FANFIC

In the green

Misty




Nell’era in cui l’essere umano dimenticherà la natura,

e smetterà di celebrare i doni della terra,

si incarneranno i figli dell’oscuro.

Due prescelti, portatori del nero legame,

doneranno corpo e mente alla terra dissacrata,

cancellando la rovina dell’umanità sacrilega,

e dal loro sacrificio nascerà nuova vita.

Capitolo I - La leggenda

«Quella di Green Island è una delle più antiche foreste del mondo. I primi
alberi hanno intrecciato le loro radici con la terra centinaia, forse migliaia
di anni fa. Le loro fronde rigogliose celano arcaici misteri: si dice che nel
cuore della foresta sorga il verde altare, costruito dai popoli antichi come
omaggio alla madre terra…»

Misty ascolta incantata le parole della vecchia donna. La luce del falò danza
sul suo volto, splende sui suoi capelli, fa brillare i suoi occhi.

Ash si sorprende a guardarla. Si affretta ad abbassare gli occhi, imbarazzato,
temendo che la ragazza possa sentire su di sé il suo sguardo. L’unica cosa che
in questo momento non deve accadere per nessun motivo è che lei si volti, e
scopra che lui la stava guardando.

Lasciandosi sfuggire un sospiro, Ash cerca di concentrarsi sulle parole
dell’anziana narratrice, nonostante le giudichi soltanto assurdità; ma mentre
la donna dai lunghi capelli d’argento e dalle mani nodose continua a parlare,
lo sguardo del ragazzo si posa nuovamente su Misty.

E un pensiero nasce nella sua mente, sconvolgente persino per lui.

Non è mai stata così bella.

«Gli spiriti della terra posero due eletti a guardia dell’altare.» sta dicendo
l’anziana donna, osservando il fuoco come se potesse scorgere fra le fiamme
arcani messaggi che solo a lei è dato di interpretare «Due umani, due
prescelti, destinati a rinascere di vita in vita e a rincontrarsi ogni volta.
Legati da un amore così profondo da essere più potente di ogni altra forza su
questa terra.»

Sforzandosi di abbassare di nuovo gli occhi, Ash si ritrova a chiedersi cosa
possa trovare Misty di tanto interessante in quella storiella. Non è che
un’assurda favoletta per bambini: il principe azzurro e la bella principessa
legati da un amore eterno.

Non esiste niente di simile nella vita reale, no?

Lo sguardo di Misty si perde lontano, sulle cime degli alberi dai tronchi
nodosi e contorti alle spalle della donna.

«Quando la foresta sarebbe stata messa in pericolo, i due prescelti avrebbero
raggiunto l’altare, ed avrebbero formato con esso un cerchio magico la cui
forza avrebbe distrutto la minaccia, qualunque fosse la sua origine.»

Ash sospira. Green Island è un posto pittoresco: un solo villaggio con pochi
abitanti, discendenti di un antico culto adoratore della madre terra, e il
resto del territorio occupato da una foresta centenaria, anche se ora
minacciata dalla deforestazione (ruspe e camion adibiti al trasporto di tronchi
sono visibili anche dal punto in cui si trovano ora).

Era ovvio che esistessero svariate leggende locali. Ma non aveva pensato che
avrebbe dovuto ascoltarle.

«Purtroppo però gli spiriti della terra sono creature elementari. Riconoscono
solo bianco e nero, bene e male, senza sfumature. Se la minaccia fosse stata di
natura umana, come la deforestazione attualmente in corso, gli spiriti
protettori della foresta non avrebbero fatto distinzioni. Avrebbero attaccato
qualsiasi umano, fino a che l’oscurità non si sarebbe impossessata dei loro
cuori; e avrebbero impedito anche ai due prescelti di raggiungere il tempio.»

Lo sguardo sognante di Misty si posa sul falò. Ash si rende conto di starla di
nuovo guardando; mordendosi le labbra, obbliga se stesso a concentrarsi su
quella stupida leggenda.

«Esiste un’antica profezia.» dice la vecchia.

Ash cambia nervosamente posizione sulla sedia. Decisamente, non gli vanno molto
a genio le profezie. L’ultima volta che ce n’è stata di mezzo una ha rischiato
di morire affogato: se non fosse stato per Misty…

Misty. Ancora.

Basta! Pensa a qualcosa, a qualsiasi cosa, ma non a Misty!

Possibile che non riesca a concentrarsi su nient’altro? Per quale motivo poi?
Non prova niente per Misty, è soltanto una buona amica. Allora perché non
riesce a toglierle gli occhi di dosso?

«La profezia dice che, quando gli spiriti avessero perso la ragione a causa di
una minaccia umana, i due prescelti avrebbero dovuto combatterli per
raggiungere il tempio, e avrebbero dovuto donare la propria vita alla terra per
far tornare gli spiriti alle loro origini e respingere l’oscurità.»

La vecchia donna tace. A quanto pare, quella era la fine della leggenda.

Misty è vicino a lui e gli sorride. Ha gli occhi che brillano. «Era una bella
storia, non trovi?» chiede.

Ash si limita ad annuire. Non è necessario che Misty sappia quello che pensa
davvero.

«Sai è successa una cosa strana.» la ragazza continua a parlare, senza
accorgersi del suo scarso entusiasmo «Mentre quella donna parlava… ho sentito
qualcosa. Come se quelle parole fossero rivolte solo a me, capisci che voglio
dire?»

«Veramente no.»

Misty lo guarda. C’è qualcosa di insolito nei suoi occhi, qualcosa di remoto e
inafferrabile. «Tu… tu hai provato niente?»

Ash scuote la testa. No, non ha provato niente, ed è felice che sia stato così.
Non ha nessun desiderio di ritrovarsi incastrato in un’altra storia di
prescelti e di profezie.

Non ci tengo a rischiare la vita di nuovo, grazie mille.

Un pensiero, però, nasce nella sua mente. Forse non ha provato nulla perché non
ha veramente ascoltato le parole della leggenda: ha semplicemente lasciato che
scivolassero via.

Per favore! Che vorrebbe dire? Che io e Misty saremmo i due prescelti? Legati
da un amore eterno? Io e Misty? Come no. Assurdità. Tutta questa storia è
un’assurdità.

«Ash, va tutto bene?» la voce lievemente preoccupata di Misty lo distoglie dai
suoi pensieri. Si volta verso di lei.

«Uh?»

Misty alza le sopracciglia. «Ti ho chiesto se va tutto bene. Sei strano…»

Ash la guarda. «E tu da quando ti preoccupi per me?» chiede ironicamente,
cercando di non mostrare i propri pensieri.

In realtà sa benissimo che Misty si preoccupa per lui, e neanche poco. Ma sa
altrettanto bene che lei non lo ammetterebbe mai… non in sua presenza, almeno.

Le guance della ragazza avvampano di colpo. «I-infatti non lo faccio.» balbetta
imbarazzata, fulminando Ash con lo sguardo «Non mi preoccupo. Che vuoi che mi
importi?»

Ash le sorride. «D’accordo, come vuoi tu.»

Irritata, Misty gli mostra la lingua. O almeno ci prova, perché uno sbadiglio
la coglie impreparata. Ash ride.

«Pare che quella storiella ti abbia fatto più che altro l’effetto di una fiaba
della buona notte.» scherza, rivolgendole un altro sorriso «Torniamo alla
pensione, okay? Anch’io sono stanco.»

Misty annuisce. E i due ragazzi si dirigono insieme verso la piccola pensione
di Green Island dove alloggiano da qualche giorno. Camminano l’uno accanto
all’altra, fisicamente vicini, ma al tempo stesso così lontani.



Capitolo II – Niente dura in eterno

Terriccio sottile e fili d’erba, che si insinuano fra le dita dei suoi piedi
nudi. Sopra la sua testa, i rami degli alberi si intrecciano a formare una
volta di fronde, un interminabile tunnel verde che impedisce il passaggio alla
luce del sole.

