata, riaffiora in un istante alla sua memoria. Spaventato, Ash si alza in piedi, allontanando da sé le coperte con un calcio, e raggiunge correndo la porta della camera di Misty. La ragazza è in piedi in mezzo alla stanza completamente buia, con gli occhi spalancati e pieni di paura. Non appena il suo sguardo terrorizzato si posa su Ash, Misty corre da lui, impulsivamente, rifugiandosi fra le sue braccia. Scoppia in singhiozzi, nascondendo il viso sulla sua spalla. «Ehi…» Ash la tiene stretta a sé, abbracciandola goffamente, stupito dalla reazione della ragazza «Ehi. Va tutto bene. Tranquilla. Che è successo?» Misty continua a piangere. Ash la sente tremare, sente i singhiozzi che scuotono le sue spalle esili, e prova l’improvviso impulso di stringerla forte, farla sentire protetta, al sicuro. Non c’è mai stato un contatto fisico così intenso fra lui e Misty. Anzi, a dirla tutta non c’è mai stato un vero contatto fisico. Imbarazzato, Ash tende una mano ad accarezzarle i capelli. «Va tutto bene.» cerca di tranquillizzarla. «È tutto a posto. Adesso dimmi che cosa è successo.» Misty spalanca gli occhi, stupita che Ash sia così carino con lei. Normalmente, se cercasse di abbracciarlo lui la respingerebbe all’istante. Respira profondamente, imponendosi di calmarsi. «Ho f-fatto un sogno orribile.» riesce a mormorare «C-c’era una voce che r-ripeteva sempre le stesse parole e… c’era della t-terra… e… guarda…» Anche se a malincuore, la ragazza si scioglie dal suo abbraccio, e gli mostra le proprie mani, con i palmi rivolti verso l’alto. Ash le prende fra le sue. Sono sporche di terra. Il ragazzo alza lo sguardo senza parlare. I loro occhi ormai abituati al buio si incontrano, quelli di Misty sono pieni di lacrime. «Dio.» mormora Ash, lasciandole le mani e andando a sedersi sul letto della ragazza. Misty si siede di fianco a lui. La camicia da notte bianca che indossa, si rende improvvisamente conto Ash, è la stessa veste che la ragazza portava nel suo incubo. Non potrai proteggerla per sempre… Scuote la testa, cercando di scacciare il ricordo di quelle parole, che ora non può più sforzarsi di negare che fossero riferite a Misty; poi si volta verso di lei. «Quella voce che hai sentito… diceva qualcosa tipo “abbiamo bisogno di voi”?» La ragazza spalanca gli occhi. «C-come lo sai?» Ash deglutisce. «Raccontami il tuo sogno… e poi te lo dirò.» «Oh… okay…» Misty aggrotta le sopracciglia, lievemente irritata dalle parole del ragazzo. Ma racconta ugualmente ad Ash il suo sogno, omettendo però il particolare della voce che aveva parlato nella sua testa poco prima che si svegliasse. Niente dura in eterno… neanche voi… In realtà non ha alcuna prova che quel voi si riferisse a lei e ad Ash. Ma quella voce è stata il particolare più inquietante, e al tempo stesso più privato del suo incubo. È stato come se quella voce, e chiunque ne fosse il proprietario, avessero avuto accesso al lato nascosto del suo cuore, e avessero intuito una delle sue maggiori paure: che fra lei e Ash le cose possano non restare per sempre come adesso. Che Ash possa allontanarsi da lei, o qualcosa di peggio. Quindi non è necessario che lui sappia. Quando finisce di parlare, Ash rimane in silenzio per un lungo istante. «Ho fatto un sogno simile al tuo.» mormora infine «Un sogno molto simile.» Misty lo guarda. «Raccontamelo.» Il ragazzo annuisce, poi inizia a parlare. Racconta il suo incubo nei minimi dettagli ma, com’è successo a Misty, qualcosa dentro di lui gli suggerisce di non raccontare l’ultima parte, quelle parole, chiara dimostrazione di come qualcuno sia potuto venire a conoscenza del suo più grande terrore: che accada qualcosa a Misty, senza che lui possa far nulla per aiutarla. Un lungo silenzio scende sui due ragazzi quando Ash termina il suo racconto. Passano molti minuti prima che uno dei due abbia il coraggio di parlare. «Ho sentito la tua voce.» mormora Misty «Nel mio sogno.» Ash annuisce. «Sì. E io ti ho vista nel mio.» Ancora silenzio, almeno per un paio di minuti. «Credi che… abbia a che fare con la storia di quella donna?» chiede Misty, come colta da un’improvvisa folgorazione. Il ragazzo la guarda con una strana espressione. «Che diavolo intendi dire?» Misty arrossisce di colpo. Ash riesce a vedere il cambiamento di colore delle sue guance anche al buio. «Niente.» balbetta, terribilmente imbarazzata «Assolutamente niente.» «Misty!» Ash si allontana istintivamente da lei di qualche centimetro «Volevi dire che noi saremmo i… prescelti?» Il volto della ragazza avvampa. Ash si alza in piedi di scatto, e improvvisamente in lui non c’è più alcuna traccia del ragazzo dolce che l’ha tenuta stretta per tranquillizzarla e le ha accarezzato i capelli. «Legati da un amore eterno… io e te? Misty stai… stai scherzando? Noi due legati da un amore eterno?» esclama. «Era solo… un’idea!» si giustifica Misty, ora più irritata che imbarazzata. Negheresti di provare qualcosa per me anche sotto minaccia di morte, vero? Ash la fulmina con lo sguardo. Misty ricambia la cortesia. Come sempre. «Perché, tu hai un’idea migliore?» chiede quasi strillando, ora sull’orlo di una crisi di nervi «Perché abbiamo fatto quasi lo stesso sogno contemporaneamente? Perché tu mi hai visto nel tuo sogno e io ho sentito la tua voce nel mio, e perché cazzo le mie mani sono sporche di terra?!» Una lacrima scende sulla sua guancia. «Misty, dai…» Ash torna a sedersi al suo fianco, e cerca di posarle premurosamente una mano sulla spalla. Ma la ragazza si ritrae con un movimento brusco. «Lasciami stare, razza di stupido.» borbotta, voltando la testa dall’altra parte. Ma sta solo facendo l’offesa adesso, lo capisce dal tono della sua voce. Ash le prende con dolcezza le mani fra le sue, e spazza via la terra dalle sue dita. I piccoli grani scuri finiscono sulle mattonelle bianche del pavimento. La ragazza si volta timidamente verso di lui. «Ash…» mormora, piena di esitazioni. Ash continua a tenerle le mani, ed è strano e confortante al tempo stesso. Un curioso miscuglio di emozioni. «Che c’è?» «Potresti… potresti restare qui fino a domattina?» sussurra Misty, con la voce che trema «Per favore. Non voglio stare sola.» Il ragazzo la sorride, guardandola con affetto. E Misty sente di doversi ricredere, riguardo a ciò che ha pensato prima. «Ma certo.» Capitolo IV - Green Island L’anziana donna dai lunghi capelli d’argento chiude la finestra, e posa le dita contorte sul vetro freddo. Oscurità. Riesce a sentirla anche così. Riesce a sentirla anche con la finestra chiusa e probabilmente, anzi sicuramente, potrebbe sentirla anche se si trovasse a mille miglia da Green Island. In lei vive ancora parte della magia praticata dall’antico popolo dal quale la sua famiglia discende: magia bianca, le arti della luce, che le concedono una sorta di terzo occhio. La definizione di sensitiva, comunque, non si adatta pienamente a ciò che lei è. Non potrebbe indovinare numero e seme di una carta capovolta. Ma può percepire le cose. Le vibrazioni. Le auree. E niente è mai stato così nero, così oscuro quanto l’aura che circonda ogni albero, ogni ramo, ogni filo d’erba. Le antiche scritture sembrano finalmente essere destinate ad avverarsi. La foresta è in pericolo e, quanto peggio, la minaccia è di natura umana. Per la precisione, la sua natura ha l’aspetto di taglialegna con le camicie a quadri e le motoseghe accese, e di tronchi morti accatastati uno sull’altro. La vecchia donna sospira sussurrando le parole di un’arcaica profezia. «Nell’era in cui l’essere umano dimenticherà la natura, e smetterà di celebrare i doni della terra, si incarneranno i figli dell’oscuro…» I figli dell’oscuro, già. Gli spiriti della terra, accecati dall’odio. «Nonna?» La vecchia si volta verso la giovane attraente donna in piedi sulla soglia. Una cascata di riccioli rosso cremisi sciolti sulle spalle, una camicia da notte di stoffa nera e lucente a coprire il corpo dalle forme più che generose. «Nonna, non dovresti essere a letto? È molto tardi.» L’anziana donna sbuffa. «Credi che non sappia leggere l’ora?» sbotta, con voce degna di una vecchia e solida quercia «Non sono ancora del tutto rimbambita, Rachael.» Rachael entra nella stanza. «Ti ho sentita sussurrare, nonna. Stavi di nuovo pensando a quelle favole su Green Island, vero?» Le dita della vecchia si serrano con rabbia attorno al bastone nodoso col quale si aiuta per camminare. Rachael è una ragazza adorabile, ma così priva di magia… «Quelle favole, come le chiami tu, sono profezie antiche di millenni, scritte da popoli che vivevano in armonia con le forze della natura. Nell’era in cui l’uomo dimenticherà la natura, e smetterà di celebrare i doni della terra… è esattamente quello che sta accadendo. Non lo vedi, Rachael?» «No, non lo vedo.» risponde in tono pacato la giovane donna dai capelli rossi «Vedo dei taglialegna che abbattono gli alberi. Credi che non mi importi? Credi che non abbia partecipato a decine di manifestazioni contro la deforestazione, e che non abbia firmato almeno un centinaio di diverse petizioni?» L’anziana donna la fissa con occhi di ghiaccio. «Un branco di persone che sventolano cartelli non fermerà i figli dell’oscuro. Né tantomeno delle firme su un foglio.» «I figli dell’oscuro…?» Rachael scuote la testa «Torna a letto, nonna. Non esistono i figli dell’oscuro, sono solo fantasie.» Per una volta, la vecchia accondiscende ad obbedire al consiglio della nipote; non tanto perché giudichi le sue parole veramente sensate, quanto perché desidera che Rachael se ne vada in fretta dalla sua stanza. Raggiunge faticosamente il letto e si infila fra le lenzuola. Rachael si china su di lei e la bacia su una guancia. «Buonanotte, nonna. E non preoccuparti dei figli dell’oscuro.» La vecchia donna la lascia uscire dalla stanza senza rispondere alle sue parole. Niente la irrita di più che sentire Rachael che le parla come se lei fosse una bambina di quattro anni spaventata dall’uomo nero. Lei ha quasi ottantadue anni, ed è ancora perfettamente lucida, nonostante sua nipote la creda completamente rimbambita. E l’uomo nero è solo un personaggio creato dall’unione di vari folklori, mentre le leggende che riguardano Green Island sono reali. Quasi senza volerlo, la vecchia si trova a sussurrare nel buio le ultime parole della profezia: «Due prescelti, portatori del nero legame, doneranno corpo e mente alla terra dissacrata cancellando la rovina dell’umanità sacrilega, e dal loro sacrificio nascerà nuova vita…» La parola sacrificio rimane imprigionata nel suo campo visivo, e l’accompagna nei sogni. Capitolo V - Possibilità Da sopra le spalle di Misty, Ash sbircia il libro che la ragazza tiene sulle ginocchia. Un pesante volume rilegato in tela rossa scovato nella minuscola biblioteca di Green Island, dalle pagine ingiallite e macchiate. La pagina che Misty sta fissando con tanta attenzione riporta una manciata di versi contorti e decisamente inquietanti. «Che roba è?» Misty si volta verso di lui, sussultando. Evidentemente non si era accorta della sua presenza. «Solo una vecchia profezia.» si affretta a spiegare, abbassando lo sguardo non appena i suoi occhi incrociano quelli di Ash «Una sciocchezza.» Ash le lancia una strana occhiata. Misty arrossisce. «Volevo… solo saperne di più sulla storia che ha raccontato quella donna ieri sera, tutto qui.» mente. «Sicura?» indaga Ash, senza cambiare espressione «Sicura che questo non abbia niente a che fare con i sogni che abbiamo fatto?» «No!» Misty chiude di scatto il libro, sollevando una nuvola di polvere. Ash alza le sopracciglia leggendo uno dei versi riportati sulla pagina. «Due prescelti, portatori del nero legame… se non mi sbaglio, stanotte eri convinta che noi fossimo i due prescelti.» Misty non risponde. «Toglietelo dalla testa. Noi… non siamo… i prescelti.» ribadisce Ash, scandendo bene le parole e guardandola negli occhi. La ragazza arrossisce di nuovo. «N-non lo stavo affatto pensando.» balbetta, anche se chiaramente mentendo. Ash la guarda. «No?» «Cero che no.» Misty lo fissa con gli occhi spalancati e l’aria più innocente del mondo, alzandosi in piedi e posando il libro sulla sedia «Sai, non mi meraviglia che tu sia così presuntuoso da credere che io possa provare qualcosa per te…» Il ragazzo spalanca gli occhi. «Cosa?!» Misty continua a tenere gli occhi verdi fissi nei suoi. «Non è quello che pensi, forse?» Un lieve rossore colora le guance di Ash. «Ma che diavolo stai… pensi veramente che mi importi qualcosa di quello che tu provi per me?» balbetta, imbarazzato. La ragazza scuote la testa, poi torna a sedersi, reimmergendosi nella lettura. «Sei uno stupido, Ash.» si limita a dire, senza alzare gli occhi. Sei uno stupido. Lo sei davvero. Guardami, razza di un cieco, guarda me! Possibile che tu non ti accorga di niente? Ash fa una smorfia e resta ad osservarla senza parlare. Misty tiene lo sguardo fisso sulla pagina, ma i suoi occhi non si muovono. Non sta affatto leggendo. «Misty…» si azzarda a dire Ash, dopo una manciata di imbarazzati secondi. Misty non alza lo sguardo. «Mmm?» «Mi chiedevo se…» Ash si siede imbarazzato sul letto della ragazza «…lasciando stare la storia dell’amore… credi che potremmo veramente essere noi, i prescelti?» Finalmente Misty si volta verso di lui. «Che vuoi dire?» «Beh…» Ash tormenta fra le dita un lembo del lenzuolo «La profezia non parla veramente di amore, o mi sbaglio? Dice soltanto “portatori del nero legame”… voglio dire, potrebbe essere qualsiasi cosa…» La ragazza aggrotta le sopracciglia, in attesa. «Quindi… forse la storia dell’amore è solo un particolare aggiunto da quella donna per rendere