Sente freddo. Stringe le braccia attorno al corpo, cercando di ricevere un po’
di calore. Abbassando lo sguardo, si rende conto di indossare soltanto una
lunga veste bianca, simile a quella di una vergine condotta al sacrificio.

Fa qualche passo, nonostante non abbia la minima idea di dove si trovi, né di
come ci sia arrivata. Una vibrazione lontana penetra nel suo corpo attraverso
la terra, attraverso le palme dei suoi piedi: l’eco di un ritmo indistinto, un
ossessivo rullare di tamburi che rimbomba dentro di lei, che entra nel suo
petto intrecciandosi e sostituendosi al battito del suo cuore. È una sensazione
strana e spaventosa, alla quale non riesce in alcun modo a sottrarsi.

Continua a camminare. Sa di dover andare avanti, anche se non ne conosce il
motivo. Sa di dover trovare qualcosa, qualcosa che la aspetta alla fine di quel
corridoio verde, sempre ammesso che esista una fine.

Una voce sussurra il suo nome. Una voce che sembra provenire da ogni direzione,
e al tempo stesso da nessuna.

«Misty…»

Misty si ferma, spaventata. Sente un fruscio dietro di sé e si volta di scatto,
cogliendo un movimento con la coda dell’occhio come se qualcuno si fosse appena
nascosto fra gli alberi. Ma non c’è nessuno dietro di lei.

«Chi è?» mormora la ragazza, con voce tremante «C’è qualcuno?»

Non riceve risposta. Anche se spaventata, Misty si volta e riprende a
camminare. Ma dopo pochi passi la voce si fa nuovamente sentire, più forte
stavolta, profonda e al tempo stesso roca e gracchiante, come se fossero le
foglie morte ammucchiate ai piedi degli alberi a parlare.

«Misty…»

La ragazza si volta di nuovo. Nessuno, come prima. «C’è qualcuno?» ripete, a
voce leggermente più alta.

Nessuno compare alle sue spalle. Ma la voce parla di nuovo, un lamento
straziante.

«Abbiamo bisogno di te… di voi.»

La vibrazione nel corpo della ragazza cresce, un battito ossessivo e assordante
che pompa nuovo sangue nero nelle sue vene a una velocità esagerata; che pulsa
dolorosamente nelle sue tempie.

«Chi sei?» mormora la ragazza con un filo di voce «Chi sei?» ripete poi, più
forte «Che cosa vuoi da me?»

«Abbiamo bisogno di voi.»

«Di noi chi?» urla Misty alla notte «Chi accidenti sei?»

Nessuna risposta. Solo quel ritmo assordante, che sembra provenire dal profondo
della terra e che fa tremare il suo corpo.

«CHI SEI?» urla, con tutto il fiato che ha in corpo. E al suo grido disperato
il ritmo nella sua testa esplode, impazzisce, raggiungendo ritmi folli e
terribili, intrecciandosi alle parole abbiamo bisogno di voi che adesso
provengono da ogni albero, da ogni ramo, da ogni foglia e da ogni filo d’erba,
in un crescendo ossessivo e inarrestabile… nel quale, per un istante, riesce a
distinguere la voce di Ash che urla il suo nome. Voce che viene però dopo breve
soffocata dall’ossessionante ripetersi di quelle parole…

Misty cade in ginocchio, premendosi le mani contro le tempie doloranti. Non
resisterà a lungo. Il ritmo la afferra e la scuote, la piega in due, minaccia
di farle esplodere la testa; e le voci rimbombano nelle sue orecchie, sempre le
stesse parole, sempre più forti, che adesso non hanno più alcun significato. La
ragazza cade lunga distesa sull’erba, urlando.

«Basta! Smettetela BASTA!»

Una mano la afferra, la inchioda a terra, artigli acuminati come cinque
coltelli lacerano la stoffa della sua veste e affondano nella sua carne, le
strappano il cuore dal petto, mentre una voce mille volte assai più potente e
assordante delle altre le rimbomba nella testa…

«NIENTE DURA IN ETERNO! NEPPURE VOI! »



«NO!»

Misty apre gli occhi di scatto, trovandosi a fissare il buio della sua stanza
nella pensione di Green Island. Impiega qualche istante a riprendere coscienza
di se stessa, e del luogo in cui si trova. Quando infine i contorni di ciò che
la circondano iniziano ad apparirle vagamente familiari, la ragazza si alza a
sedere, stringendosi nella camicia da notte fradicia di sudore.

L’intero letto è fradicio. Eppure ha freddo, sta morendo di freddo. Tremando si
alza in piedi. Il letto è un campo di battaglia di lenzuola aggrovigliate.

Un sogno… è stato solo…

Le immagini dell’incubo le tornano dolorosamente alla memoria. Ma era veramente
solo un incubo? Sembrava troppo vero, troppo reale per essere un sogno… abbiamo
bisogno di voi. Chi mai può avere bisogno di loro? E poi, di loro chi? Lei e
Ash, forse? Lei e qualcun altro? Bisogno per cosa, poi?

Sta ancora tremando. Di freddo, ma soprattutto di paura. Quel genere di paura
che fa impazzire il battito del tuo cuore, che ti obbliga a fissare il buio con
gli occhi spalancati impedendoti di prendere qualsiasi iniziativa, fosse anche
soltanto quella di raggiungere l’interruttore della luce.

Rimane immobile in mezzo alla stanza. Gocce di sudore gelido le imperlano la
fronte e il labbro superiore; i capelli le ricadono pesanti sulle spalle come
spaghetti fradici e contorti. La camicia da notte che indossa è completamente
zuppa.

Era un sogno… calmati… era solo un sogno… era solo un…

Sente qualcosa fra le dita, una polvere sottile e umida, irregolare.
Terrorizzata all’idea di quello che potrebbe vedere, porta lentamente le mani
davanti agli occhi, sforzandosi di vedere al buio.

Dopo una manciata di secondi riesce a capire che cosa sia.

E le sue urla risveglierebbero i morti.



Capitolo III - Non potrai proteggerla per sempre

Buio. Freddo. Ash si guarda intorno, cercando di capire dove si trovi; ma il
buio è talmente fitto da risultare totalmente impenetrabile. Il ragazzo tende
le mani, affidandosi al tatto: le sue dita incontrano una superficie ruvida e
fredda. Pietra.

Ha l’aria di essere una caverna. Un odore metallico giunge alle narici del
ragazzo, che non tarda a riconoscerlo: sangue. Un odore che evoca immagini
orribili nella sua mente, immagini di corpi nudi che si sfregano i polsi, come
se si fossero appena liberati da catene; e girano i colli contorti, come se
fossero rimasti appesi a lungo, con gli occhi fuori dalle orbite, a coprirsi di
polvere.

Un odore che risveglia in lui antichi echi dimenticati di oscenità sussurrate,
di urla di dolore mai ascoltate.

«Ash…»

Ash si volta di scatto, istintivamente, nonostante il buio gli impedisca di
vedere qualsiasi cosa. Nessun rumore rileva la presenza di qualcuno. Il ragazzo
muove qualche passo, con le mani tese davanti a sé per non andare a sbattere.
Le sue dita incontrano la pietra dopo pochi metri.

Torna sui suoi passi. Come si aspettava, un’altra parete di roccia gli sbarra
la strada. Lentamente, Ash allarga le braccia. Le sue mani colpiscono la roccia
da entrambi i lati, a pochi centimetri dal suo corpo.

Si trova in una scatola di pietra, assolutamente senza uscita. Evitando per il
momento di chiedersi come potrebbe mai uscire da lì, il ragazzo si domanda da
dove possa essere venuta quella voce. Non c’è nessuno vicino a lui. Non c’è
niente di vivo in quella specie di tomba, a parte lui.

Un singhiozzo. L’eco di un piato lontano, straziante; singhiozzi disperati che
il ragazzo lentamente riconosce.

«Misty… MISTY!»

Nessuna risposta. I singhiozzi continuano, laceranti, più vicini.

«Misty!»

E per un istante la vede. Rannicchiata su se stessa, tremante; il corpo esile
avvolto da una lunga veste lacera, le mani premute contro le tempie. È solo un
istante, poi l’immagine scompare; ma rimane dolorosamente impressa nella mente
di Ash.

«MISTY!»

Ash si slancia verso l’angolo in cui per un attimo la ragazza è comparsa, ma
Misty non è più lì. Il ragazzo va a sbattere dolorosamente contro la pietra. E
di nuovo sente la voce, la stessa che poco prima ha sussurrato il suo nome; una
voce che sembra provenire dal cuore più oscuro e più profondo della terra.

«Abbiamo bisogno di voi.»

Ash si alza in piedi a fatica. «Chi sei?» ringhia, rivolgendosi allo spazio
vuoto attorno a sé «Chi accidenti sei? Che cosa hai fatto a Misty?»

Nessuna risposta. L’odore di sangue si fa più intenso. Ash sfiora con la mano
una delle pareti di pietra, qualcosa di caldo e bagnato gli tinge i
polpastrelli.

«CHE CAZZO HAI FATTO A MISTY?!» urla.

Qualcosa lo afferra per le spalle, lo spinge contro la parete. Un dolore
lacerante esplode nel suo corpo. Pochi attimi prima che il buio si impossessi
della sua mente, una voce profonda come lo spaccarsi di una roccia in
un’immensa caverna sotterranea romba nelle sue orecchie.

«NON POTRAI PROTEGGERLA PER SEMPRE!»



«MISTY!»

Ash apre gli occhi nella stanza buia. Il contatto con la stoffa bagnata del
cuscino contro la guancia lo riporta lentamente alla realtà: è stato solo un
sogno, un sogno orribile, ma solo un sogno…

Si alza a sedere ed accende la lampada sul comò. La stanza si trasforma in una
confortante caverna di luce gialla.

Sta ancora cercando di convincere se stesso che si è trattato solo di un incubo
quando uno strillo disperato gli giunge alle orecchie. Impiega meno di un
secondo per riconoscere la voce di Misty.

L’immagine vista in sogno, Misty indifesa e terrorizzata, riaffiora in un
istante alla sua memoria. Spaventato, Ash si alza in piedi, allontanando da sé
le coperte con un calcio, e raggiunge correndo la porta della camera di Misty.

La ragazza è in piedi in mezzo alla stanza completamente buia, con gli occhi
spalancati e pieni di paura. Non appena il suo sguardo terrorizzato si posa su
Ash, Misty corre da lui, impulsivamente, rifugiandosi fra le sue braccia.

Scoppia in singhiozzi, nascondendo il viso sulla sua spalla.

«Ehi…» Ash la tiene stretta a sé, abbracciandola goffamente, stupito dalla
reazione della ragazza «Ehi. Va tutto bene. Tranquilla. Che è successo?»

Misty continua a piangere. Ash la sente tremare, sente i singhiozzi che
scuotono le sue spalle esili, e prova l’improvviso impulso di stringerla forte,
farla sentire protetta, al sicuro.

Non c’è mai stato un contatto fisico così intenso fra lui e Misty. Anzi, a
dirla tutta non c’è mai stato un vero contatto fisico.

Imbarazzato, Ash tende una mano ad accarezzarle i capelli. «Va tutto bene.»
cerca di tranquillizzarla. «È tutto a posto. Adesso dimmi che cosa è successo.»

Misty spalanca gli occhi, stupita che Ash sia così carino con lei. Normalmente,
se cercasse di abbracciarlo lui la respingerebbe all’istante.

Respira profondamente, imponendosi di calmarsi.

«Ho f-fatto un sogno orribile.» riesce a mormorare «C-c’era una voce che
r-ripeteva sempre le stesse parole e… c’era della t-terra… e… guarda…»

Anche se a malincuore, la ragazza si scioglie dal suo abbraccio, e gli mostra
le proprie mani, con i palmi rivolti verso l’alto.

Ash le prende fra le sue. Sono sporche di terra.

Il ragazzo alza lo sguardo senza parlare. I loro occhi ormai abituati al buio
si incontrano, quelli di Misty sono pieni di lacrime.

«Dio.» mormora Ash, lasciandole le mani e andando a sedersi sul letto della
ragazza.

Misty si siede di fianco a lui. La camicia da notte bianca che indossa, si
rende improvvisamente conto Ash, è la stessa veste che la ragazza portava nel
suo incubo.

Non potrai proteggerla per sempre…

Scuote la testa, cercando di scacciare il ricordo di quelle parole, che ora non
può più sforzarsi di negare che fossero riferite a Misty; poi si volta verso di
lei. «Quella voce che hai sentito… diceva qualcosa tipo “abbiamo bisogno di
voi”?»

La ragazza spalanca gli occhi. «C-come lo sai?»

Ash deglutisce. «Raccontami il tuo sogno… e poi te lo dirò.»

«Oh… okay…» Misty aggrotta le sopracciglia, lievemente irritata dalle parole
del ragazzo. Ma racconta ugualmente ad Ash il suo sogno, omettendo però il
particolare della voce che aveva parlato nella sua testa poco prima che si
svegliasse.

Niente dura in eterno… neanche voi…

In realtà non ha alcuna prova che quel voi si riferisse a lei e ad Ash. Ma
quella voce è stata il particolare più inquietante, e al tempo stesso più
privato del suo incubo. È stato come se quella voce, e chiunque ne fosse il
proprietario, avessero avuto accesso al lato nascosto del suo cuore, e avessero
intuito una delle sue maggiori paure: che fra lei e Ash le cose possano non
restare per sempre come adesso. Che Ash possa allontanarsi da lei, o qualcosa
di peggio.

Quindi non è necessario che lui sappia.

Quando finisce di parlare, Ash rimane in silenzio per un lungo istante. «Ho
fatto un sogno simile al tuo.» mormora infine «Un sogno molto simile.»

Misty lo guarda. «Raccontamelo.»

Il ragazzo annuisce, poi inizia a parlare. Racconta il suo incubo nei minimi
dettagli ma, com’è successo a Misty, qualcosa dentro di lui gli suggerisce di
non raccontare l’ultima parte, quelle parole, chiara dimostrazione di come
qualcuno sia potuto venire a conoscenza del suo più grande terrore: che accada
qualcosa a Misty, senza che lui possa far nulla per aiutarla.

Un lungo silenzio scende sui due ragazzi quando Ash termina il suo racconto.
Passano molti minuti prima che uno dei due abbia il coraggio di parlare.

«Ho sentito la tua voce.» mormora Misty «Nel mio sogno.»

Ash annuisce. «Sì. E io ti ho vista nel mio.»

Ancora silenzio, almeno per un paio di minuti.

«Credi che… abbia a che fare con la storia di quella donna?» chiede Misty, come
colta da un’improvvisa folgorazione.

Il ragazzo la guarda con una strana espressione. «Che diavolo intendi dire?»

Misty arrossisce di colpo. Ash riesce a vedere il cambiamento di colore delle
sue guance anche al buio.

«Niente.» balbetta, terribilmente imbarazzata «Assolutamente niente.»

«Misty!» Ash si allontana istintivamente da lei di qualche centimetro «Volevi
dire che noi saremmo i… prescelti?»

Il volto della ragazza avvampa.

Ash si alza in piedi di scatto, e improvvisamente in lui non c’è più alcuna
traccia del ragazzo dolce che l’ha tenuta stretta per tranquillizzarla e le ha
accarezzato i capelli.

«Legati da un amore eterno… io e te? Misty stai… stai scherzando? Noi due
legati da un amore eterno?» esclama.

«Era solo… un’idea!» si giustifica Misty, ora più irritata che imbarazzata.