più interessante la storia, no? Se fosse così, quella leggenda potrebbe veramente riferirsi a noi… almeno spiegherebbe quei sogni.» conclude Ash. Misty spalanca gli occhi, fingendosi colpita dall’apparente genialità delle parole del ragazzo. «È possibile.» Invece no, pensa in realtà dentro di sé. La profezia parla d’amore e si riferisce a noi, ne sono sicura. E tu lo sai. Abbassa lo sguardo, timorosa che Ash possa leggere nei suoi occhi quel pensiero. Ash deglutisce. «Quindi pensi che… i prescelti siamo veramente noi?» La ragazza annuisce impulsivamente, senza pensare. Ma poi si volta verso Ash, e i loro sguardi si incrociano; e Misty vede negli occhi di lui qualcosa che ricorda di avervi visto assai di rado: paura. Aggrotta le sopracciglia, senza capire. Poi Ash distoglie lo sguardo, imbarazzato per il fatto di aver mostrato così la propria debolezza; e un flash improvviso scatta nella mente della ragazza. Le isole di Orange. Shamuti. Erano sbarcati lì in occasione della celebrazione annuale della leggenda, e Melody aveva scelto Ash come prescelto. Avrebbe dovuto trattarsi solo di un gioco innocente, Ash avrebbe dovuto prendere tre sfere di vetro da tre isole e portarle al tempio di Shamuti dove Melody l’avrebbe festeggiato suonando il suo flauto; ma con l’intervento del collezionista Lawrence III un’antica profezia si era avverata, e Ash si era trovato sulle spalle il destino del mondo intero. E aveva rischiato la vita fra le onde di un oceano di ghiaccio. Misty si lascia sfuggire dalle mani il libro, che cade sul pavimento con un lieve tonfo sordo. «Scusami, Ash! Non ci avevo pensato!» Lui scuote la testa, facendo un cenno vago con la mano. «Lascia stare.» mormora, senza alzare lo sguardo. «Mi dispiace. Dovevo pensarci, sono stata una stupida.» Misty si siede di fianco a lui e, anche se terribilmente imbarazzata, gli posa una mano sulla spalla. «Ash… nessuno ti sta chiedendo di salvare il mondo un’altra volta. Tanto meno io. Anzi, sai una cosa? Riporto subito quel libro in biblioteca. Tanto sono solo assurdità. E poi, forse non mi ero lavata le mani, prima di andare a dormire…» Ash si volta verso la ragazza, sperando in cuor suo che lei non tolga la mano dalla sua spalla, e le rivolge un sorriso un po’ stentato. «Non fa nulla. Tieni pure il libro.» Misty scuote la testa. Continua a guardare Ash, e per la prima volta si rende conto di quanto possa apparire insicuro dietro la sua facciata di grande eroe. Ritira la mano. Ma mai prima d’ora ha avuto tanta voglia di abbracciarlo. Capitolo VI - Destini scritti nelle carte La vecchia donna estrae un mazzo di carte dal consunto sacchetto di stoffa nera, e le dispone a faccia in giù sul piano del tavolo davanti a lei. Le giunge alle narici l’odore dell’incenso che si consuma lentamente in un angolo del tavolo, nel suo supporto di ceramica; e della cera fusa delle candele. Due elementi, aria e fuoco, e i loro opposti naturali, terra e acqua: due ciotole di argilla, una piena fino all’orlo di acqua cristallina, l’altra contenente un pugno di sale. Sono attorno a lei, i quattro elementi, perfettamente bilanciati. Scopre la prima carta. Dieci di bastoni, un arcano minore. Sulla carta sono raffigurati dieci alberi morti, senza foglie: la foresta di Green Island, la deforestazione. La mano le trema mentre volta la seconda carta, prima ancora che i suoi occhi vedano ciò che vi è raffigurato. Il diavolo. Il principe della notte. L’oscuro. Quando l’uomo dimenticherà la natura e smetterà di celebrare i doni della terra, si incarneranno i figli dell’oscuro… Terza carta. Dieci di spade. In un tale contesto, il suo significato non può essere che uno: guerra. La vecchia lascia che la seconda vista, dono dei popoli che vivevano su questa terra in tempi antichi, le mostri ciò che avverrà man mano che le sue mani voltano ad una ad una le carte disposte sul legno lucido. Gli amanti. Un ragazzo e una ragazza legati da un amore eterno; i prescelti. Lei ha i capelli rossi e gli occhi verdi e profondi come il mare, è la ragazza che ieri sera ascoltava con tanta attenzione il suo racconto. Lui è il ragazzo bruno che sedeva al suo fianco e che non le toglieva gli occhi di dosso, seppur negandolo a se stesso. La forza. Le loro anime sono legate dalla forza più pura e più potente che esista al mondo, anche se ancora, pur essendone a conoscenza, non hanno il coraggio di ammetterlo. Otto di bastoni. Li vede avanzare nella foresta, spaventati, tenendosi per mano. Sei di spade: gli spiriti della foresta li attaccano, incapaci di riconoscerli come i prescelti. La torre, segno infausto. Li vede piegarsi all’attacco delle forze oscure, come deboli giunchi in un giorno di tempesta; e li vede separarsi e scappare, ognuno in una diversa direzione, ognuno inseguito dai propri demoni personali. La giustizia. Il ragazzo dai capelli bruni e dal cuore grande ritrova la ragazza dai capelli rossi, e la trae in salvo come un eroe di fiaba. Sette di spade, un altro arcano minore. Altre prove li attendono. Il mondo: è il verde altare, il centro di tutto. Nella mente della vecchia donna è chiara l’immagine dei due prescelti, in piedi l’uno di fianco all’altra, di fronte al vecchio altare di pietra costruito dai popoli antichi. Sono rimaste quattro carte sul tavolo. La donna volta velocemente le prime due: cinque di spade, tre di spade. Altre prove. La terza carta: la luna, la speranza. Con la mano che trema, come se già avesse intuito quale immagine cela l’ultima carta, la vecchia donna la volta in modo da poterla vedere. Si alza in piedi di scatto, tremando. Lascia cadere la carta. «No… questo non deve accadere…» La carta cade a faccia in su sul tappeto. E l’immagine su di essa raffigurata, una figura avvolta in un lungo mantello nero con una falce stretta nella mano scarnificata, fissa la vecchia come per burlarsi di lei. Capitolo VII - Rivelazioni Un’ombra si para improvvisamente su Misty e Ash, seduti ad uno dei tavoli nel cortile della pensione. Misty alza lo sguardo, e i suoi occhi verdi incontrano quelli quasi color argento della donna che la sera prima raccontava la leggenda. «Sì?» chiede Misty, guardandola senza capire «Desidera qualcosa?» La vecchia donna, l’anziana narratrice depositaria di un’antica magia, resta in silenzio per un lungo istante, dritta nonostante la sua età, il bastone di legno lucido e nodoso stretto in una mano, i lunghi capelli argentati che splendono al sole infuocato del tardo pomeriggio autunnale. «Ho bisogno di parlarvi.» dice alla fine «C’è qualcosa che dovete sapere.» Vagamente intimorita dalla solenne serietà della donna, Misty lancia una rapida occhiata ad Ash. Lui aggrotta le sopracciglia. «Ci dica.» La donna prende posto ad una delle due sedie libere, appoggiando il bastone contro il bordo del tavolo. I suoi occhi d’argento, stesso colore dei capelli, scrutano i due ragazzi con fare quasi inquisitorio, piccole pozze limpide e lucenti nel suo volto segnato dall’età. «Il mio nome è Morgan Meshomah.» inizia, mentre Misty ancora si chiede cosa questo abbia a che fare con loro «La mia famiglia discende da un antico popolo, un popolo che praticava la magia bianca e viveva in armonia con la natura. Alcuni di noi, ancora oggi, possiedono un dono che consente di percepire cose non visibili alla maggior parte della gente.» «Signora…» mormora Misty, confusa «Non vedo che cosa…» Morgan Meshomah la interrompe con un gesto secco della mano. «Ieri sera eravate presenti alla mia narrazione dell’antica profezia legata alla foresta di Green Island. Se avete ascoltato, saprete che gli spiriti della foresta posero due esseri umani, due prescelti, a guardia del verde altare costruito secoli fa come omaggio alla terra.» Ash deglutisce. Due prescelti. Sotto il tavolo, Misty prende la sua mano e la stringe. «Questa mattina ho interrogato le carte.» continua la donna «La deforestazione attualmente in corso è la minaccia che, come è scritto, metterà in pericolo la nostra foresta. Ho chiesto alle carte di mostrarmi chi fossero i prescelti.» Misty sente tremare la mano di Ash, stretta nella sua. Morgan Meshomah fissa entrambi con i suoi occhi argentati, le cui iridi sembrano scomparire quando catturano la luce. «I due prescelti… siete voi.» Un lungo silenzio scende fra le tre persone sedute al tavolo. Morgan Meshomah continua a tenere i suoi occhi come specchi di ghiaccio fissi su di loro, imperturbabile. Ash scuote lentamente la testa. «No.» Il volto dell’anziana donna non cambia espressione, come se fosse scolpito nella roccia anziché essere veramente di carne e sangue. «Sì.» dice solamente. «No!» Ash si libera della stretta della mano di Misty e si alza in piedi di scatto, con tanta foga da rovesciare all’indietro la sedia. «Non siamo i prescelti! Tutto questo… è una follia.» «Calmati Ash.» Misty posa una mano sul suo braccio, senza staccare gli occhi da quelli di Morgan Meshomah. Alcune parole della leggenda ascoltata la sera precedente si riaffacciano all’improvviso alla mente della ragazza. Legati da un amore così profondo da essere più potente di ogni altra forza su questa terra… Legati da un AMORE così profondo… Scuote la testa, cercando di liberarsi di quel pensiero. Abbassa lo sguardo. «Ci deve essere un errore.» mormora, con un tono di voce che non suona convincente nemmeno alle sue orecchie «Noi… noi non possiamo essere i prescelti.» «Voi lo siete.» l’anziana donna fa cenno ad Ash di tornare a sedersi. Il ragazzo obbedisce, lanciandole però nel contempo un’occhiata furente. Misty deglutisce, cambiando nervosamente posizione sulla sedia. «No, non lo siamo invece. Non possiamo esserlo per un semplice motivo.» torna ad alzare lo sguardo, fissando con decisione gli occhi argentei e impassibili di Morgan Meshomah «Noi siamo solo amici. Non… non proviamo nulla l’uno per l’altra.» La fermezza e la convinzione con cui Misty pronuncia queste parole colpiscono Ash come una frustata. Si volta verso di lei, ferito. Misty… Morgan Meshomah sogghigna. «Il tuo amico non sembra pensarla allo stesso modo.» Misty spalanca gli occhi e si volta di scatto verso Ash. Il suo sguardo incrocia quello sconcertato di Ash, palesemente fisso su di lei; solo per pochi attimi, poi il ragazzo abbassa la testa. Le sopracciglia di Misty si inarcano. «Che?» Ash serra le mani attorno al bordo del tavolo. «Io non provo nulla per lei.» mormora fra i denti «Misty è la mia migliore amica. Nient’altro.» «Voi due provate l’uno per l’altra molto di più di quanto vogliate ammettere.» afferma l’anziana donna, come se fosse un dato di fatto. «Noi non…» cerca di contraddirla Misty. Ma la vecchia la interrompe di nuovo. «Preferiresti morire,» chiede, fissandola con il suo sguardo di ghiaccio «oppure preferiresti veder morire lui?» Misty trattiene il respiro. «Morire.» ammette alla fine. Morgan Meshomah guarda Ash. «E tu?» Passano parecchi secondi prima che il ragazzo dica qualcosa. Non avrebbe alcuna difficoltà a rispondere se Misty non fosse presente, ma così… Abbassa lo sguardo. «Sì. Anch’io.» Misty lo guarda incredula. Se avesse puntato tutti i soldi che possiede sulla risposta che Ash avrebbe dato ad una simile domanda, li avrebbe persi. Posa la mano su quella del ragazzo, ancora stretta sul bordo del tavolo. Quando lui si volta a guardarla, Misty gli rivolge un sorriso. «Legati da un amore così profondo,» cita Morgan Meshomah «da essere più potente di ogni altra forza su questa terra. Questo, voi come lo chiamereste?» Ash sospira, chiudendo gli occhi. Poi si volta verso l’anziana donna. «Va bene, d’accordo.» concede «Ci dica che cosa dobbiamo fare.» Capitolo VIII - Qualcosa di più Ash siede in silenzio sul proprio letto, lo sguardo perso sul paesaggio vagamente visibile nel buio fuori della finestra. Misty indugia sulla soglia della stanza. «Posso entrare?» Il ragazzo annuisce, senza voltarsi. Misty si siede di fianco a lui, e per una manciata di imbarazzanti secondi entrambi rimangono in silenzio. «Ash… va tutto bene?» chiede infine Misty, con dolcezza. Ash annuisce di nuovo. «Sì, certo.» sospira, voltandosi finalmente verso di lei. La ragazza abbassa lo sguardo. «Mi dispiace Ash.» sussurra. «Per cosa?» chiede lui, stupito. Misty stringe le ginocchia al petto, come ad offrire agli occhi di Ash un minore bersaglio su cui concentrare la propria attenzione. «È stata colpa mia.» mormora con voce appena udibile «Quella di fermarci qui a Green Island… è stata una mia idea. Se ce ne fossimo andati subito, forse… voglio dire, se non fossimo stati qui… tutto questo non sarebbe mai successo.» Ash la guarda in silenzio per pochi istanti. «Credo che saremmo stati qui… anche se tu non avessi mai pensato di restare.» «Che vuoi dire?» chiede Misty, alzando lo sguardo. Ash vede luccicare i suoi occhi di un sottile velo di lacrime. Sospira. «Siamo i prescelti, no? Probabilmente era scritto che avremmo dovuto trovarci qui, quando ci sarebbe stato bisogno di noi.» «E se non fossimo i prescelti?» Misty scuote la testa, spalancando gli occhi più verdi che mai «Se quella donna, quella Morgan come accidenti si chiama, fosse soltanto una vecchia pazza?» Ma nemmeno lei crede davvero alle proprie parole. Ash fa cenno di no con il capo. «Sono certo che quella donna fosse perfettamente lucida. E so che ne sei certa anche tu.» La ragazza abbassa la testa. «È vero.» mormora, ripensando a tutto ciò che l’anziana donna dai capelli d’argento ha detto loro. Avrebbero dovuto attraversare la foresta fino a raggiungerne il cuore, il verde altare. Gli spiriti della foresta li avrebbero attaccati, si sarebbero serviti di piante e animali per rendere quasi impossibile il loro cammino, perché accecati da un odio incondizionato e implacabile verso ogni essere umano. «Una volta raggiunto il verde altare,» ha affermato Morgan Meshomah, guardandoli con i suoi occhi di ghiaccio «saprete quale sarà la vostra vera missione. Una volta là, saprete cosa fare.» E dopo questa enigmatica frase, la vecchia dallo sguardo argentato si è alzata in piedi e ha voltato loro le spalle, allontanandosi nell’ultimo sole della giornata che rendeva i suoi capelli simili ad un’aureola di luce. Un altro pensiero, un altro ricordo di quanto detto da quella donna, torna alla mente della ragazza. Si volta verso Ash. «Ash…» sussurra, con un filo di voce «…davvero lo faresti?» Lui la guarda. «Farei che cosa?» Misty si morde le labbra. «Tu… moriresti per me?» «Sì.» risponde Ash senza la minima esitazione, il che sorprende Misty ancor più della risposta in sé «Sì, lo farei. Se… se tu fossi in pericolo e non ci fosse un altro modo per salvarti, lo farei.» La ragazza rimane a fissarlo con gli occhi che brillano. Passano diversi secondi prima che Ash chieda: «E tu?» Misty abbassa la testa. I capelli, insolitamente sciolti sulle spalle, si chiudono a sipario davanti al suo volto. «Farei qualsiasi cosa per te, stupido.» mormora. Un silenzio imbarazzato cade di nuovo su di loro. Ash tende timidamente una mano ad accarezzare i capelli della ragazza, sfiorandoli appena con le punte delle dita, come se temesse da un momento all’altro un suo gesto di repulsione. Ma Misty non lo respinge. E quando la mano lievemente tremante di Ash si posa sulla sua guancia, facendole voltare con dolcezza il capo verso di lui, c’è soltanto sorpresa nei suoi occhi spalancati. Senza una parola di spiegazione, Ash la trae a sé. Le loro labbra si sfiorano appena, e solo per pochi istanti; poi Misty volta di scatto la testa, spezzando quella magia. «Scusami…» mormora Ash, distogliendo lo sguardo «Non…» Misty porta silenziosamente la mano a sfiorare le labbra, nel punto in cui si sono posate quelle di Ash. «Dimenticalo.» sussurra lui, dopo molti imbarazzanti secondi «Facciamo finta che non sia mai accaduto, d’accordo?» «Okay…» mormora la ragazza, cercando di fare ordine nei propri pensieri e di liberarsi dell’impressione che la sua mente sia appena implosa spontaneamente. Ash l’ha appena baciata. Il ragazzo che riteneva capace di negare anche sotto tortura di provare per lei dei sentimenti più forti di un legame di amicizia l’ha appena baciata. Si volta verso Ash, che continua a tenere lo sguardo fisso sul pavimento. «Non… non significava niente.» sussurra. Lui annuisce. «Niente.» Capitolo IX - Oscurità La foresta di Green Island si estende davanti a loro, in tutto il suo splendore centenario. Alberi dai tronchi grossi e nodosi intrecciano i loro rami creando nell’aria immortali geroglifici. Misty lancia uno sguardo sconsolato al cartello infisso nel terreno a pochi passi da loro. «Qui dice “Proprietà del governo del Giappone”.» annuncia, avvicinandosi per leggerlo «Che tradotto significa: “Possiamo abbattere la foresta e farci un parcheggio se vogliamo”.» Ash osserva gli alberi senza parlare, scuro in viso. «La senti anche tu, vero?» sussurra piano Misty «Oscurità.» Il ragazzo annuisce. «Già. Come nella profezia. Quando l’uomo dimenticherà la natura e smetterà di celebrare i doni della terra…» «…Si incarneranno i figli dell’oscuro.» completa Misty «Beh, credo che questa sia la prova definitiva.» Ash la guarda. «La prova definitiva di che cosa?» «Che noi siamo i prescelti.» mormora Misty. Il suo sguardo si perde lontano, oltre le cime degli alberi. «Non credo che potremmo sentirla… se non lo fossimo.» «Hai paura?» chiede Ash, avvicinandosi a lei. Misty inarca le sopracciglia. «Perché, tu no?» «Scherzi? Sto morendo di paura.» sospira Ash «Se non ricordi, l’ultima volta che ho scoperto di essere il prescelto per poco non ci ho rimesso la pelle.» «Credi che potrei dimenticarlo?» la ragazza lo fulmina con lo sguardo «Non credo di aver mai avuto in vita mia tanta paura quanto quella volta…» Ash le lancia un’occhiata interrogativa. «Credevo che saresti morto, Ash!» esclama Misty. Un velo di lacrime scintilla nei suoi occhi «Credevo… che ti avrei perso.» Lui le prende la mano. «Sono qui, no? Per favore Misty non metterti a piangere adesso.» La ragazza volta di scatto la testa, liberando la mano dalla sua stretta. «Non sto affatto piangendo, razza di idiota.» mormora, asciugandosi le lacrime. Ash la guarda scuotendo affettuosamente la testa. «Andrà tutto bene, ne sono sicuro.» cerca di tranquillizzarla «Ehi… a proposito, non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato la vita, quella volta.» «Perché sei un ingrato oltre che un idiota.» taglia corto Misty, antipaticamente, più che mai decisa a comportarsi come se la sera prima non fosse accaduto niente. Come se le labbra di Ash non avessero mai toccato le sue. «Grazie, Misty.» Misty si volta verso di lui. Ash ha parlato con dolcezza, come se lei non avesse mai pronunciato le ultime parole. Le guance della ragazza avvampano. Abbassa la testa, lasciando che i capelli le nascondano il viso. «N-non c’è di che.» balbetta, imbarazzata. Ash la osserva con attenzione. «Dovresti tenerli sempre così, sai?» La ragazza lo guarda stupita. «Uh?» «I capelli.» afferma Ash «Ti donano molto di più.» La ragazza spalanca gli occhi per la sorpresa, le sue guance si fanno ancora più scarlatte. «Grazie.» mormora, senza trovare il coraggio di guardarlo negli occhi. Lui trattiene un sorriso. «Allora andiamo?» chiede, alludendo alla foresta che sembra restare lì ad attendere proprio loro fra tutti i sei miliardi di esseri umani vivi sulla terra. Misty annuisce. E dopo un lungo attimo di esitazione i due ragazzi si dirigono insieme verso i vecchi alberi. Non riescono a fare più di una decina di passi, però, prima di venir fermati da un furioso stridio di freni. Misty si volta di scatto, in tempo per vedere una jeep verde mimetico della protezione forestale che inchioda a pochi metri da loro. Un ranger in uniforme ne scende sbattendosi con foga la portiera alle spalle. «Che diamine credete di fare?» sbraita, dirigendosi a grandi passi verso Ash e Misty. «Noi stavamo solo…» inizia Ash. «Nessuno può entrare in questa foresta.» taglia corto il ranger «Pensate che voglia arrestare due ragazzini? Non avete visto i cartelli?» Misty si guarda intorno. In effetti ci sono vari cartelli con la scritta “divieto d’accesso”, ma a dirla tutta non li avevano veramente notati. Dubita però che questo possa essere il genere di notizia che al ranger farebbe piacere sentire, quindi tiene la bocca chiusa. «Perché non si può entrare?» chiede invece, spostando il peso dello zaino da una spalla all’altra. Il ranger la guarda con occhi di fuoco da sotto le folte sopracciglia aggrottate. «Gli animali.» afferma, come se fosse una perfetta spiegazione «Gli animali di questa foresta sono pericolosi. Possono attaccarvi senza alcun motivo.» «Non…» tenta Misty. Ma il ranger la interrompe bruscamente. «Salite subito sulla jeep.» ordina. Ash e Misty si guardano, indecisi. Morgan Meshomah non li aveva avvertiti che qualcuno avrebbe potuto impedire loro di entrare, ma questo tipo non sembra il genere di persona con cui si può scherzare. Probabilmente se solo accennassero alla storia dei prescelti e del verde altare, cosa che peraltro non hanno la minima intenzione di fare, si ritroverebbero in una cella imbottita prima di mezzogiorno. «Salite sulla jeep!» ripete il ranger, in un tono che non ammette repliche. Ash fissa con gli occhi spalancati un punto alle spalle dell’uomo. «Misty, guarda!» esclama, strattonandola per un braccio per richiamare la sua attenzione. Un cervo sbuca dagli alberi e si precipita correndo verso di loro, a testa bassa come un ariete. Prima che qualcuno abbia il tempo di agire, il cervo è addosso al ranger e lo colpisce con l’enorme palco di corna, facendolo volare in aria e sbattendolo contro lo sportello della jeep con tanta forza da piegarne il metallo. Misty lancia uno strillo e chiude gli occhi per non vedere, nascondendosi dietro ad Ash e aggrappandosi convulsamente alle sue spalle. «Fai qualcosa!» strilla, come se Ash fosse capace di mettere in fuga il cervo semplicemente facendo un gesto. L’animale inferocito si dirige verso di loro. Ash trattiene il fiato, aspettandosi di venire colpito da un momento all’altro; ma inspiegabilmente il cervo si ferma a pochi centimetri da lui, senza sfiorarlo. Come se avesse riconosciuto qualcosa nei due ragazzi, la furia dell’animale si placa, e il cervo trotterella via. «Hai visto?» esclama Misty, con voce acuta come il miagolio di un gattino «Hai visto?» Ash annuisce. Anche se c’erano almeno un centinaio di cose da vedere, ha capito perfettamente a cosa Misty si riferisse: gli occhi del cervo, quando ha attaccato il ranger, erano completamente neri. Oscurità. L’uomo è ancora a terra, la schiena contro lo sportello ammaccato della jeep. Con la sensazione di stare avanzando al rallentatore, Ash lo raggiunge e si china su di lui posandogli due dita sulla gola. Misty resta immobile, le mani premute davanti al viso. «È…?» sussurra, senza riuscire a finire la frase. Ash annuisce cupamente, alzandosi in piedi. «È morto.» mormora «Quell’animale l’ha ucciso.» «Gli animali di questa foresta sono pericolosi. Possono attaccarvi senza alcun motivo.» Dev’essere questo che intendeva, pensa Ash trattenendo una smorfia. «Oh Dio.» sussurra Misty. Le lacrime traboccano dai suoi occhi spalancati e prendono a scorrerle sulle guance. «Oh Dio, oh Dio…» Ash le si avvicina e la stringe fra le braccia, cercando di tranquillizzarla. Misty nasconde il viso sulla sua spalla. «È o-orribile…» singhiozza «d-dobbiamo fermare tutto q-questo Ash… prima che muoiano altre p-persone… dobbiamo…» «Shh.» Ash la tiene stretta «Troveremo quell’altare e faremo ragionare quegli stupidi spiriti. Andrà tutto bene, te lo prometto.» «Invece no!» esclama Misty, senza smettere di piangere «Andrà m-malissimo, ne sono sicura! S-sta già a-andando malissimo… q-quell’uomo n-non aveva n-nessuna c-colpa…» Ormai i singhiozzi sono così forti da impedirle di parlare. Ash la tiene stretta. Poi, anche se con qualche esitazione, la bacia con dolcezza fra i capelli. Misty alza la testa e lo guarda con gli occhi verdi spalancati per la sorpresa. «Troveremo l’altare.» ripete Ash, serio «E faremo sloggiare i taglialegna con le loro motoseghe e i loro camion. E gli spiriti la smetteranno di usare gli animali per attaccare le persone.» La ragazza scuote la testa. «Ma se attaccassero noi… prima che riusciamo a raggiungere l’altare?» Ash la guarda. «Un amore così profondo da essere più potente di ogni altra forza sulla terra.» cita «Ricordi? Siamo più forti di loro. Non potranno farci niente… se restiamo insieme.» E Misty riesce a regalargli un piccolo sorriso. Capitolo X - Hansel e Gretel Vista dall’interno, la foresta di Green Island appare assai più intricata di quanto non lo sembrasse se osservata da lontano, benché non sia molto più di un bosco di antiche querce e vecchie e contorte betulle che occupa quasi tre quarti del territorio dell’isola. Trovandocisi dentro, però, gli antichi alberi appaiono incredibilmente fitti; i loro tronchi secolari formano barriere quasi impenetrabili e le loro fronde si intrecciano le une con le altre almeno un paio di metri al disopra delle teste dei due ragazzi, impedendo quasi del tutto il passaggio alla luce del sole. «Come accidenti facciamo a sapere dove si trova il cuore della foresta in questo casino?» protesta Misty, guardandosi attorno con espressione lievemente spaventata. Ash allontana da sé un nugolo di insetti con un gesto brusco della mano. «Che io sia dannato se lo so.» risponde, con una smorfia «Quella simpaticona avrebbe fatto meglio a darci una cartina dettagliata della zona.» «Non dovremmo… saperlo?» chiede Misty, inarcando le sopracciglia. Il ragazzo le lancia un’occhiata interrogativa, rimpiangendo di non aver messo nello zaino un paio di flaconi di insetticida. «Voglio dire,» continua Misty, allontanandosi con un balzo dalla pozza di fango nella quale le sue scarpe da ginnastica stavano lentamente affondando «siamo i prescelti, no? Non dovremmo… sentire da che parte si trova l’altare?» Ash sospira. «Per il momento mi basterebbe sentire da che parte si trova una fabbrica di spray antizanzare.» Misty lo fulmina con lo sguardo «Molto divertente. Credo che il nostro problema principale sia trovare quello stupido altare prima che gli spiriti si accorgano della nostra presenza…» la sua voce trema «A giudicare da quello che hanno fatto a quell’uomo, non mi pare che siano molto felici di vedere delle persone.» «Dimentichi che quel cervo si è fermato quando ha visto me.» le ricorda Ash «Forse ci ha riconosciuto… si è accorto che siamo i prescelti.» Misty allontana dal viso un’altra ciocca di capelli, lanciando nel contempo ad Ash un’altra occhiataccia. «Non si è fermato prima di avermi fatto quasi venire un infarto per la paura.» puntualizza. Ash alza un sopracciglio. «Tu stavi dietro di me, se non mi ricordo male.» le fa notare. Senza quasi rendersene conto, mentre parlavano hanno ripreso ad avanzare e la foresta scivola via attorno a loro, come se i loro piedi conoscessero perfettamente la direzione da prendere. Misty gli mostra la lingua. «E se io non mi ricordo male, tu avevi detto che saresti morto per me.» risponde «Quindi non capisco che hai da lamentarti… a meno che tu non stessi mentendo quando me l’hai detto.» Voleva essere una frase ironica, ma la voce della ragazza si incrina pronunciando le ultime parole. «Ehi!» Ash, poco