Negheresti di provare qualcosa per me anche sotto minaccia di morte, vero?

Ash la fulmina con lo sguardo.

Misty ricambia la cortesia. Come sempre.

«Perché, tu hai un’idea migliore?» chiede quasi strillando, ora sull’orlo di
una crisi di nervi «Perché abbiamo fatto quasi lo stesso sogno
contemporaneamente? Perché tu mi hai visto nel tuo sogno e io ho sentito la tua
voce nel mio, e perché cazzo le mie mani sono sporche di terra?!»

Una lacrima scende sulla sua guancia.

«Misty, dai…» Ash torna a sedersi al suo fianco, e cerca di posarle
premurosamente una mano sulla spalla. Ma la ragazza si ritrae con un movimento
brusco.

«Lasciami stare, razza di stupido.» borbotta, voltando la testa dall’altra
parte. Ma sta solo facendo l’offesa adesso, lo capisce dal tono della sua voce.

Ash le prende con dolcezza le mani fra le sue, e spazza via la terra dalle sue
dita. I piccoli grani scuri finiscono sulle mattonelle bianche del pavimento.

La ragazza si volta timidamente verso di lui. «Ash…» mormora, piena di
esitazioni.

Ash continua a tenerle le mani, ed è strano e confortante al tempo stesso. Un
curioso miscuglio di emozioni. «Che c’è?»

«Potresti… potresti restare qui fino a domattina?» sussurra Misty, con la voce
che trema «Per favore. Non voglio stare sola.»

Il ragazzo la sorride, guardandola con affetto. E Misty sente di doversi
ricredere, riguardo a ciò che ha pensato prima.

«Ma certo.»



Capitolo IV - Green Island

L’anziana donna dai lunghi capelli d’argento chiude la finestra, e posa le dita
contorte sul vetro freddo.

Oscurità. Riesce a sentirla anche così. Riesce a sentirla anche con la finestra
chiusa e probabilmente, anzi sicuramente, potrebbe sentirla anche se si
trovasse a mille miglia da Green Island. In lei vive ancora parte della magia
praticata dall’antico popolo dal quale la sua famiglia discende: magia bianca,
le arti della luce, che le concedono una sorta di terzo occhio. La definizione
di sensitiva, comunque, non si adatta pienamente a ciò che lei è. Non potrebbe
indovinare numero e seme di una carta capovolta.

Ma può percepire le cose. Le vibrazioni. Le auree. E niente è mai stato così
nero, così oscuro quanto l’aura che circonda ogni albero, ogni ramo, ogni filo
d’erba.

Le antiche scritture sembrano finalmente essere destinate ad avverarsi. La
foresta è in pericolo e, quanto peggio, la minaccia è di natura umana. Per la
precisione, la sua natura ha l’aspetto di taglialegna con le camicie a quadri e
le motoseghe accese, e di tronchi morti accatastati uno sull’altro.

La vecchia donna sospira sussurrando le parole di un’arcaica profezia.

«Nell’era in cui l’essere umano dimenticherà la natura, e smetterà di celebrare
i doni della terra, si incarneranno i figli dell’oscuro…»

I figli dell’oscuro, già. Gli spiriti della terra, accecati dall’odio.

«Nonna?»

La vecchia si volta verso la giovane attraente donna in piedi sulla soglia. Una
cascata di riccioli rosso cremisi sciolti sulle spalle, una camicia da notte di
stoffa nera e lucente a coprire il corpo dalle forme più che generose.

«Nonna, non dovresti essere a letto? È molto tardi.»

L’anziana donna sbuffa. «Credi che non sappia leggere l’ora?» sbotta, con voce
degna di una vecchia e solida quercia «Non sono ancora del tutto rimbambita,
Rachael.»

Rachael entra nella stanza. «Ti ho sentita sussurrare, nonna. Stavi di nuovo
pensando a quelle favole su Green Island, vero?»

Le dita della vecchia si serrano con rabbia attorno al bastone nodoso col quale
si aiuta per camminare. Rachael è una ragazza adorabile, ma così priva di
magia…

«Quelle favole, come le chiami tu, sono profezie antiche di millenni, scritte
da popoli che vivevano in armonia con le forze della natura. Nell’era in cui
l’uomo dimenticherà la natura, e smetterà di celebrare i doni della terra… è
esattamente quello che sta accadendo. Non lo vedi, Rachael?»

«No, non lo vedo.» risponde in tono pacato la giovane donna dai capelli rossi
«Vedo dei taglialegna che abbattono gli alberi. Credi che non mi importi? Credi
che non abbia partecipato a decine di manifestazioni contro la deforestazione,
e che non abbia firmato almeno un centinaio di diverse petizioni?»

L’anziana donna la fissa con occhi di ghiaccio. «Un branco di persone che
sventolano cartelli non fermerà i figli dell’oscuro. Né tantomeno delle firme
su un foglio.»

«I figli dell’oscuro…?» Rachael scuote la testa «Torna a letto, nonna. Non
esistono i figli dell’oscuro, sono solo fantasie.»

Per una volta, la vecchia accondiscende ad obbedire al consiglio della nipote;
non tanto perché giudichi le sue parole veramente sensate, quanto perché
desidera che Rachael se ne vada in fretta dalla sua stanza.

Raggiunge faticosamente il letto e si infila fra le lenzuola. Rachael si china
su di lei e la bacia su una guancia.

«Buonanotte, nonna. E non preoccuparti dei figli dell’oscuro.»

La vecchia donna la lascia uscire dalla stanza senza rispondere alle sue
parole. Niente la irrita di più che sentire Rachael che le parla come se lei
fosse una bambina di quattro anni spaventata dall’uomo nero.

Lei ha quasi ottantadue anni, ed è ancora perfettamente lucida, nonostante sua
nipote la creda completamente rimbambita. E l’uomo nero è solo un personaggio
creato dall’unione di vari folklori, mentre le leggende che riguardano Green
Island sono reali.

Quasi senza volerlo, la vecchia si trova a sussurrare nel buio le ultime parole
della profezia: «Due prescelti, portatori del nero legame, doneranno corpo e
mente alla terra dissacrata cancellando la rovina dell’umanità sacrilega, e dal
loro sacrificio nascerà nuova vita…»

La parola sacrificio rimane imprigionata nel suo campo visivo, e l’accompagna
nei sogni.



Capitolo V - Possibilità

Da sopra le spalle di Misty, Ash sbircia il libro che la ragazza tiene sulle
ginocchia. Un pesante volume rilegato in tela rossa scovato nella minuscola
biblioteca di Green Island, dalle pagine ingiallite e macchiate.

La pagina che Misty sta fissando con tanta attenzione riporta una manciata di
versi contorti e decisamente inquietanti.

«Che roba è?»

Misty si volta verso di lui, sussultando. Evidentemente non si era accorta
della sua presenza. «Solo una vecchia profezia.» si affretta a spiegare,
abbassando lo sguardo non appena i suoi occhi incrociano quelli di Ash «Una
sciocchezza.»

Ash le lancia una strana occhiata. Misty arrossisce.

«Volevo… solo saperne di più sulla storia che ha raccontato quella donna ieri
sera, tutto qui.» mente.

«Sicura?» indaga Ash, senza cambiare espressione «Sicura che questo non abbia
niente a che fare con i sogni che abbiamo fatto?»

«No!» Misty chiude di scatto il libro, sollevando una nuvola di polvere.

Ash alza le sopracciglia leggendo uno dei versi riportati sulla pagina. «Due
prescelti, portatori del nero legame… se non mi sbaglio, stanotte eri convinta
che noi fossimo i due prescelti.»

Misty non risponde.

«Toglietelo dalla testa. Noi… non siamo… i prescelti.» ribadisce Ash, scandendo
bene le parole e guardandola negli occhi.

La ragazza arrossisce di nuovo. «N-non lo stavo affatto pensando.» balbetta,
anche se chiaramente mentendo.

Ash la guarda. «No?»

«Cero che no.» Misty lo fissa con gli occhi spalancati e l’aria più innocente
del mondo, alzandosi in piedi e posando il libro sulla sedia «Sai, non mi
meraviglia che tu sia così presuntuoso da credere che io possa provare qualcosa
per te…»

Il ragazzo spalanca gli occhi. «Cosa?!»

Misty continua a tenere gli occhi verdi fissi nei suoi. «Non è quello che
pensi, forse?»

Un lieve rossore colora le guance di Ash. «Ma che diavolo stai… pensi veramente
che mi importi qualcosa di quello che tu provi per me?» balbetta, imbarazzato.

La ragazza scuote la testa, poi torna a sedersi, reimmergendosi nella lettura.
«Sei uno stupido, Ash.» si limita a dire, senza alzare gli occhi.

Sei uno stupido. Lo sei davvero. Guardami, razza di un cieco, guarda me!
Possibile che tu non ti accorga di niente?

Ash fa una smorfia e resta ad osservarla senza parlare. Misty tiene lo sguardo
fisso sulla pagina, ma i suoi occhi non si muovono. Non sta affatto leggendo.

«Misty…» si azzarda a dire Ash, dopo una manciata di imbarazzati secondi.

Misty non alza lo sguardo. «Mmm?»

«Mi chiedevo se…» Ash si siede imbarazzato sul letto della ragazza «…lasciando
stare la storia dell’amore… credi che potremmo veramente essere noi, i
prescelti?»

Finalmente Misty si volta verso di lui. «Che vuoi dire?»

«Beh…» Ash tormenta fra le dita un lembo del lenzuolo «La profezia non parla
veramente di amore, o mi sbaglio? Dice soltanto “portatori del nero legame”…
voglio dire, potrebbe essere qualsiasi cosa…»

La ragazza aggrotta le sopracciglia, in attesa.

«Quindi… forse la storia dell’amore è solo un particolare aggiunto da quella
donna per rendere più interessante la storia, no? Se fosse così, quella
leggenda potrebbe veramente riferirsi a noi… almeno spiegherebbe quei sogni.»
conclude Ash.

Misty spalanca gli occhi, fingendosi colpita dall’apparente genialità delle
parole del ragazzo. «È possibile.»

Invece no, pensa in realtà dentro di sé. La profezia parla d’amore e si
riferisce a noi, ne sono sicura. E tu lo sai.

Abbassa lo sguardo, timorosa che Ash possa leggere nei suoi occhi quel
pensiero.

Ash deglutisce. «Quindi pensi che… i prescelti siamo veramente noi?»

La ragazza annuisce impulsivamente, senza pensare. Ma poi si volta verso Ash, e
i loro sguardi si incrociano; e Misty vede negli occhi di lui qualcosa che
ricorda di avervi visto assai di rado: paura.

Aggrotta le sopracciglia, senza capire. Poi Ash distoglie lo sguardo,
imbarazzato per il fatto di aver mostrato così la propria debolezza; e un flash
improvviso scatta nella mente della ragazza.

Le isole di Orange. Shamuti. Erano sbarcati lì in occasione della celebrazione
annuale della leggenda, e Melody aveva scelto Ash come prescelto. Avrebbe
dovuto trattarsi solo di un gioco innocente, Ash avrebbe dovuto prendere tre
sfere di vetro da tre isole e portarle al tempio di Shamuti dove Melody
l’avrebbe festeggiato suonando il suo flauto; ma con l’intervento del
collezionista Lawrence III un’antica profezia si era avverata, e Ash si era
trovato sulle spalle il destino del mondo intero. E aveva rischiato la vita fra
le onde di un oceano di ghiaccio.

Misty si lascia sfuggire dalle mani il libro, che cade sul pavimento con un
lieve tonfo sordo. «Scusami, Ash! Non ci avevo pensato!»

Lui scuote la testa, facendo un cenno vago con la mano. «Lascia stare.»
mormora, senza alzare lo sguardo.

«Mi dispiace. Dovevo pensarci, sono stata una stupida.» Misty si siede di
fianco a lui e, anche se terribilmente imbarazzata, gli posa una mano sulla
spalla. «Ash… nessuno ti sta chiedendo di salvare il mondo un’altra volta.
Tanto meno io. Anzi, sai una cosa? Riporto subito quel libro in biblioteca.
Tanto sono solo assurdità. E poi, forse non mi ero lavata le mani, prima di
andare a dormire…»

Ash si volta verso la ragazza, sperando in cuor suo che lei non tolga la mano
dalla sua spalla, e le rivolge un sorriso un po’ stentato. «Non fa nulla. Tieni
pure il libro.»

Misty scuote la testa. Continua a guardare Ash, e per la prima volta si rende
conto di quanto possa apparire insicuro dietro la sua facciata di grande eroe.

Ritira la mano. Ma mai prima d’ora ha avuto tanta voglia di abbracciarlo.



Capitolo VI - Destini scritti nelle carte

La vecchia donna estrae un mazzo di carte dal consunto sacchetto di stoffa
nera, e le dispone a faccia in giù sul piano del tavolo davanti a lei.

Le giunge alle narici l’odore dell’incenso che si consuma lentamente in un
angolo del tavolo, nel suo supporto di ceramica; e della cera fusa delle
candele. Due elementi, aria e fuoco, e i loro opposti naturali, terra e acqua:
due ciotole di argilla, una piena fino all’orlo di acqua cristallina, l’altra
contenente un pugno di sale.

Sono attorno a lei, i quattro elementi, perfettamente bilanciati.

Scopre la prima carta. Dieci di bastoni, un arcano minore. Sulla carta sono
raffigurati dieci alberi morti, senza foglie: la foresta di Green Island, la
deforestazione.

La mano le trema mentre volta la seconda carta, prima ancora che i suoi occhi
vedano ciò che vi è raffigurato. Il diavolo. Il principe della notte. L’oscuro.

Quando l’uomo dimenticherà la natura e smetterà di celebrare i doni della
terra, si incarneranno i figli dell’oscuro…

Terza carta. Dieci di spade. In un tale contesto, il suo significato non può
essere che uno: guerra.

La vecchia lascia che la seconda vista, dono dei popoli che vivevano su questa
terra in tempi antichi, le mostri ciò che avverrà man mano che le sue mani
voltano ad una ad una le carte disposte sul legno lucido.

Gli amanti. Un ragazzo e una ragazza legati da un amore eterno; i prescelti.
Lei ha i capelli rossi e gli occhi verdi e profondi come il mare, è la ragazza
che ieri sera ascoltava con tanta attenzione il suo racconto. Lui è il ragazzo
bruno che sedeva al suo fianco e che non le toglieva gli occhi di dosso, seppur
negandolo a se stesso.

La forza. Le loro anime sono legate dalla forza più pura e più potente che
esista al mondo, anche se ancora, pur essendone a conoscenza, non hanno il
coraggio di ammetterlo.

Otto di bastoni. Li vede avanzare nella foresta, spaventati, tenendosi per
mano. Sei di spade: gli spiriti della foresta li attaccano, incapaci di
riconoscerli come i prescelti.

La torre, segno infausto. Li vede piegarsi all’attacco delle forze oscure, come
deboli giunchi in un giorno di tempesta; e li vede separarsi e scappare, ognuno
in una diversa direzione, ognuno inseguito dai propri demoni personali.

La giustizia. Il ragazzo dai capelli bruni e dal cuore grande ritrova la
ragazza dai capelli rossi, e la trae in salvo come un eroe di fiaba.

Sette di spade, un altro arcano minore. Altre prove li attendono.

Il mondo: è il verde altare, il centro di tutto. Nella mente della vecchia
donna è chiara l’immagine dei due prescelti, in piedi l’uno di fianco
all’altra, di fronte al vecchio altare di pietra costruito dai popoli antichi.