dietro di lei, si affretta ad allungare il passo per raggiungerla e le posa una mano sulla spalla «Non stavo affatto mentendo. Sai bene…» esita, ma poi decide di finire la frase «Sai bene che non lascerei mai che qualcuno ti faccia del male, Misty.» Lei si volta a guardarlo con gli occhi spalancati, per pochi istanti; poi abbassa la testa e si libera del suo tocco con un movimento brusco, nel tentativo di dissimulare il proprio imbarazzo «Sono perfettamente in grado di cavarmela da sola, grazie.» taglia corto, aspettandosi una risposta altrettanto tagliente da parte di Ash. Ma lui le sorride. «Questo lo so.» si limita a dire «Sono io quello che non riesce praticamente mai a togliersi dai guai senza il tuo aiuto.» «Come faresti senza di me?» lo prende in giro Misty, inarcando le sopracciglia. «Credo che batterei in ritirata in meno di dieci secondi.» risponde lui, serio «Non sono nemmeno sicuro che saprei uscire da questa foresta, se tu mi piantassi qui.» Misty arrossisce, abbassando la testa perché lui non possa accorgersene. «Piantala, stupido. Per chi mi hai preso, per una Giovane Marmotta? Nemmeno io sono sicura di saper uscire di qui, se è per quello.» Lui le sorride. «Sono sicuro che ne saresti capace.» «E tanto, probabilmente moriremo qui dentro.» mormora cupamente Misty «Quindi non avremo alcun bisogno di uscire.» Ash aggrotta le sopracciglia. «Che vuoi dire?» «E dal loro sacrificio nascerà nuova vita.» cita Misty «Nel mio vocabolario, sacrificio è sinonimo di morte. Certo, ammesso che gli spiriti non ci facciano fuori prima.» Il ragazzo le prende la mano, sentendo le dita di lei sussultare a quel contatto. «Sono sicuro che ce la caveremo.» la tranquillizza «Lo facciamo sempre, no?» Misty annuisce. Ash la guarda. «E il più delle volte grazie a te.» Con un sospiro, la ragazza ritira la mano e si allontana da lui di qualche passo. «Vorrei che tu non riponessi tutta questa fiducia in me, Ash.» mormora «Non sono sicura di meritarmela.» «E io sono sicuro di sì.» Ash la raggiunge di nuovo «Credi che sarei qui adesso… se non fosse stato per te?» «Mi hai già ringraziato prima per quello…» protesta lei, imbarazzata. Il ragazzo tenta di prenderle la mano, cercando un contatto fisico con lei. Ma Misty si affretta a ritrarsi, stringendo la mano attorno alla cinghia dello zaino. «Piantala!» esclama, terribilmente a disagio «Tutto questo… tutto questo non è affatto normale. Eravamo d’accordo che quello che è accaduto ieri sera non significava niente. Che… non avrebbe cambiato le cose fra noi.» Ash la guarda. «Infatti ne sono ancora del tutto convinto. Non…» «Finiscila di negare l’evidenza!» lo interrompe seccamente la ragazza «Tu non mi prendi mai per mano mentre camminiamo!» «Beh, di solito non camminiamo in una foresta che sembra il bosco di quella stupida fiaba.» brontola Ash, guardandosi intorno. Misty lo guarda come se pensasse che non abbia tutte le rotelle a posto. «Quale stupida fiaba?» «Dai, lo sai.» Ash si passa imbarazzato una mano fra i capelli. «Quella con… i due bambini, e le briciole di pane. E la casetta di zucchero.» La ragazza cerca di trattenere una risata. «Hansel e Gretel?» Ash fa una smorfia. «Non ridere. Quella fiaba mi terrorizzava quando ero un bambino.» Misty riesce a trattenersi ancora per pochi istanti; poi scoppia a ridere così forte da essere costretta a fermarsi. Ash si allontana di qualche passo, irritato. La ragazza cerca di obbligare se stessa a smettere di ridere e gli corre dietro, mordendosi le labbra. «Ehi! Dai, scusa. È solo che… la strega di Hansel e Gretel…» Sta di nuovo ridendo. Ash sospira, ma adesso sta soltanto facendo l’offeso. «E il lupo di Cappuccetto Rosso?» lo prende in giro Misty, ridacchiando «Anche quello ti faceva paura?» «No. Non mi ricordo.» nonostante si renda conto di quanto la situazione sia comica, il ragazzo tenta di non ridere «Vuoi finirla?» Misty alza un sopracciglio. «E l’orco di…» «Finiscila!» la interrompe Ash. La ragazza cerca con tutte le sue forze di convincersi che è il momento di piantarla. Ma non riesce a trattenersi per più di una manciata di secondi. «Buuu!» esclama, coprendo gli occhi di Ash con le mani. Lo sente trasalire. Ash si volta verso di lei. «Misty, per favore.» la implora in tono supplichevole. Poi la sua espressione cambia, e un lampo di malizia illumina per un attimo i suoi occhi. «Devo ricordarti quanti ragni ci sono su questi alberi?» Misty impallidisce, fermandosi di botto. «R-ragni?» Il ragazzo annuisce, godendo della sua paura. «Già. Esatto. E coleotteri e bruchi…» «Smettila!» quasi strilla Misty, convinta di sentire già su di sé la moltitudine di zampette di quelle disgustose creature. Trova ingiusto che Ash usi la sua proverbiale paura degli insetti come arma di difesa. «E scarafaggi con le loro zampette pelose…» continua il ragazzo. Senza che Misty se ne accorga, fa scivolare la mano sulla sua spalla e muove le dita come se fossero le zampe di uno scarafaggio di esemplari dimensioni. Misty lancia uno strillo degno di un’aquila e colpisce le dita di Ash con la mano. Ash scoppia a ridere. «Sei uno stupido!» esclama la ragazza. «Scusa… ma dovresti vederti…» mormora Ash, cercando di calmarsi «Va bene, ora basta con queste stronzate. Andiamo?» Le tende la mano, e dopo un attimo di esitazione Misty la afferra. E proseguono così, mano nella mano, seguendo un invisibile sentiero di briciole. Hansel e Gretel. Capitolo XI - Una difficile traversata «Quanto pensi che dovremo camminare ancora?» Misty si asciuga il sudore dalla fronte con il dorso della mano. Anche se è autunno, la giornata è decisamente torrida; e in particolare l’umidità dei numerosi piccoli ruscelli che attraversano la foresta contribuisce discretamente a far aumentare l’afa, che le ombre degli alberi riescono ben poco ad attenuare. Ash si guarda intorno. «Sinceramente non ne ho idea. Ma credo ancora per parecchio… non penso che abbiamo percorso nemmeno metà della strada che dobbiamo fare.» Misty soffia via dal viso una ciocca ribelle di capelli che continua a finirle davanti agli occhi. «Non lo trovi strano? Voglio dire, che quegli spiriti non ci abbiano ancora attaccati?» «Non direi strano ma logico.» afferma Ash «Come con quel cervo. Sono sicuro che sentono… che si accorgono che noi siamo i prescelti.» «Ne dubito.» Misty aggrotta le sopracciglia «Non ricordi cosa ha detto Morgan come si chiama? Gli spiriti della foresta vi attaccheranno e bla bla bla, perché accecati da un odio incondizionato e implacabile verso ogni essere umano…» Ash sospira. «Per la verità non mi fiderei molto di quella donna. Fondamentalmente ha l’aria di una vecchia svitata.» «Una vecchia svitata inquietante.» mormora Misty. Poi si ferma di colpo. «Che succede?» chiede Ash, guardandola senza capire. La ragazza lo zittisce con un gesto secco della mano. «Shh. Non senti?» Ash tende l’orecchio. Per qualche istante non sente un bel nulla, poi comprende quello che Misty intendeva fargli notare. Acqua. Non troppo lontana, e parecchia. «Un fiume.» dichiara «E grosso, direi. Speriamo di non doverlo attraversare.» Misty annuisce, scura in viso. «Sarebbe un bel problema.» «Vedremo.» sussurra Ash, avanzando di qualche passo. Misty lo segue. È quando Ash si fa largo con entrambe le mani fra una schiera di piccoli arbusti che il fiume compare davanti a loro: acque color fango estremamente agitate, almeno due metri di distanza dall’altra sponda. «Cazzo…» mormora Misty, osservando quella distesa di acqua marrone «Hai una vaga idea di come faremo ad attraversarlo?» Ash non risponde, si guarda intorno con aria concentrata. Dopo una manciata di secondi, i suoi occhi si posano su ciò che voleva vedere. «Guarda.» esclama, posando la mano sul braccio di Misty per richiamare la sua attenzione «Quello è un ponte.» Misty segue sconcertata la direzione dello sguardo di Ash. Il “ponte” non è che un tronco d’albero posto di traverso sulle acque impetuose, sottile e apparentemente reso assai scivoloso dal muschio cresciutovi sopra. «Quello non è un ponte!» afferma «È un tronco!» «Che ti aspettavi?» chiede ironicamente Ash, raggiungendo il ponte improvvisato «Il London Bridge?» Misty gli corre dietro. «Tu sei completamente fuori di testa se ti aspetti che io salga lì sopra!» Ash posa un piede sul tronco per saggiarne la resistenza. «Preferisci nuotare?» chiede, azzardando qualche passo traballante e cercando di bilanciare bene il peso. La ragazza lo osserva con gli occhi spalancati. «Che accidenti stai facendo?» «Non lo vedi da te?» Ash evita per miracolo di finire nel fiume, riuscendo solo all’ultimo momento a raddrizzarsi e recuperare l’equilibrio. Misty scuote la testa. «Guarda che se cadi nel fiume e affoghi, questa volta non mi tuffo a salvarti!» esclama antipaticamente. «Vuoi stare zitta per due minuti?» la implora Ash, continuando ad avanzare sul tronco a passi chiaramente malfermi. Misty si morde le labbra. Terrorizzata, lo guarda raggiungere la metà del tronco, e si ritrova a pregare con tutte le sue forze che Ash riesca ad arrivare alla riva opposta senza cadere in acqua. Ash riesce a muovere qualche altro passo. Poi, sotto gli occhi spalancati e pieni di paura di Misty, il piede destro del ragazzo scivola sul legno umido, e Ash precipita nel fiume. «ASH!» Misty impiega una manciata di secondi per riuscire a scrollarsi di dosso l’orrore, del tutto paralizzante. Poi, senza esitare, si tuffa fra le acque estremamente agitate del fiume. L’acqua si chiude sopra la testa di Ash. Il ragazzo cerca disperatamente di riemergere in superficie, ma la corrente troppo forte lo manda a sbattere contro una delle pietre che affiorano dall’acqua. Il dolore alla spalla sinistra è talmente acuto da oscurargli la vista per qualche istante, e da rendergli totalmente impossibile qualsiasi tentativo di raggiungere la riva a nuoto. Riesce per pochi attimi a riaffiorare in superficie, e cerca di urlare; ma la corrente lo spinge di nuovo giù e la bocca e i polmoni gli si riempiono di acqua gelida. Misty! Misty… Qualcuno lo afferra per la vita e lo aiuta a raggiungere la superficie, trattenendolo contro una roccia in modo che possa aggrapparsi. Ash tossisce, cercando di afferrare la roccia con entrambe le mani; ma l’acqua e il muschio la rendono scivolosa e il dolore alla spalla è adesso così intenso da impedirgli di usare il braccio sinistro. «Tranquillo, va tutto bene.» lo rassicura la voce di Misty a pochi centimetri dalle sue orecchie «Ti tengo io.» Ash si volta. Misty, con la faccia tesa per lo sforzo, si tiene aggrappata alla pietra con un braccio e stringe l’altro attorno alla sua vita, impedendo alla corrente di trascinarlo via. «Grazie.» mormora Ash, riuscendo finalmente ad ottenere una presa solida sulla roccia. Tossisce di nuovo, sputando una boccata di acqua color fango. «Stai bene?» chiede Misty, rafforzando la stretta attorno alla sua vita «Non siamo lontani dalla riva. Credi di farcela a nuotare?» Ash scuote la testa. «Non credo. Mi fa male la spalla, ho sbattuto contro qualcosa.» La ragazza si morde le labbra, voltandosi per considerare la distanza che li separa dalla fangosa riva del fiume. «Okay.» mormora «Allora… allora aggrappati a me. Ti porto a riva io.» «Non ce la farai mai.» protesta Ash. Una fitta di dolore alla spalla lo fa trasalire. Misty rischia di perdere la presa sulla roccia, sotto la spinta della corrente; solo all’ultimo momento riesce a recuperarla. «Per favore, Ash.» lo esorta «Non ce la faccio a resistere ancora a lungo!» Il ragazzo sospira, chiudendo gli occhi per un lungo istante. «E va bene.» concede «Ma se non ce la fai ti lascio andare.» «Di’ un’altra cazzata del genere,» mormora Misty mentre Ash fa passare le braccia attorno alla sua vita «e giuro che ti pianto qui. Tu non mi lascerai andare finché non saremo a riva, Ash.» Inizia a nuotare, ma il peso di Ash non è indifferente. L’acqua li sommerge più di una volta prima che la ragazza riesca ad afferrare con entrambe le mani l’esile tronco di uno degli arbusti che sporgono verso il centro del fiume e ad usarlo come appiglio per trascinarsi sulla riva. Si lascia cadere stremata sull’erba, cercando di riprendere fiato. Ash molla la presa attorno alla sua vita e si alza a sedere, provando a muovere il braccio dolorante. «Mai pensato di fare la guardaspiaggia?» mormora, massaggiandosi la spalla. Misty lo fulmina con lo sguardo alzando appena la testa. «Un’altra battuta come quella e ti ributto dentro.» riesce a dire, ansimando. «Scusa.» Ash le sorride e tende una mano ad accarezzarle i capelli «Sei stata grande.» Misty riesce a tirarsi su in ginocchio, anche se con fatica. «Lo credo bene.» mormora, da sotto i capelli bagnati che le ricadono scomposti sulla faccia «Dai, fammi vedere la spalla.» «Non è niente.» sussurra Ash. Ma non si sottrae al tocco delle mani di Misty, che solleva la manica della sua t-shirt e controlla la sua spalla con dita esperte. «Non sembra molto grave.» dichiara la ragazza «Riesci a muovere il braccio?» Ash annuisce. Misty fa scorrere lentamente le dita lungo suo braccio, fermandosi all’altezza del gomito. In realtà, il tocco delle sue dita dura qualche istante più del necessario, ma Ash finge di non accorgersene. «Credo che non ci sia niente di rotto.» afferma «Comunque forse non dovresti usare il braccio per un po’, se ti fa male. Vuoi dare a me lo zaino?» «No, lascia stare.» Ash scuote la testa «Ce la faccio. Tu, piuttosto… sei sicura di farcela a proseguire? Se vuoi possiamo fermarci a riposare per un po’.» La ragazza fa cenno di no con il capo. «No. No, sto bene. Dovevo solo… riprendere fiato. Sei pesante, cosa credi?» Ash le sorride