Sono rimaste quattro carte sul tavolo. La donna volta velocemente le prime due:
cinque di spade, tre di spade. Altre prove. La terza carta: la luna, la
speranza.

Con la mano che trema, come se già avesse intuito quale immagine cela l’ultima
carta, la vecchia donna la volta in modo da poterla vedere.

Si alza in piedi di scatto, tremando. Lascia cadere la carta.

«No… questo non deve accadere…»

La carta cade a faccia in su sul tappeto. E l’immagine su di essa raffigurata,
una figura avvolta in un lungo mantello nero con una falce stretta nella mano
scarnificata, fissa la vecchia come per burlarsi di lei.



Capitolo VII - Rivelazioni

Un’ombra si para improvvisamente su Misty e Ash, seduti ad uno dei tavoli nel
cortile della pensione. Misty alza lo sguardo, e i suoi occhi verdi incontrano
quelli quasi color argento della donna che la sera prima raccontava la
leggenda.

«Sì?» chiede Misty, guardandola senza capire «Desidera qualcosa?»

La vecchia donna, l’anziana narratrice depositaria di un’antica magia, resta in
silenzio per un lungo istante, dritta nonostante la sua età, il bastone di
legno lucido e nodoso stretto in una mano, i lunghi capelli argentati che
splendono al sole infuocato del tardo pomeriggio autunnale.

«Ho bisogno di parlarvi.» dice alla fine «C’è qualcosa che dovete sapere.»

Vagamente intimorita dalla solenne serietà della donna, Misty lancia una rapida
occhiata ad Ash. Lui aggrotta le sopracciglia.

«Ci dica.»

La donna prende posto ad una delle due sedie libere, appoggiando il bastone
contro il bordo del tavolo. I suoi occhi d’argento, stesso colore dei capelli,
scrutano i due ragazzi con fare quasi inquisitorio, piccole pozze limpide e
lucenti nel suo volto segnato dall’età.

«Il mio nome è Morgan Meshomah.» inizia, mentre Misty ancora si chiede cosa
questo abbia a che fare con loro «La mia famiglia discende da un antico popolo,
un popolo che praticava la magia bianca e viveva in armonia con la natura.
Alcuni di noi, ancora oggi, possiedono un dono che consente di percepire cose
non visibili alla maggior parte della gente.»

«Signora…» mormora Misty, confusa «Non vedo che cosa…»

Morgan Meshomah la interrompe con un gesto secco della mano. «Ieri sera eravate
presenti alla mia narrazione dell’antica profezia legata alla foresta di Green
Island. Se avete ascoltato, saprete che gli spiriti della foresta posero due
esseri umani, due prescelti, a guardia del verde altare costruito secoli fa
come omaggio alla terra.»

Ash deglutisce. Due prescelti.

Sotto il tavolo, Misty prende la sua mano e la stringe.

«Questa mattina ho interrogato le carte.» continua la donna «La deforestazione
attualmente in corso è la minaccia che, come è scritto, metterà in pericolo la
nostra foresta. Ho chiesto alle carte di mostrarmi chi fossero i prescelti.»

Misty sente tremare la mano di Ash, stretta nella sua.

Morgan Meshomah fissa entrambi con i suoi occhi argentati, le cui iridi
sembrano scomparire quando catturano la luce.

«I due prescelti… siete voi.»

Un lungo silenzio scende fra le tre persone sedute al tavolo. Morgan Meshomah
continua a tenere i suoi occhi come specchi di ghiaccio fissi su di loro,
imperturbabile.

Ash scuote lentamente la testa. «No.»

Il volto dell’anziana donna non cambia espressione, come se fosse scolpito
nella roccia anziché essere veramente di carne e sangue. «Sì.» dice solamente.

«No!» Ash si libera della stretta della mano di Misty e si alza in piedi di
scatto, con tanta foga da rovesciare all’indietro la sedia. «Non siamo i
prescelti! Tutto questo… è una follia.»

«Calmati Ash.» Misty posa una mano sul suo braccio, senza staccare gli occhi da
quelli di Morgan Meshomah.

Alcune parole della leggenda ascoltata la sera precedente si riaffacciano
all’improvviso alla mente della ragazza.

Legati da un amore così profondo da essere più potente di ogni altra forza su
questa terra…

Legati da un AMORE così profondo…

Scuote la testa, cercando di liberarsi di quel pensiero. Abbassa lo sguardo.
«Ci deve essere un errore.» mormora, con un tono di voce che non suona
convincente nemmeno alle sue orecchie «Noi… noi non possiamo essere i
prescelti.»

«Voi lo siete.» l’anziana donna fa cenno ad Ash di tornare a sedersi. Il
ragazzo obbedisce, lanciandole però nel contempo un’occhiata furente.

Misty deglutisce, cambiando nervosamente posizione sulla sedia. «No, non lo
siamo invece. Non possiamo esserlo per un semplice motivo.» torna ad alzare lo
sguardo, fissando con decisione gli occhi argentei e impassibili di Morgan
Meshomah «Noi siamo solo amici. Non… non proviamo nulla l’uno per l’altra.»

La fermezza e la convinzione con cui Misty pronuncia queste parole colpiscono
Ash come una frustata. Si volta verso di lei, ferito.

Misty…

Morgan Meshomah sogghigna. «Il tuo amico non sembra pensarla allo stesso modo.»

Misty spalanca gli occhi e si volta di scatto verso Ash. Il suo sguardo
incrocia quello sconcertato di Ash, palesemente fisso su di lei; solo per pochi
attimi, poi il ragazzo abbassa la testa.

Le sopracciglia di Misty si inarcano. «Che?»

Ash serra le mani attorno al bordo del tavolo. «Io non provo nulla per lei.»
mormora fra i denti «Misty è la mia migliore amica. Nient’altro.»

«Voi due provate l’uno per l’altra molto di più di quanto vogliate ammettere.»
afferma l’anziana donna, come se fosse un dato di fatto.

«Noi non…» cerca di contraddirla Misty. Ma la vecchia la interrompe di nuovo.

«Preferiresti morire,» chiede, fissandola con il suo sguardo di ghiaccio
«oppure preferiresti veder morire lui?»

Misty trattiene il respiro.

«Morire.» ammette alla fine.

Morgan Meshomah guarda Ash. «E tu?»

Passano parecchi secondi prima che il ragazzo dica qualcosa. Non avrebbe alcuna
difficoltà a rispondere se Misty non fosse presente, ma così…

Abbassa lo sguardo. «Sì. Anch’io.»

Misty lo guarda incredula. Se avesse puntato tutti i soldi che possiede sulla
risposta che Ash avrebbe dato ad una simile domanda, li avrebbe persi.

Posa la mano su quella del ragazzo, ancora stretta sul bordo del tavolo. Quando
lui si volta a guardarla, Misty gli rivolge un sorriso.

«Legati da un amore così profondo,» cita Morgan Meshomah «da essere più potente
di ogni altra forza su questa terra. Questo, voi come lo chiamereste?»

Ash sospira, chiudendo gli occhi. Poi si volta verso l’anziana donna. «Va bene,
d’accordo.» concede «Ci dica che cosa dobbiamo fare.»



Capitolo VIII - Qualcosa di più

Ash siede in silenzio sul proprio letto, lo sguardo perso sul paesaggio
vagamente visibile nel buio fuori della finestra. Misty indugia sulla soglia
della stanza.

«Posso entrare?»

Il ragazzo annuisce, senza voltarsi. Misty si siede di fianco a lui, e per una
manciata di imbarazzanti secondi entrambi rimangono in silenzio.

«Ash… va tutto bene?» chiede infine Misty, con dolcezza.

Ash annuisce di nuovo. «Sì, certo.» sospira, voltandosi finalmente verso di
lei.

La ragazza abbassa lo sguardo. «Mi dispiace Ash.» sussurra.

«Per cosa?» chiede lui, stupito.