con affetto. Misty si alza in piedi, sostenendosi con la mano al nodoso tronco di una quercia. «Almeno ora siamo dall’altra parte.» sospira, allontanando i capelli dal viso. «Già.» Ash annuisce, alzandosi in piedi al suo fianco. Non può fare a meno di notare la mano della ragazza stretta al ruvido tronco dell’albero, e ne riceve una conferma al fatto che Misty sia ancora molto più debole di quanto non voglia mostrare. «Scusa.» mormora, abbassando lo sguardo. «Sto bene.» ripete lei. Ma non riesce a fare nemmeno due passi prima che le sue gambe cedano sotto il peso del suo corpo, rischiando di farla finire nuovamente lunga distesa sull’erba. Ash la afferra per un braccio, impedendole di cadere. Poi, senza dire niente, le cinge la vita con il braccio sano per aiutarla a restare in piedi, sostenendola con dolcezza. E per una volta lei non lo respinge. Capitolo XII - Il primo attacco degli spiriti «Va bene, ce la faccio da sola ora.» afferma Misty dopo qualche minuto, liberandosi del braccio di Ash attorno alla sua vita. «Ma grazie.» aggiunge poi, con un sorriso. «Sicura?» chiede il ragazzo, guardandola preoccupato. Misty annuisce. «Sì. Sto bene, te l’ho detto. Sono solo un po’ stanca.» Ash la guarda. «Grazie, Misty.» «Credevi che ti avrei veramente lasciato annegare?» chiede la ragazza, inarcando le sopracciglia «Come va la spalla?» Il ragazzo vi porta automaticamente la mano. «Fa male, ma è sopportabile.» mormora, facendovi scorrere lentamente le dita. Misty lo guarda con aria afflitta. «Mi ricordi perché diavolo lo stiamo facendo?» «Non ricordi che cosa ha detto Miss Simpatia?» mormora Ash, alludendo a Morgan Meshomah, la vecchia dai lunghi capelli bianchi «Noi siamo i prescelti. Se non facciamo nulla per salvare la foresta, i sogni che abbiamo fatto quella notte non ci abbandoneranno mai.» La ragazza mormora qualcosa, scura in viso. Ash si volta a guardarla. «Che hai detto?» «Ho detto che preferivo tenermi i sogni.» ripete Misty a voce più alta «Dopotutto erano solo sogni… qui stiamo rischiando la vita, e nessuno ci garantisce che usciremo vivi da questo schifo!» Una lacrima scivola sulla sua guancia. «Misty…» Ash smette di camminare e le accarezza il viso con dolcezza «Ce la caveremo, ne sono sicuro. Andrà tutto bene.» La ragazza scuote la testa. «Non puoi saperlo.» Senza esitazione stavolta, Ash le prende il volto fra le mani e la bacia con dolcezza sulla fronte. «Invece lo so. Ne sono sicuro, Misty.» «A-avevi detto che le cose fra di noi non sarebbero cambiate…» sussurra Misty con la voce che trema, guardandolo con gli occhi spalancati e più profondi che mai. Ash prova l’irresistibile desiderio di baciarla di nuovo sulle labbra. Ma obbliga se stesso a non farlo, e ritira le mani dal suo volto. Il movimento gli provoca una fitta di dolore non trascurabile alla spalla, di cui spera che Misty non si accorga. Se ne accorge, invece, e senza dire niente tende la mano a sfiorargli la spalla dolorante in una carezza gentile. «Mi dispiace.» mormora. Ash la guarda. «Non è stata colpa tua.» sussurra «È stata colpa mia. Avrei dovuto ascoltarti.» Misty resta in silenzio ancora per qualche istante. Poi sorride con malizia. «Infatti avresti dovuto. Dovresti sapere che io ho sempre ragione.» scherza, mostrandogli la lingua. «Come no.» mormora Ash, scuotendo la testa. Un sorriso si dipinge sulle sue labbra. La ragazza lo guarda. «Sei uno stupido.» afferma. Poi la sua voce si addolcisce. «Ma è per questo che ti voglio bene.» sussurra. Ash le accarezza i capelli. «Già. E io ti voglio bene perché sei una svitata completamente fuori di testa. Dai, andiamo.» Misty annuisce, accingendosi a seguirlo. Ma un fruscio proveniente da un punto imprecisato alle loro spalle richiama la loro attenzione. «C-che cosa è stato?» mormora Misty, guardandosi attorno spaventata. Ash le prende la mano. «Solo un animale… probabilmente.» La ragazza lo fulmina con lo sguardo. «Un animale? E questo dovrebbe farmi sentire meglio?» esclama, pensando al cervo. Ash si morde le labbra. «Hai ragione, no.» Un ringhio basso e gutturale proviene da qualche punto del sottobosco. Misty stringe forte la mano di Ash. Lupi. Tre, dal manto grigio, le bocche come foreste di denti aguzzi e acuminati come piccoli coltelli, gli occhi pozze completamente nere nei musi affilati. Tremando, Misty indietreggia fino a trovarsi dietro ad Ash. Si aggrappa al suo braccio, osservando i tre lupi da sopra la sua spalla. «Torniamo indietro lentamente.» sussurra il ragazzo, cercando di impedire alla propria voce di tremare. Fa un passo indietro. E nello stesso istante il più grosso dei tre lupi grigi spicca un balzo in direzione del suo volto. Ash fa appena in tempo a portare un braccio davanti al viso, chiudendo gli occhi; poi il lupo gli è addosso e lo spinge a terra, facendolo cadere all’indietro sull’erba. Quando il ragazzo riapre gli occhi, le zanne grondanti bava del lupo sono a non più di due centimetri dal suo viso. Riesce a spingere via l’animale, rotolando in modo di trovarsi sopra di lui. Si alza in piedi, e vede Misty che impugna il ramo di un albero come una spada, cercando di tenere a bada gli altri due lupi. «Misty!» Una delle due bestie spicca un balzo, le zanne aguzze sfoderate verso la gola della ragazza. Misty lancia uno strillo e, lasciando perdere il bastone, porta le braccia al viso per proteggersi. Veloce quanto le sue gambe glielo permettono, Ash raggiunge il ramo lasciato cadere dalla ragazza e lo raccoglie; colpisce il lupo con tutte le sue forze, cercando di ignorare la tremenda fitta di dolore che gli attraversa la spalla. Misty cade seduta. Prima che Ash possa sferrare un altro colpo all’animale, l’altro lupo, quello che si era lasciato alle spalle, balza sulla sua schiena e lo spinge di nuovo a terra. La violenza dell’urto è tale da lasciarlo senza aria nei polmoni per qualche istante. Misty raccoglie una grossa pietra dal terreno e la lancia in direzione del muso del lupo che tiene Ash bloccato a terra. La pietra colpisce la testa dell’animale, che lascia andare il ragazzo con un uggiolio. Il lupo guarda Misty ringhiando, per un lungo istante. Poi, per nessun motivo comprensibile, con un balzo scompare fra i cespugli. Gli altri due lupi indugiano per qualche istante; poi seguono fra la vegetazione quello che presumibilmente era il capobranco. La ragazza si lascia cadere in ginocchio sull’erba, tremando. Solo quando avverte un dolore bruciante al braccio destro si rende conto della profonda ferita lasciata dagli artigli di uno dei lupi. Vi stringe attorno le dita, cercando di fermare il sangue. Ash si inginocchia al suo fianco. «Sei ferita?» «È… è solo un graffio» mormora la ragazza. Lui le scosta con delicatezza la mano dal braccio. Misty lo sente trasalire. «Non è solo un graffio.» afferma «Sanguini… aspetta.» si toglie lo zaino e vi fruga all’interno fino a trovare un fazzoletto, che usa per bendare la ferita della ragazza. «Ecco.» sussurra, annodando strettamente i due lembi del pezzo di stoffa. «G-grazie.» sussurra lei, ancora tremando «Tu stai bene?» Ash annuisce. «Solo qualche livido.» mormora. Poi, sentendo la sua paura, la prende fra le braccia e la tiene stretta, nonostante il dolore alla spalla, cercando di tranquillizzarla. Misty si libera del suo abbraccio per guardarlo negli occhi. «Erano gli spiriti, vero? Li hanno mandati loro.» Con un sospiro, Ash si alza in piedi. «Temo di sì. Hai visto gli occhi?» «Sì.» la ragazza si alza e gli prende la mano, cercando un minimo di sicurezza in quel piccolo contatto fisico «Credi che ci attaccheranno di nuovo?» «Non lo so.» mormora Ash «Vorrei dirti di no, ma credo che ormai si siano accorti della nostra presenza… e non credo che gli faccia molto piacere.» «Dobbiamo trovare l’altare.» afferma Misty, guardandolo negli occhi «Presto.» Ash annuisce. E i due ragazzi riprendono il cammino. Capitolo XIII - Il secondo attacco degli spiriti Misty si guarda intorno nervosamente, come aspettandosi di veder ricomparire da un momento all’altro i tre lupi grigi. Qualsiasi sia stata la causa della loro fuga, dubita fortemente che sia stata la pietra che lei ha lanciato. «Credi che torneranno?» chiede, mordendosi le labbra. Ash si volta verso di lei. «I lupi, vuoi dire? Non lo so. Non credo.» La ragazza lo guarda negli occhi. «Allora… credi che gli spiriti ci manderanno contro qualcos’altro?» «Non lo so.» Ash sospira «Come va il tuo braccio? Fa male?» Misty scuote la testa. «No. Non è niente. È solo un graffio, te l’ho detto.» Ash non risponde. Per la verità pensa che sia una ferita piuttosto seria, ma evita di dirlo ad alta voce. La ragazza abbassa la testa. «Grazie di avermi difesa, Ash.» sussurra. «Ehi.» Ash le prende la mano e la tiene stretta nella sua, e per una volta Misty non si ritrae «Sai bene che non lascerò mai che qualcuno ti faccia del male.» Lei si morde le labbra. Ash sente la sua mano irrigidirsi contro la propria. «Cosa c’è di diverso dal solito?» mormora Misty, senza alzare lo sguardo «Non sei mai così carino con me, Ash. È per via… è per via di quello che è successo ieri sera?» Ash la guarda. «Misty, no. Ti ho già detto di no.» ripete, a disagio «Eravamo d’accordo che quello non significasse niente, no?» Misty annuisce. «Ma tu…» sussurra, senza riuscire a trovare il coraggio di guardarlo negli occhi «…tu… provi qualcosa per me?» Il ragazzo abbassa lo sguardo. Misty vede le sue guance colorarsi di una lieve sfumatura di rosso. «A-allora?» lo esorta, non del tutto certa di voler sentire la sua risposta. Ash sospira e si ferma, voltandosi verso di lei. Riesce a guardarla negli occhi solo per pochi istanti, poi abbassa la testa. «Misty… io…» Qualcosa crepita di nuovo fra i cespugli, interrompendo qualunque cosa Ash stesse per dire. Misty sussulta spaventata e afferra di nuovo la mano del ragazzo, avvicinandosi istintivamente a lui. Il fruscio si ripete, e stavolta sembra provenire non da un solo punto, ma dall’intera foresta attorno a loro. E tuttavia, nessun animale esce allo scoperto. «Che cos’è?» sussurra Misty, stringendo forte la mano di Ash. Lui scuote la testa. «Non lo so.» mormora, gli occhi fissi su uno dei cespugli davanti a loro. Non sta solo crepitando adesso, bensì si sta muovendo, le fronde verdi si agitano come se qualcosa di molto grosso si stesse muovendo fra di esse. Eppure, nessun animale è visibile. Misty spalanca gli occhi. «Gli alberi.» sussurra. Ash la guarda. «Che?» «Gli alberi…» ripete la ragazza con un filo di voce, aggrappandosi con tutte le sue forze alla sua mano «Gli spiriti li stanno usando per attaccarci…» Qualcosa le sfiora una spalla, facendola trasalire. Si volta di scatto. I suoi occhi mettono a fuoco il ramoscello di un albero, misteriosamente tesosi verso di lei. Prima che abbia il tempo di voltarsi di nuovo, qualcosa la afferra strettamente per una caviglia, con tanta forza da trascinarla a terra. Misty lancia uno strillo, cercando di aggrapparsi con le dita tremanti ai ciuffi d’erba, prima che la cosa che le ha afferrato la caviglia la trascini via. «Lasciami!» urla, divincolandosi «Lasciami andare!» «MISTY!» Ash cerca di raggiungerla, ma i rami dei cespugli attorno a lui prendono vita e si protendono verso le sue braccia, avvolgendole ed imprigionandole in una morsa resistente, impedendogli di avanzare. «MISTYYY!» La ragazza riesce ad afferrare con entrambe le mani il tronco di un arbusto. Ma altri rami la afferrano per la vita e la trascinano via, costringendola a lasciare la presa. Le palme delle sue mani si graffiano dolorosamente strusciando sul legno ruvido, e lucide macchie di sangue macchiano gli sterpi a cui cerca disperatamente di aggrapparsi. «ASH!» Ash cerca di liberarsi dei rami che lo bloccano, ma inutilmente. Per quanto sottili, sono solidi come l’acciaio. Ne afferra uno con entrambe le mani e lo strattona con tutte le sue forze, ignorando il dolore alla spalla. Il ramo si spezza, ma almeno altri dieci giungono a sostituirlo. Uno si stringe attorno alla sua gola, con tanta forza da mozzargli il fiato. «Misty…» riesce a sussurrare, con un filo di voce. Ma la ragazza viene trascinata lontano da lui, fino a scomparire alla sua vista. Gli spiriti della foresta sono riusciti nel loro intento, ovvero separarli. La stretta sulla gola del ragazzo si stringe al punto di impedirgli completamente di respirare. Ash piega la testa all’indietro, cercando disperatamente di vincere quella stretta folle e di inspirare; ma non un filo d’aria raggiunge i suoi polmoni. La sua visuale si oscura lentamente. Con le ultime forze che gli restano, riesce ad afferrare il ramo e a strattonarlo fino ad allentare la stretta. Cerca di riprendere fiato, respirando affannosamente. Il ramo torna a stringere, minacciando di serrarsi di nuovo attorno alla sua gola in quella morsa letale. Facendo appello a tutte le proprie forze, Ash riesce a spezzarlo, e lancia lontano i frammenti di legno rimasti fra le sue dita. Il pensiero di Misty prigioniera e lontana da lui è sufficiente a restituirgli l’energia necessaria a liberarsi dei rami e delle radici che lo bloccano, strattonandoli e torcendoli con le mani e con i denti. Quando l’ultima fronda molla la presa, Ash cade in ginocchio sull’erba, stremato. Il dolore alla spalla è atroce, ma non può preoccuparsene ora. Deve trovare Misty. Capitolo XIV – "Sempre" è una parola senza senso Quando la radice molla la presa sulla sua caviglia, Misty si ritrova sola. Sola e del tutto indifesa in mezzo alla sconosciuta foresta di Green Island. Ha le braccia e le gambe coperte di graffi, ma nessuno sembra grave. Si alza in piedi. Una fitta acutissima di dolore le