Misty stringe le ginocchia al petto, come ad offrire agli occhi di Ash un
minore bersaglio su cui concentrare la propria attenzione. «È stata colpa mia.»
mormora con voce appena udibile «Quella di fermarci qui a Green Island… è stata
una mia idea. Se ce ne fossimo andati subito, forse… voglio dire, se non
fossimo stati qui… tutto questo non sarebbe mai successo.»

Ash la guarda in silenzio per pochi istanti. «Credo che saremmo stati qui…
anche se tu non avessi mai pensato di restare.»

«Che vuoi dire?» chiede Misty, alzando lo sguardo. Ash vede luccicare i suoi
occhi di un sottile velo di lacrime.

Sospira. «Siamo i prescelti, no? Probabilmente era scritto che avremmo dovuto
trovarci qui, quando ci sarebbe stato bisogno di noi.»

«E se non fossimo i prescelti?» Misty scuote la testa, spalancando gli occhi
più verdi che mai «Se quella donna, quella Morgan come accidenti si chiama,
fosse soltanto una vecchia pazza?»

Ma nemmeno lei crede davvero alle proprie parole.

Ash fa cenno di no con il capo. «Sono certo che quella donna fosse
perfettamente lucida. E so che ne sei certa anche tu.»

La ragazza abbassa la testa. «È vero.» mormora, ripensando a tutto ciò che
l’anziana donna dai capelli d’argento ha detto loro. Avrebbero dovuto
attraversare la foresta fino a raggiungerne il cuore, il verde altare. Gli
spiriti della foresta li avrebbero attaccati, si sarebbero serviti di piante e
animali per rendere quasi impossibile il loro cammino, perché accecati da un
odio incondizionato e implacabile verso ogni essere umano.

«Una volta raggiunto il verde altare,» ha affermato Morgan Meshomah,
guardandoli con i suoi occhi di ghiaccio «saprete quale sarà la vostra vera
missione. Una volta là, saprete cosa fare.»

E dopo questa enigmatica frase, la vecchia dallo sguardo argentato si è alzata
in piedi e ha voltato loro le spalle, allontanandosi nell’ultimo sole della
giornata che rendeva i suoi capelli simili ad un’aureola di luce.

Un altro pensiero, un altro ricordo di quanto detto da quella donna, torna alla
mente della ragazza. Si volta verso Ash.

«Ash…» sussurra, con un filo di voce «…davvero lo faresti?»

Lui la guarda. «Farei che cosa?»

Misty si morde le labbra. «Tu… moriresti per me?»

«Sì.» risponde Ash senza la minima esitazione, il che sorprende Misty ancor più
della risposta in sé «Sì, lo farei. Se… se tu fossi in pericolo e non ci fosse
un altro modo per salvarti, lo farei.»

La ragazza rimane a fissarlo con gli occhi che brillano. Passano diversi
secondi prima che Ash chieda: «E tu?»

Misty abbassa la testa. I capelli, insolitamente sciolti sulle spalle, si
chiudono a sipario davanti al suo volto. «Farei qualsiasi cosa per te,
stupido.» mormora.

Un silenzio imbarazzato cade di nuovo su di loro. Ash tende timidamente una
mano ad accarezzare i capelli della ragazza, sfiorandoli appena con le punte
delle dita, come se temesse da un momento all’altro un suo gesto di repulsione.

Ma Misty non lo respinge. E quando la mano lievemente tremante di Ash si posa
sulla sua guancia, facendole voltare con dolcezza il capo verso di lui, c’è
soltanto sorpresa nei suoi occhi spalancati.

Senza una parola di spiegazione, Ash la trae a sé. Le loro labbra si sfiorano
appena, e solo per pochi istanti; poi Misty volta di scatto la testa, spezzando
quella magia.

«Scusami…» mormora Ash, distogliendo lo sguardo «Non…»

Misty porta silenziosamente la mano a sfiorare le labbra, nel punto in cui si
sono posate quelle di Ash.

«Dimenticalo.» sussurra lui, dopo molti imbarazzanti secondi «Facciamo finta
che non sia mai accaduto, d’accordo?»

«Okay…» mormora la ragazza, cercando di fare ordine nei propri pensieri e di
liberarsi dell’impressione che la sua mente sia appena implosa spontaneamente.

Ash l’ha appena baciata. Il ragazzo che riteneva capace di negare anche sotto
tortura di provare per lei dei sentimenti più forti di un legame di amicizia
l’ha appena baciata.

Si volta verso Ash, che continua a tenere lo sguardo fisso sul pavimento.

«Non… non significava niente.» sussurra.

Lui annuisce. «Niente.»



Capitolo IX - Oscurità

La foresta di Green Island si estende davanti a loro, in tutto il suo splendore
centenario. Alberi dai tronchi grossi e nodosi intrecciano i loro rami creando
nell’aria immortali geroglifici.

Misty lancia uno sguardo sconsolato al cartello infisso nel terreno a pochi
passi da loro. «Qui dice “Proprietà del governo del Giappone”.» annuncia,
avvicinandosi per leggerlo «Che tradotto significa: “Possiamo abbattere la
foresta e farci un parcheggio se vogliamo”.»

Ash osserva gli alberi senza parlare, scuro in viso.

«La senti anche tu, vero?» sussurra piano Misty «Oscurità.»

Il ragazzo annuisce. «Già. Come nella profezia. Quando l’uomo dimenticherà la
natura e smetterà di celebrare i doni della terra…»

«…Si incarneranno i figli dell’oscuro.» completa Misty «Beh, credo che questa
sia la prova definitiva.»

Ash la guarda. «La prova definitiva di che cosa?»

«Che noi siamo i prescelti.» mormora Misty. Il suo sguardo si perde lontano,
oltre le cime degli alberi. «Non credo che potremmo sentirla… se non lo
fossimo.»

«Hai paura?» chiede Ash, avvicinandosi a lei.

Misty inarca le sopracciglia. «Perché, tu no?»

«Scherzi? Sto morendo di paura.» sospira Ash «Se non ricordi, l’ultima volta
che ho scoperto di essere il prescelto per poco non ci ho rimesso la pelle.»

«Credi che potrei dimenticarlo?» la ragazza lo fulmina con lo sguardo «Non
credo di aver mai avuto in vita mia tanta paura quanto quella volta…»

Ash le lancia un’occhiata interrogativa.

«Credevo che saresti morto, Ash!» esclama Misty. Un velo di lacrime scintilla
nei suoi occhi «Credevo… che ti avrei perso.»

Lui le prende la mano. «Sono qui, no? Per favore Misty non metterti a piangere
adesso.»

La ragazza volta di scatto la testa, liberando la mano dalla sua stretta. «Non
sto affatto piangendo, razza di idiota.» mormora, asciugandosi le lacrime.

Ash la guarda scuotendo affettuosamente la testa. «Andrà tutto bene, ne sono
sicuro.» cerca di tranquillizzarla «Ehi… a proposito, non ti ho ancora
ringraziato per avermi salvato la vita, quella volta.»

«Perché sei un ingrato oltre che un idiota.» taglia corto Misty,
antipaticamente, più che mai decisa a comportarsi come se la sera prima non
fosse accaduto niente. Come se le labbra di Ash non avessero mai toccato le
sue.

«Grazie, Misty.»

Misty si volta verso di lui. Ash ha parlato con dolcezza, come se lei non
avesse mai pronunciato le ultime parole.

Le guance della ragazza avvampano. Abbassa la testa, lasciando che i capelli le
nascondano il viso. «N-non c’è di che.» balbetta, imbarazzata.

Ash la osserva con attenzione. «Dovresti tenerli sempre così, sai?»

La ragazza lo guarda stupita. «Uh?»

«I capelli.» afferma Ash «Ti donano molto di più.»

La ragazza spalanca gli occhi per la sorpresa, le sue guance si fanno ancora
più scarlatte. «Grazie.» mormora, senza trovare il coraggio di guardarlo negli
occhi.