attraversa la caviglia destra, quella stretta dal rampicante, rischiandola di farla ricadere a terra. Pallida per il dolore, la ragazza si aggrappa allo spesso tronco di un albero, bilanciando il peso sull’altro piede. Prova a muovere qualche passo, usando gli alberi come appigli; ma non appena posa a terra il piede destro un’altra fitta le fa quasi salire le lacrime agli occhi. Con un gemito, la ragazza si lascia cadere seduta sull’erba, stringendo le mani attorno alla caviglia dolorante. Si sta gonfiando, lo sente sotto le dita. Dev’essere una slogatura. Fa un male tremendo. Camminare è assolutamente fuori discussione, anche se così non troverà mai Ash… Ash. Per quello che ne sa, gli spiriti della foresta potrebbero averlo già ucciso. Ed anche se non l’avessero già fatto, potrebbero ucciderlo da un momento all’altro. «Al diavolo.» mormora fra i denti, e mordendosi le labbra per resistere al dolore riesce faticosamente a rimettersi in piedi. Non riesce a fare più di qualche passo; poi il dolore la obbliga a fermarsi, ansimando. Ash… Improvvisamente, una voce parla nella sua testa, e al tempo stesso sembra provenire da ogni punto attorno a lei. Misty impiega qualche istante a riconoscerla, ma quando infine ci riesce non ha alcun dubbio: è la voce che ha udito in sogno, quella che ha pronunciato le parole finali poco prima del suo risveglio. «Di che cosa hai paura?» sussurra la voce. «C-chi diavolo sei?» mormora Misty, terrorizzata. Una risatina di scherno aleggia nell’aria attorno a lei. Misty ha l’impressione di sentire due dita spettrali posarsi sulla sua fronte, nonostante non riesca a vedere niente davanti a sé. «Posso sentirla sai? La tua paura.» Misty indietreggia. Una fitta terribile alla caviglia slogata la fa cadere di nuovo seduta. «CHI CAVOLO SEI?» urla, rivolgendosi all’intera foresta attorno a sé. «Niente dura in eterno.» sussurra la voce per tutta risposta. Arrendendosi all’evidenza di non potersi alzare per correre via, Misty stringe le ginocchia al petto, tremando. «Chi sei e che diavolo vuoi da me?» mormora, mentre i suoi occhi si riempiono di lacrime. «Niente dura in eterno.» ripete la voce in tono subdolo «Neanche voi!» aggiunge poi, esattamente come nel suo sogno. «C-che vuoi dire?» mormora Misty, con la voce che trema. «Non l’amore.» adesso la voce sembra provenire da ogni albero, da ogni ramo, da ogni foglia e da ogni filo d’erba, e rimbomba dolorosamente nella testa della ragazza «Non l’amicizia. Non l’affetto. Niente di tutto questo è eterno. Niente dura per sempre.» «Che vuoi dire?!» ripete la ragazza, ora quasi strillando. Una lacrima scende sulla sua guancia. «Non capisci vero?» continua la voce «Non vuoi accettarlo… non potresti mai. Ma dentro di te hai già capito…» «No…» Misty scuote la testa, comprendendo ciò che la voce intende dire. Le lacrime traboccano dai suoi occhi e iniziano a scorrere copiosamente sulle sue guance, inarrestabili. «No, no…» La voce scoppia in una risata malvagia. Se fosse un’entità fisica, probabilmente avrebbe gettato la testa all’indietro spalancando la bocca, e i suoi lunghi denti acuminati avrebbero riflettuto la luce. «Lo sai… lo sai… amore, amicizia, affetto… tutto ciò che vi lega… niente dura in eterno… e niente può cambiare il destino!» Misty si copre le orecchie con le mani, scuotendo la testa. «No non è vero NO!» La risata malvagia della voce esplode attorno a lei, con tanta forza da smuovere le fronde degli alberi. «Guarda con i tuoi occhi!» «No…» sussurra la ragazza. I cespugli si ritirano, mostrandole ciò che fino a pochi attimi prima nascondevano. E non appena Misty vede, qualcosa dentro di lei va in frantumi. Ash giace a terra, immobile, il volto premuto sull’erba. La sua schiena non si solleva al ritmo di un respiro. E Misty sa già che, se lo raggiungesse e prendesse fra le dita il suo polso, non sentirebbe alcun battito. E tuttavia si alza in piedi, per correre da lui. Ma la caviglia slogata cede sotto il suo peso, facendola finire lunga distesa a terra. Del tutto impotente, vede attraverso un fiume di lacrime le radici di alberi e cespugli protendersi verso il corpo senza vita di Ash, stringersi attorno ad esso e trascinarlo giù, verso le profondità della terra. «NO!» Misty cerca disperatamente di rialzarsi. Ma la caviglia pulsa di dolore, e si rifiuta di sostenere il peso del suo corpo. «Ash…» Ash viene trascinato sotto terra, fra le radici di un’enorme quercia. Le sue dita, leggermente piegate, lasciano piccoli solchi nel terreno prima di scomparire. «ASH… NO…» Misty scoppia in singhiozzi disperati, che scuotono le sue spalle con violenza. «Che cosa ti aspettavi?!» ulula la voce «Non puoi più fare niente… è troppo tardi per lui! Come sarà troppo tardi per te!» «Uccidimi!» singhiozza la ragazza, senza alzare il capo da terra «Ti prego… uccidimi e basta… uccidimi e basta!» «Non lo raggiungeresti… la sua anima ci appartiene!» la voce scoppia di nuovo nella sua terribile risata «Che c’è, credevi che saresti stati insieme per sempre? Credevi che il vostro amore sarebbe stato eterno? Stupida! Niente dura in eterno! “Sempre” è una parola senza senso!» «Non è vero!» Misty urla con tutto il fiato che ha in corpo, alzando il volto solcato di lacrime «NON È VERO!» Si alza in piedi a fatica, scaricando il peso sulla caviglia sana. «Lui non è morto!» urla, gli occhi ardenti di rabbia «Non posso crederlo! Tutto questo… non è reale! È solo un illusione, ASH NON È MORTO!» «Non è la verità…» soffia la voce «Non è la verità lo sai bene… lui è morto!» «NO!» il grido di Misty è talmente forte che se la voce fosse una creatura realmente in piedi di fronte a lei finirebbe a gambe all’aria «NON È VERO! NON LO È! Tu hai letto la mia paura e l’hai resa reale, ma tutto questo è solo un’illusione!» «Urlare non ti servirà…» «TACI!» Misty si asciuga le lacrime, ora di rabbia «Se Ash fosse morto io lo saprei, lo sentirei! Tu puoi far avverare le paure della gente vero? Ma sono solo illusioni! Io non ho paura di te quindi ora LASCIAMI IN PACE!» «Non è con la rabbia che lo riporterai indietro!» urla la voce. Misty si preme le mani sulle orecchie. «VATTENE VIA!» urla «TUTTO QUESTO È UN’ILLUSIONE! VATTENE VIA, VIA, VIAAA!» La foresta attorno a lei sembra esplodere. Ogni albero, ogni ramo, ogni foglia vive di vita propria, sibila e fruscia in un crescendo ossessivo e insopportabile che rimbomba nella sua testa. Misty cade in ginocchio, prendendosi la testa fra le mani. La caviglia destra si piega sotto il suo corpo, inviandole una fitta di dolore talmente intensa da farla urlare. La voce della foresta, quella fatta di fruscii e sibili e mormorii, urla attorno a lei e nella sua testa, tanto intensamente da far male. «Basta!» Misty preme le mani contro le tempie «BASTA!» I rami di alberi e cespugli si tendono verso di lei come fruste, le graffiano le braccia e le gambe come se volessero strapparle via la pelle, le colpiscono il volto, mentre quell’orrendo coro di suoni continua ad intensificarsi nella sua testa. La ragazza si lascia cadere a terra, fino a ritrovarsi col viso premuto contro il terriccio umido, come nel suo sogno. «Basta…» sussurra, con voce tanto sottile da udirla a malapena lei stessa. Serra le dita attorno ad una manciata di terra, scavandovi profondi solchi. Il coro di fruscii esplode nella sua testa. Un dolore lancinante le attraversa le tempie, poi tutto viene avvolto dal buio. Capitolo XV - Verità e illusioni «MISTY!» Il grido di Ash echeggia fra gli alberi, senza ricevere alcuna risposta. Il ragazzo si lascia sfuggire un sospiro di frustrazione. Potrebbe non trovarla mai, in questa immensa distesa di verde incolto. O potrei trovarla… morta. Scuote con forza la testa, per scacciare quel pensiero. Misty è in gamba. È in grado di cavarsela praticamente sempre. Non ha alcun motivo di preoccuparsi. Ma non riesce a smettere di chiedersi se stia bene. «MISTYYY!» All’improvviso si riffaccia alla sua mente l’immagine di Misty così come l’ha vista in sogno, tremante e indifesa; un’immagine di cui non riesce in alcun modo a liberarsi. Se dovesse accadere qualcosa a Misty prima che riesca a trovarla non potrebbe perdonarselo mai. «È di questo che hai paura?» Ash si volta di scatto, per cercare di capire da dove provenisse quella voce. Ma non c’è nessuno dietro di lui, e in più non è affatto certo che quella che ha sentito fosse una voce umana. «Chi accidenti sei?» ringhia, con rabbia. Qualche attimo di silenzio, durante il quale Ash ha la sensazione di percepire, non con gli occhi fisici bensì con la mente, un sorrisetto beffardo. «Temi di perderla?» chiede la voce «È questo che temi?» Ash trattiene il respiro, riconoscendo la voce. È quella che ha sentito in sogno, poco prima di svegliarsi. «Chi cazzo sei?» «Non potrai proteggerla per sempre.» sussurra la voce «Lo sai.» Il ragazzo scuote la testa. «Non lo so invece.» ringhia «E piantala di dire stronzate e fatti vedere! CHI CAZZO SEI?!» Una risatina. «Hai paura vero? Hai paura di non rivederla… e di non poter rispondere alla sua domanda…» «Non ho paura.» afferma Ash, nonostante sia terrorizzato «Sono certo che Misty saprà cavarsela. E non si lascerà fregare… da te.» «E tu la vuoi ritrovare, vero?» sghignazza la voce «Vuoi essere il cavaliere che salva la fanciulla? Ma non sei in grado di cavartela da solo…» Ash indietreggia di un passo. «Smettila.» Ancora risate. «Forse potrebbe essere troppo tardi.» «No.» il ragazzo scuote la testa «No. No, questo no.» «Perché ti sentiresti in colpa vero?» la voce continua a parlare, e sembra conoscere tutte le peggiori paure di Ash «Non potrai proteggerla per sempre…» «Falla finita!» Ash si copre le orecchie con le mani «Chi cazzo sei, il folletto della paura? Beh, sappi che non riuscirai a spaventare me.» «Forse è troppo tardi…» ripete la voce, in tono cantilenante «Forse è troppo tardi…» Improvvisamente i rami degli alberi prendono vita, e si protendono verso di lui. E prima che Ash abbia il tempo di reagire, si avvolgono attorno alle sue braccia e alle sue gambe, di nuovo. «Forse è troppo tardi per te.» sogghigna la voce. Ash cerca di liberarsi; ma il dolore alla spalla è ormai così forte da impedirgli quasi di muovere il braccio sinistro. Si lascia sfuggire un urlo quando uno dei rami che lo imprigionano gli storce il braccio all’indietro. La voce sghignazza. «Piantala!» Ash strattona i rami con tutte le sue forze, mordendosi le labbra per resistere al dolore «PIANTALA!» Riesce a liberarsi, finendo lungo disteso sull’erba. Altri rami si allungano per cercare di afferrarlo; ma Ash riesce a correre via. Le fronde di ogni albero e di ogni cespuglio che supera durante la sua corsa cercano di ghermirlo, protendendosi come piccole mani scure, e graffiandogli le braccia e il volto. La voce continua a ridere. Qualcosa blocca la corsa del ragazzo, facendolo finire di nuovo disteso a terra. Nella caduta sbatte malamente la spalla già dolorante, e il dolore è tanto intenso da farlo urlare di nuovo. «Non credi alle mie parole.» sussurra la voce «E allora guarda.» Ash alza la testa. E il suo cuore manca un battito. Misty giace a terra, a qualche metro di distanza da lui, apparentemente priva di conoscenza. «MISTY!» Ash si alza in piedi di scatto e la raggiunge correndo, lasciandosi cadere in ginocchio al suo fianco. La afferra per una spalla, scotendola prima con cautela, poi con maggiore energia. «Misty. Misty!» La ragazza non reagisce. In preda ad un nuovo, folgorante terrore, Ash le posa due dita sulla gola; solo quando sente il lieve battito del suo cuore lascia andare il fiato che ha trattenuto senza accorgersene. «Soddisfatto adesso?» sussurra la voce in tono orribilmente compiaciuto «A lei avevo mostrato un’illusione… ma a te posso mostrare la realtà.» Ash non la sente nemmeno. Tutta la sua attenzione è concentrata su Misty. «Misty ti prego…» sussurra, tendendo una mano tremante a scostarle i capelli dal volto pallido «Ti prego… svegliati…» Lei non ha alcuna reazione. Tutto ciò che dimostra che è ancora viva è il lento alzarsi e abbassarsi del suo petto, al ritmo di un debole respiro. Ash continua ad accarezzarle piano i capelli, sperando con tutte le sue forze che la ragazza apra gli occhi. Adesso capisce che cosa Misty intendesse dire quando ha affermato di non essere mai stata in vita sua tanto spaventata come quando lui aveva rischiato la vita a Shamuti. «Svegliati avanti… Misty…» Il viso della ragazza rimane pallido e immobile, le palpebre serrate. Ash digrigna i denti. «Io odio questa maledetta foresta!» urla, rivolgendosi all’interminabile distesa di alberi attorno a lui «LA ODIO!» Un ringhio sommesso gli giunge alle orecchie. Un brivido percorre la schiena del ragazzo, che lo riconosce come il ringhio di uno dei tre lupi grigi che li hanno attaccati prima. Non riesce a vederli, ma non possono essere lontani. Se non si muove da lì, lui e Misty saranno un facile bersaglio… e non riuscirebbe mai a difendere Misty da un ulteriore attacco di quegli animali. Non se lei non riprende conoscenza. Fa un ultimo tentativo di svegliarla. «Coraggio Misty! Avanti devi svegliarti… forza!» Gli occhi della ragazza restano chiusi. Il ringhio si ripete, più vicino. Ash si guarda intorno nervosamente, poi torna a volgere la propria attenzione su Misty. Si chiede se sia abbastanza forte per prenderla in braccio, decide di no e il più veloce possibile la prende sulle spalle alla maniera dei pompieri, sforzandosi di resistere al dolore ormai quasi insopportabile alla spalla sinistra. Si alza in piedi lentamente. Si rende subito conto che non potrebbe mai correre con lei sulle spalle, ma se si tratta solo di camminare per allontanarsi da lì può farcela. Con cautela, si piega in avanti, per bilanciare meglio il peso della ragazza. Inizia a camminare, alla massima velocità che le gambe gli consentono, tenendo stretta Misty per impedirle di cadere. Dopo qualche minuto, però, il peso della ragazza inizia a farsi sentire. Misty pesa poco, meno di quanto Ash si sarebbe aspettato, ma è comunque parecchio per un quattordicenne di corporatura minuta… soprattutto se il quattordicenne in questione ha una spalla che fa un male d’inferno. Si ferma per riprendere fiato. «Ash…?» sussurra piano Misty, con voce appena percettibile. Il ragazzo si lascia sfuggire un sospiro di sollievo. «Va tutto bene.» sussurra «Va tutto bene, stai tranquilla.» «Mettimi giù, sto bene.» mormora Misty. «Sicura?» chiede lui, rimpiangendo di non poterla vedere in viso. La ragazza annuisce. Con cautela, Ash la deposita sull’erba. Il volto di lei si contrae in una smorfia di dolore quando posa a terra il piede destro. Ash la guarda preoccupato. «Che cos’hai?» «Niente di grave.» Misty scuote la testa «Credo di essermi slogata una caviglia.» Lo guarda, e i suoi occhi si riempiono di lacrime. Inaspettatamente gli butta le braccia al collo, stringendolo forte. «Io sapevo che era solo un’illusione…» sussurra, scoppiando in singhiozzi «Lo sapevo…» Ash trasale quando il braccio di Misty sfiora la sua spalla, e solo mordendosi le labbra riesce a non urlare. «Attenta…» mormora debolmente «…la spalla…» «Scusami.» Misty lo libera dall’abbraccio e scuote la testa, asciugando le lacrime che ancora scorrono sulle sue guance «Gli spiriti mi hanno fatto credere… che tu fossi morto, Ash.» sussurra. Lasciando perdere la spalla, Ash la prende fra le braccia e la stringe a sé, facendole posare il capo sul proprio petto. «Dio.» mormora «Misty, non piangere. Va tutto bene, sono qui ora.» Rimangono stretti ancora per qualche istante. Anche se non lo ammetterebbe se lei glielo chiedesse direttamente, non c’è nient’altro in questo momento che Ash desideri più che tenere Misty fra le proprie braccia. Ha avuto troppa paura di perderla. Capitolo XVI - Rabbia «La tua caviglia?» chiede Ash, guardando preoccupato la ragazza «Ti fa male? Credi di farcela a camminare?» Misty fa una smorfia. «Credo di no. Mi fa un male del diavolo.» Ash la guarda. «Vuoi… che ti prenda sulle spalle?» «No.» Misty scuote la testa «No, ti farei male. La tua spalla…» «Lascia perdere la mia spalla.» afferma Ash, aggrottando le sopracciglia «Così ti farai male tu. Io posso farcela.» Lei scuote la testa, sorridendogli con negli occhi qualcosa di ben più profondo dell’affetto. «Hai già fatto anche troppo, Ash.» sussurra «Dico davvero, non c’è bisogno che mi porti sulle spalle.» «Ma non puoi camminare.» puntualizza lui, guardandola. «Forse.» afferma lei «Non lo so.» Ci prova, ma dopo un paio di passi è costretta a fermarsi, con una smorfia. Ash scuote la testa. «Basta così.» mormora «Dai, avanti, Misty.» «No Ash.» ripete lei, riuscendo ad imprimere nel tono della propria voce una risolutezza tale da poter convincere un muro a spostarsi, se quella fosse stata la sua richiesta. Ma non abbastanza per convincere Ash. «Ma che diavolo hai, il complesso della martire?» esclama lui, guardandola quasi con rabbia «Misty, lo vedo che la caviglia ti fa male. Non puoi camminare in queste condizioni!» Lei gli lancia un’occhiata eloquente. «E tu non puoi portarmi sulle spalle. Non con una spalla in quello stato.» Il ragazzo si lascia sfuggire un sospiro di frustrazione. «E va bene.» mormora, scuotendo la testa «Sai che ti dico? Facciamola finita. Piantiamola qui.» Misty lo guarda senza parlare. «Che diavolo ci importa di quella stupida profezia?» continua Ash, con rabbia «Siamo i prescelti. E allora? Perché dovrebbe importarci di questa stupida foresta? Non sappiamo nemmeno che accidenti dovremo fare, Misty! Voglio dire, stando a quello che diceva il tuo libro, noi dovremmo sacrificarci per salvare un mucchio di stupidi alberi inutili? Col cavolo.» Misty scuote la testa. «Morgan Meshomah non ha…» «Al diavolo quella vecchia rimbambita!» esclama Ash urlando, ormai completamente fuori di sé «Per quello che ne sappiamo, potrebbe essere appena scappata da un ospizio per vecchi malati di mente. Vuoi sapere cosa mi importa di quello che ha detto quella psicopatica? Non mi importa un cazzo, ecco cosa!» «Ash!» Misty lo osserva con gli occhi spalancati, perplessa e spaventata dalla sua reazione. «E vuoi sapere cosa penso di lei? Penso che…» continua a sbraitare Ash. Ma si blocca quando vede una lacrima rotolare sulla guancia di Misty. «Dio, Misty, scusami…» mormora, cercando di posarle una mano sulla spalla. Ma lei si ritrae, scostandosi non appena le sue dita la sfiorano come se si fosse scottata. Scuote la testa. «Si può sapere che diavolo ti è preso?» esclama, cercando di trattenere le lacrime che nonostante i suoi sforzi prendono a scorrere incessantemente sulle sue guance «Non ti ho mai visto… così, Ash! Che cavolo ti è successo? Ti sei trasformato in Mr. Hyde?» Ash la guarda senza capire. «Eh?» «Lascia stare.» taglia corto Misty «Insomma, si può sapere che diavolo ti prende? Che bisogno c’era di urlare in quel modo?» Il ragazzo abbassa lo sguardo. «Scusa.» mormora, senza osare alzare gli occhi «È che… Misty, non voglio che qualcuno ti faccia del male. Non lo sopporto.» Lei rimane in silenzio con lo sguardo fisso su di lui per qualche istante. Poi, senza una parola di spiegazione, gli si avvicina e lo bacia con pudica dolcezza sulle labbra. Ash la guarda, letteralmente senza parole. «Cosa…?» «Dimenticalo.» mormora lei, scuotendo la testa «Comunque, Ash… dobbiamo farlo. Non è solo questione di salvare questa foresta, se fosse solo per questo me ne fregherei anch’io. Ma il mio libro… quello che ho preso in biblioteca… diceva che il verde altare non è solo un omaggio degli uomini alla madre terra. Il verde altare è il simbolo del legame fra l’uomo e la natura, se andasse distrutto questo equilibrio sarebbe spezzato per sempre. E il nostro amico ranger non sarebbe l’unica vittima.» Il ragazzo aggrotta le sopracciglia. «Non mi avevi parlato di questo.» Misty abbassa lo sguardo. «Non volevo che tu pensassi… di dover salvare il mondo un’altra volta, Ash.» «Quindi, stando alla profezia sul tuo libro, noi non dovremmo sacrificarci per un paio di alberi, ma per il mondo…» Ash la guarda «Credevi forse che mi sarei tirato indietro, se l’avessi saputo?» Lei scuote la testa. «No. Non lo so… e comunque non so se quella profezia fosse giusta. Morgan Meshomah non ha detto che avremmo dovuto… morire.» «Lo credo.» mormora Ash, con una smorfia «Che ti aspettavi che dicesse, voi siete i prescelti e tanti saluti, andate nella foresta e prenotatemi un posto nell’aldilà appena vi fanno fuori?» Misty si lascia sfuggire un piccolo sorriso. «Okay, ammetto che a questo non avevo pensato.» dice «Certo che se la metti così sembra davvero una stronzata.» Lui sogghigna. «Esattamente. Allora, cos’era quella storia di Mr. Hyde?» «Oh, una sciocchezza.» Misty sorride di nuovo, rilassata, felice che tutto sia tornato alla normalità «Sai, quel libro, Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Dai, ne avrai sentito parlare.» «Veramente no.» afferma Ash, guardandola come se pensasse che le manchi qualche rotella. Misty sospira. «Lo scienziato beve una pozione e si trasforma in un mostro.» taglia corto «Allora, ci mettiamo a cercare quello stupido altare o no?» «Siamo al punto di partenza.» dice Ash, guardandola «Tu non puoi camminare.» La ragazza fa una smorfia, senza parlare. «Dovrebbero esserci almeno dei cartelli.» afferma Ash «Tipo, “di qua per il verde altare” e “di là per uscire dalla foresta”. Oppure…» Mentre parla, afferra casualmente un grosso ramo di un cespuglio e lo strappa via. Solo dopo una manciata di secondi il suo sguardo si posa su ciò che la fronda verde fino a quel momento celava. «Cristo!» esclama, impallidendo. «Che cosa c’è?» Misty lo raggiunge zoppicando, aggrappandosi poi al suo braccio per rimanere in piedi «Che succede?» Non importa che Ash le spieghi. Lo vede bene da sola che cosa c’è, e che succede. Fino al momento in cui Ash ha strappato il ramo, il cespuglio svolgeva il suo incarico di sentinella silenziosa, celando la base di pietra consunta dal tempo di una larga piattaforma a forma di trapezio. Al centro della quale… «Dio.» mormora Misty. «Dio! Ci siamo stato davanti per tutto questo tempo e nemmeno ce ne eravamo accorti!» Capitolo XVII - Il verde altare «L’altare.» sussurra Ash «È… il verde altare.» Misty annuisce senza parlare. In silenzio, sostenendosi con la mano agli spessi tronchi degli alberi per impedire alla caviglia dolorante di cedere sotto il peso del suo corpo, raggiunge la larga piattaforma grigia e ne sale i due gradini, trovandosi di fronte all’altare di pietra. «Misty…» Lei non risponde. Con la mano leggermente tremante scosta dal piano dell’altare i sottili rami dei cespugli avviluppatisi attorno ad esso come un’effimera rete verde. Lentamente, le sue dita riportano alla luce ciò che i rami e le foglie fino a quel momento celavano. La pietra grigia, fredda sotto il suo tocco, è così abilmente scolpita da sembrare sul punto di prendere a vivere: spiriti della foresta dagli occhietti lucenti sotto scomposte chiome ripiegano le dita sottili, lunghe, aguzze come coltelli attorno agli esili rami degli alberi. La loro pelle è coperta da vorticosi disegni scuri. Ninfe e driadi si lanciano alle spalle occhiate oblique e seducenti, danzando nelle lunghe vesti vaporose che fluttuano attorno alle loro gambe nude. Figure filiformi dai lunghi denti aguzzi si intrecciano attorno alle antiche parole di una profezia. Ash la raggiunge. «È quella del tuo libro?» chiede, sbirciando l’altare al disopra delle spalle della ragazza. La ragazza fa cenno di sì con il capo. «Che… che dobbiamo fare ora?» Con delicatezza, Ash fa scorrere lentamente le dita sulle parole incise nella pietra. Per l’ennesima volta, si chiede se non ci sia un errore, se i due prescelti non siano altre due persone, non lui e Misty. Legati da un amore così profondo, ha detto Morgan Meshomah raccontando la sua fiaba davanti al fuoco come una vecchia nonna, da essere più potente di ogni altra forza sulla terra. È questo che c’è fra lui e Misty? È vero che da tempo prova qualcosa per lei. Ma si è sempre sforzato di negarlo, e soprattutto di non definirlo amore. Nemmeno con se stesso. Ma la vecchia dai capelli d’argento e dallo sguardo di ghiaccio ha colpito nel segno. Se un giorno si trovasse a scegliere fra la vita di Misty e la propria, non la lascerebbe morire. Se fosse necessario… sì, darebbe la propria vita in cambio della sua. «Allora?» lo esorta Misty, distogliendolo dai suoi pensieri. Ash sospira. «Non lo so. Misty… pensaci. Possiamo sempre tornare indietro.» Lei lo guarda mordendosi le labbra. «Dobbiamo farlo Ash.» mormora «Lo sai. Non è solo per l’altare o per questa stupida foresta… non possiamo permettere che il legame fra l’uomo e la natura venga spezzato.» «Lo so.» taglia corto Ash «Me l’hai già detto. Dobbiamo salvare il mondo un’altra volta, non è così? Ma Misty… qui dice che dobbiamo morire.» Un’unica lacrima cade sulla guancia della ragazza. «Non voglio che muoiano altre persone, Ash. Non come quel ranger.» Lui la guarda senza parlare. «Però…» continua lei, guardandolo fisso con i suoi irresistibili occhi verdi «…voglio che tu vada via di qui, Ash.» Ash spalanca gli occhi. «Che?» «Mi hai sentito.» Misty abbassa lo sguardo «Ci ho pensato e voglio che tu ti allontani il più possibile da qui. Il rituale, qualunque cosa sia… lo farò io. Soltanto io. Tu… tu non morirai, Ash. Non lascerò che accada.» Il ragazzo la guarda. Poi, scuotendo la testa, la prende fra le braccia e la tiene stretta a sé. Il dolore alla spalla si fa sentire in una fitta acuta e intensa, ma Ash si sforza di ignorarlo. «Sarei un pazzo se me ne andassi e ti lasciassi qui a morire.» sussurra, baciando ripetutamente Misty fra i capelli «Faremo quel rituale insieme, Misty. E ti prometto che farò qualsiasi cosa per proteggerti.» «Forse hai ragione tu Ash.» mormora lei, senza sottrarsi al suo abbraccio «F-forse dovremmo lasciar perdere tutto e andarcene di qui… n-non voglio che tu…» Cerca disperatamente di non piangere, ma infine scoppia in singhiozzi, con il capo posato sulla spalla di Ash. Lui continua a tenerla stretta, dandole il tempo di calmarsi. Poi le prende il volto fra le mani e la bacia prima sulla fronte, poi sulle labbra, sfiorandole appena con le proprie, con un tocco quasi impercettibile e per non più di un istante. «Nemmeno io voglio vederti morire.» le sussurra, guardandola negli occhi colmi di lacrime «E farò qualsiasi cosa per impedire che accada, questo te lo prometto. Ma non possiamo andare via. Dobbiamo…» «…Salvare il mondo.» completa lei, cercando di stirare le labbra in un sorriso. Ash la guarda con affetto infinito. «Infatti.» Lei si morde le labbra. «Che dobbiamo fare, Ash?» Quasi trattenendo il respiro, si avvicina all’altare e scosta velocemente i rami dei cespugli che ancora ne nascondono parte della grigia superficie. Esattamente come si aspettava, nella roccia sono impresse quattro impronte di mani, come se fossero state premute nell’argilla fresca. Non ha bisogno di controllare per sapere che due delle impronte corrispondono perfettamente alle sue mani, e le altre due a quelle di Misty. Di colpo ricorda una parte della fiaba raccontata da Morgan Meshomah. Quando la foresta sarebbe stata messa in pericolo, i due prescelti avrebbero raggiunto l’altare, ed avrebbero formato con esso un cerchio magico… E le parole che ha pronunciato quando li ha informati della loro missione potrebbero apparire assai oscure e ambigue alle orecchie di qualche ignaro ascoltatore; ma, si rende conto, adesso non potrebbero essere più chiare. Una volta là, saprete cosa fare. Guarda Misty, e senza troppa sorpresa vede che nel medesimo istante anche lei alza gli occhi per guardarlo. «Lo sai vero?» La ragazza annuisce. «Siamo davvero noi i prescelti quindi.» mormora cupamente abbassando lo sguardo. Ash annuisce, senza parlare. Poi si accinge a posare le mani sulle due cavità nella roccia, ma Misty lo blocca afferrandogli un polso. «Aspetta Ash!» esclama, ansimando come se avesse appena finito di correre «Prima… prima rispondi alla mia domanda.» Non c’è bisogno che Misty specifichi di quale domanda si tratti, perché Ash non potrebbe saperlo con maggiore certezza. La domanda postagli dalla ragazza prima che le piante riuscissero a separarli. Prima che gli spiriti facessero nascere in lui il terrore di non poterle mai più dare una risposta. Tu… provi qualcosa per me? Si morde le labbra, abbassando il capo. Misty fraintende il suo silenzio. «L-lascia stare.» balbetta, imbarazzata «Io… sono stata una stupida a chiedertelo. Voglio dire… so di essere solo un’amica, per te.» «No.» sussurra lui dopo una lunga ed interminabile manciata di secondi, scuotendo la testa con lo sguardo ancora fisso a terra «Non lo sei.» Poi trova il coraggio di guardare Misty e, quando i suoi occhi incontrano quelli di lei, capisce improvvisamente che quella domanda non necessita delle parole come risposta. Senza esitare, le prende il volto fra le mani e la bacia con passione, assaporando finalmente la dolcezza delle sue labbra e delle lacrime che le bagnano, come da tanto, troppo tempo sognava di fare. «Ti amo Misty.» le sussurra. Capitolo XVIII - Il peso del mondo Lei lo guarda con gli occhi spalancati, chiedendosi se questo non sia l’ennesimo sogno destinato ad interrompersi bruscamente al suo risveglio. Ma in nessun sogno ha sentito il battito del proprio cuore andare a mille, rimbombandole nelle orecchie. In nessun sogno si è mai sentita così. Ash la guarda. «E… tu?» le chiede, con una sottile nota di esitazione nella voce. Lei scuote la testa. Un piccolo sorriso si dipinge sul suo volto. «Ti amo anch’io.» sussurra piano, cercando di non sbattere le palpebre per impedire alle lacrime di traboccarle dagli occhi «Non sai… non sai quanto ho aspettato… e quanto ho sognato… questo momento, Ash.» Il ragazzo la guarda negli occhi ancora per qualche istante. «Credimi, l’ho aspettato anch’io.» mormora. Poi le circonda la vita con le braccia e la bacia di nuovo, con tutta la passione di cui è capace. «Dobbiamo farlo.» sussurra lei non appena Ash allontana le labbra dalle sue. «È il nostro destino.» Lui annuisce. Per un lungo istante tiene ancora le mani calde attorno alla vita di Misty, poi le rivolge un sorriso triste e si volta verso l’altare. Le impronte sulla pietra grigia combaciano con le sue mani con perfezione assoluta. È come se quella dura lastra di pietra fosse un tempo stata liquida, e lui stesso vi avesse premuto sopra le mani lasciandola asciugare con quell’incancellabile marchio sulla fredda superficie. Misty si accinge a posare le mani sull’altare. Si blocca all’ultimo momento, le dita esili a pochi centimetri dalla roccia. «No aspetta non voglio farlo.» dice con la voce che trema, guardando Ash con determinazione «Voglio che tu te ne vada.» Lui scuote la testa. «Non ti lascerò qui sola. E comunque il rituale non funzionerebbe se soltanto uno di noi restasse qui.» «Credi?» mormora lei, con gli occhi nuovamente pieni di lacrime luccicanti. «Ne sono sicuro.» Ash annuisce «Altrimenti non ti avrei mai lasciata venire.» Misty lo guarda, con negli occhi tutto quello che prova per lui. Non solo amicizia, o affetto, ma l’amore. Quello vero. Le lacrime cadono sulle sue guance. «Ti amo Ash.» sussurra. «Ti amo anch’io.» afferma lui, con gli occhi fissi nei suoi «Adesso non dire più niente okay? Facciamolo e basta.» La ragazza fa cenno di sì con il capo. Ma ancora una volta le sue mani non arrivano a sfiorare l’altare. «Ash…» esclama, alzando di colpo gli occhi verso di lui «…il mio libro diceva anche un’altra cosa…» Lui scuote la testa. «Shh.» sussurra «Basta così. Non serve che tu dica altro.» Misty annuisce, abbassando nuovamente lo sguardo verso le proprie mani. Dopotutto, è impossibile che ciò che ha letto sulle pagine ingiallite dello spesso volume rilegato in tela rossa si riferisca a lei e ad Ash. Può capitare solo ogni tredici generazioni. Non è possibile che tocchi a loro. Sarebbe un caso troppo fortuito. Mordendosi le labbra, posa le mani sull’altare. Un uragano la travolge, o almeno questa è la sua impressione. Una forza antica e fino a quel momento sopita, risvegliata dal contatto delle mani dei due prescelti con la fredda superficie di pietra dell’altare. Il cerchio magico di cui Morgan Meshomah ha parlato raccontando la sua favola. Un’energia potente, immane, indescrivibile, che succhia via la vita dal suo corpo e la dona alla terra. Un’esplosione di luce bianca senza alcuna possibile origine non paranormale, tanto intensa da ferirle gli occhi, viva, assoluta, abbagliante, tanto forte da cancellare i contorni delle cose quasi con lo stesso valore del buio. Mentre l’energia vitale si trasferisce rapidamente dal suo corpo alla terra, per la salvezza di Green Island, del verde altare e del mondo intero, Misty alza un’ultima volta lo sguardo verso Ash. E le pare che, al di là dell’immenso fascio di luce bianca, lui le sorrida. Un istante dopo la caviglia slogata cede sotto il peso del suo corpo e la ragazza, del tutto priva di forze, crolla a terra in ginocchio, senza però staccare le mani dal piano dell’altare. Un ultimo pensiero prende forma nella sua mente, prima di sprofondare nell’oblio dell’incoscienza: un paragrafo scritto quasi frettolosamente alla fine del libro preso in biblioteca. Ogni dodici generazioni di prescelti, con la tredicesima sarebbero venuti al mondo un ragazzo e una ragazza legati da un sentimento immane, oltre l’amore, più potente non già di ogni forza su questa terra, ma dell’universo intero. Legati da un sentimento tanto potente da… Mentre un fascio di luce bianca la investe, poco prima che nella sua mente sia il buio un piccolo sorriso si dipinge sul suo volto. Capitolo XIX - Il sole su Green Island Un mazzo di carte viene mescolato con abilità da vecchie mani nodose, per poi scomporsi e disperdersi nell’aria, mostrando le facce fino a quel momento nascoste: le immagini di antichi tarocchi la fissano con occhi vuoti e neri, i volti contratti in sogghigni segreti ed invisibili dietro le maschere. Il cervo si inginocchia sulla riva del fiume, ad immergere nell’acqua color fango il suo palco di corna, sporche del sangue del ranger. La corrente trascina con sé orribili rivoletti rosso scuro, che lentamente si fondono con l’acqua diventando del tutto irriconoscibili. Una delle carte del mazzo volteggia davanti ai suoi occhi. Gli amanti. Un ragazzo ed una ragazza si tengono per mano sulla liscia superficie bidimensionale, lei ha lunghi capelli rossi e grandi occhi verdi e lui ha occhi scuri e intensi e capelli neri. Legati da un sentimento tanto potente… Le radici degli alberi ghermiscono un corpo senza vita e lo trascinano verso le oscure viscere della terra. Una mano pallida, sporca di sangue, immobile, graffia la terra prima di scomparire. Le unghie si spezzano, sporche di terriccio scuro. Le carte cadono sul pavimento di una vecchia stanza, tutte capovolte eccetto una: un largo mantello nero avvolge il corpo di una scheletrica figura, le mani prive di pelle strette attorno al manico di una scintillante falce; il volto sotto il cappuccio è un teschio ingiallito dalle orbite vuote e nere. Labbra calde si posano dolcemente sulle sue. Qualcuno le cinge la vita in un abbraccio, intenso contatto fisico, e le sussurra parole il cui suono si è perso nel vento. Qualcuno la tiene stretta a sé, le fa nascondere il volto contro il proprio petto. Un ragazzo ed una ragazza vissuti tanto tempo prima, tredici generazioni prima, posano le mani sulla superficie grigia, offrendo le proprie vite alla terra. Una carta sta ancora volteggiando nell’aria. Si posa a terra con grazia sul mazzo caduto, andando a coprire la figura vestita di nero. Sono gli amanti, e ancora si tengono la mano e sorridono. …da poter vincere anche la morte… … Misty apre gli occhi, trovandosi a fissare il cielo azzurro e sgombro sopra la propria testa. Un vago ricordo di un sogno di carte e di arcane parole riaffiora per un attimo nella sua mente, per poi svanire di nuovo. Lentamente, quasi per accertarsi di essere ancora viva, prova ad articolare le dita, trovandosi a sfiorare piano sottili fili d’erba. Di colpo ricorda. La profezia, l’altare. La tredicesima generazione. Sorride. Aveva ragione, dunque. Ciò che lega lei e Ash è tanto potente da essere più forte di qualsiasi cosa. Anche della morte, quella con il mantello nero e la falce, e il ghigno scheletrico sotto il cappuccio. Si tira su da terra, appoggiandosi languidamente sui gomiti come se si fosse appena svegliata fra le candide lenzuola del proprio letto, dopo una lunga e indisturbata notte di sonno. Ash giace sull’erba di fianco a lei, come profondamente addormentato. Ogni residuo timore nel cuore di Misty si dissolve, non appena vede il lento e regolare alzarsi e abbassarsi del suo petto. Tende una mano ad accarezzargli una guancia, e lo sente sussultare appena sotto il tocco della sue dita. Gli occhi di Ash si aprono lentamente, profondi e smarriti. Il suo sguardo confuso si posa sulla ragazza. «Misty…?» Lei sorride. «Ciao Ash.» sussurra, chinandosi verso di lui per baciarlo su una guancia. Il ragazzo si alza a sedere, guardandosi intorno con aria incerta. «Siamo… ancora vivi?» chiede, voltandosi verso Misty. Per tutta risposta, lei raccoglie il proprio zaino, per terra vicino a lei. Con uno strano sguardo negli occhi, lo apre e ne estrae qualcosa: il libro dalla copertina rossa. Lo apre ad una pagina contrassegnata da un angolo piegato a mo’ di segnalibro, e senza dire niente lo porge ad Ash. Il ragazzo scorre rapidamente le parole, senza capire. Poi alza gli occhi verso Misty. «E questo che vorrebbe dire?» chiede. La ragazza riprende il libro e lo chiude, posandolo sulle proprie ginocchia. «Ogni tredici generazioni,» spiega, guardandolo negli occhi «nascono due prescelti legati da un sentimento tanto profondo da andare oltre l’amore, e tanto forte da poter addirittura vincere la morte.» Ash si passa nervosamente una mano fra i capelli. «E…?» Misty inclina il capo sulla spalla, tenendo gli occhi incredibilmente verdi fissi in quelli di lui. «Siamo noi, Ash.» afferma «Siamo una delle tredicesime generazioni di prescelti.» «E questo…» Ash distoglie lo sguardo «…questo è quello che c’è fra noi? Qualcosa di così forte da essere più potente della morte?» La ragazza si piega verso di lui e lo bacia. «Ne dubitavi forse?» Ash la prende fra le braccia e la tiene stretta a sé, facendo scorrere le dita fra le soffici ciocche dei suoi capelli. «No, certo che no.» Con gentilezza, Misty si libera del suo abbraccio e si alza in piedi, lasciando che un caldo raggio di sole le illumini il volto. «Non c’è più, vero?» sussurra, posando la mano sul tronco nodoso di un vecchio albero «L’oscurità, voglio dire. Se n’è andata.» «È vero, non c’è più. Lo sento anch’io.» mormora Ash «E scommetto che non è la sola ad essersene andata.» Misty aggrotta le sopracciglia. «Che vuoi dire.» «I taglialegna.» afferma il ragazzo «Era a questo che doveva servire no? Abbiamo ristabilito l’equilibrio fra uomo e natura… fermando la deforestazione.» «Abbiamo salvato l’altare, quindi.» mormora Misty, facendo scorrere lo sguardo sui tronchi degli alberi che li circondano. Ash le sorride. «Abbiamo salvato il mondo.» la corregge. Poi sembra ricordare qualcosa, e la guarda con aria perplessa. «Misty… la tua caviglia?» Lei spalanca gli occhi. «È strano sai.» mormora «Non mi fa più male.» Come per accertarsene, si china e vi fa scorrere piano le dita. Il gonfiore è completamente scomparso, e non sente più alcun dolore. Poi, colta da un’improvvisa illuminazione, scioglie il fazzoletto stretto attorno alla ferita sul braccio. Sul tessuto azzurro del fazzoletto c’è una larga chiazza di sangue scuro, ma sulla sua pelle adesso non c’è neanche l’ombra di un graffio. Guarda Ash. «La spalla? Ti fa ancora male?» Con l’aria di non avervi ancora rivolto il minimo pensiero, il ragazzo vi porta quasi meccanicamente la mano e prova a muovere il braccio. «È assurdo!» esclama, con un’espressione di stupore dipinta sul volto «Poco fa mi faceva un male del diavolo e adesso non sento più niente.» Misty si morde le labbra. «Siamo passati attraverso la morte, Ash.» mormora «E l’abbiamo battuta. E credo che questo… essere stati in grado di sconfiggere la morte… abbia potuto cancellare anche tutto il resto.» Ash si alza in piedi e la raggiunge, circondandole le spalle con un braccio. «Tutto ciò che voglio ora,» sussurra, stringendola a sé «è uscire da questa stupida foresta.» La ragazza si volta verso di lui, con gli occhi che brillano. «Credo di conoscere la strada.» afferma, con un bellissimo sorriso «Adesso, credo di conoscerla.» Il ragazzo le sorride. E sotto i caldi raggi del sole che ora splende su Green Island con tutta la sua intensità, i due ragazzi si prendono per mano e insieme si rimettono in cammino. FINE |
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