Lui trattiene un sorriso. «Allora andiamo?» chiede, alludendo alla foresta che
sembra restare lì ad attendere proprio loro fra tutti i sei miliardi di esseri
umani vivi sulla terra.

Misty annuisce. E dopo un lungo attimo di esitazione i due ragazzi si dirigono
insieme verso i vecchi alberi.

Non riescono a fare più di una decina di passi, però, prima di venir fermati da
un furioso stridio di freni. Misty si volta di scatto, in tempo per vedere una
jeep verde mimetico della protezione forestale che inchioda a pochi metri da
loro.

Un ranger in uniforme ne scende sbattendosi con foga la portiera alle spalle.
«Che diamine credete di fare?» sbraita, dirigendosi a grandi passi verso Ash e
Misty.

«Noi stavamo solo…» inizia Ash.

«Nessuno può entrare in questa foresta.» taglia corto il ranger «Pensate che
voglia arrestare due ragazzini? Non avete visto i cartelli?»

Misty si guarda intorno. In effetti ci sono vari cartelli con la scritta
“divieto d’accesso”, ma a dirla tutta non li avevano veramente notati. Dubita
però che questo possa essere il genere di notizia che al ranger farebbe piacere
sentire, quindi tiene la bocca chiusa.

«Perché non si può entrare?» chiede invece, spostando il peso dello zaino da
una spalla all’altra.

Il ranger la guarda con occhi di fuoco da sotto le folte sopracciglia
aggrottate. «Gli animali.» afferma, come se fosse una perfetta spiegazione «Gli
animali di questa foresta sono pericolosi. Possono attaccarvi senza alcun
motivo.»

«Non…» tenta Misty. Ma il ranger la interrompe bruscamente.

«Salite subito sulla jeep.» ordina. Ash e Misty si guardano, indecisi. Morgan
Meshomah non li aveva avvertiti che qualcuno avrebbe potuto impedire loro di
entrare, ma questo tipo non sembra il genere di persona con cui si può
scherzare.

Probabilmente se solo accennassero alla storia dei prescelti e del verde
altare, cosa che peraltro non hanno la minima intenzione di fare, si
ritroverebbero in una cella imbottita prima di mezzogiorno.

«Salite sulla jeep!» ripete il ranger, in un tono che non ammette repliche.

Ash fissa con gli occhi spalancati un punto alle spalle dell’uomo. «Misty,
guarda!» esclama, strattonandola per un braccio per richiamare la sua
attenzione.

Un cervo sbuca dagli alberi e si precipita correndo verso di loro, a testa
bassa come un ariete. Prima che qualcuno abbia il tempo di agire, il cervo è
addosso al ranger e lo colpisce con l’enorme palco di corna, facendolo volare
in aria e sbattendolo contro lo sportello della jeep con tanta forza da
piegarne il metallo.

Misty lancia uno strillo e chiude gli occhi per non vedere, nascondendosi
dietro ad Ash e aggrappandosi convulsamente alle sue spalle.

«Fai qualcosa!» strilla, come se Ash fosse capace di mettere in fuga il cervo
semplicemente facendo un gesto.

L’animale inferocito si dirige verso di loro. Ash trattiene il fiato,
aspettandosi di venire colpito da un momento all’altro; ma inspiegabilmente il
cervo si ferma a pochi centimetri da lui, senza sfiorarlo.

Come se avesse riconosciuto qualcosa nei due ragazzi, la furia dell’animale si
placa, e il cervo trotterella via.

«Hai visto?» esclama Misty, con voce acuta come il miagolio di un gattino «Hai
visto?»

Ash annuisce. Anche se c’erano almeno un centinaio di cose da vedere, ha capito
perfettamente a cosa Misty si riferisse: gli occhi del cervo, quando ha
attaccato il ranger, erano completamente neri.

Oscurità.

L’uomo è ancora a terra, la schiena contro lo sportello ammaccato della jeep.
Con la sensazione di stare avanzando al rallentatore, Ash lo raggiunge e si
china su di lui posandogli due dita sulla gola.

Misty resta immobile, le mani premute davanti al viso. «È…?» sussurra, senza
riuscire a finire la frase.

Ash annuisce cupamente, alzandosi in piedi. «È morto.» mormora «Quell’animale
l’ha ucciso.»

«Gli animali di questa foresta sono pericolosi. Possono attaccarvi senza alcun
motivo.»

Dev’essere questo che intendeva, pensa Ash trattenendo una smorfia.

«Oh Dio.» sussurra Misty. Le lacrime traboccano dai suoi occhi spalancati e
prendono a scorrerle sulle guance. «Oh Dio, oh Dio…»

Ash le si avvicina e la stringe fra le braccia, cercando di tranquillizzarla.
Misty nasconde il viso sulla sua spalla. «È o-orribile…» singhiozza «d-dobbiamo
fermare tutto q-questo Ash… prima che muoiano altre p-persone… dobbiamo…»

«Shh.» Ash la tiene stretta «Troveremo quell’altare e faremo ragionare quegli
stupidi spiriti. Andrà tutto bene, te lo prometto.»

«Invece no!» esclama Misty, senza smettere di piangere «Andrà m-malissimo, ne
sono sicura! S-sta già a-andando malissimo… q-quell’uomo n-non aveva n-nessuna
c-colpa…»

Ormai i singhiozzi sono così forti da impedirle di parlare. Ash la tiene
stretta. Poi, anche se con qualche esitazione, la bacia con dolcezza fra i
capelli.

Misty alza la testa e lo guarda con gli occhi verdi spalancati per la sorpresa.

«Troveremo l’altare.» ripete Ash, serio «E faremo sloggiare i taglialegna con
le loro motoseghe e i loro camion. E gli spiriti la smetteranno di usare gli
animali per attaccare le persone.»

La ragazza scuote la testa. «Ma se attaccassero noi… prima che riusciamo a
raggiungere l’altare?»

Ash la guarda. «Un amore così profondo da essere più potente di ogni altra
forza sulla terra.» cita «Ricordi? Siamo più forti di loro. Non potranno farci
niente… se restiamo insieme.»

E Misty riesce a regalargli un piccolo sorriso.



Capitolo X - Hansel e Gretel

Vista dall’interno, la foresta di Green Island appare assai più intricata di
quanto non lo sembrasse se osservata da lontano, benché non sia molto più di un
bosco di antiche querce e vecchie e contorte betulle che occupa quasi tre
quarti del territorio dell’isola.

Trovandocisi dentro, però, gli antichi alberi appaiono incredibilmente fitti; i
loro tronchi secolari formano barriere quasi impenetrabili e le loro fronde si
intrecciano le une con le altre almeno un paio di metri al disopra delle teste
dei due ragazzi, impedendo quasi del tutto il passaggio alla luce del sole.

«Come accidenti facciamo a sapere dove si trova il cuore della foresta in
questo casino?» protesta Misty, guardandosi attorno con espressione lievemente
spaventata.

Ash allontana da sé un nugolo di insetti con un gesto brusco della mano. «Che
io sia dannato se lo so.» risponde, con una smorfia «Quella simpaticona avrebbe
fatto meglio a darci una cartina dettagliata della zona.»

«Non dovremmo… saperlo?» chiede Misty, inarcando le sopracciglia.

Il ragazzo le lancia un’occhiata interrogativa, rimpiangendo di non aver messo
nello zaino un paio di flaconi di insetticida.

«Voglio dire,» continua Misty, allontanandosi con un balzo dalla pozza di fango
nella quale le sue scarpe da ginnastica stavano lentamente affondando «siamo i
prescelti, no? Non dovremmo… sentire da che parte si trova l’altare?»

Ash sospira. «Per il momento mi basterebbe sentire da che parte si trova una
fabbrica di spray antizanzare.»

Misty lo fulmina con lo sguardo «Molto divertente. Credo che il nostro problema
principale sia trovare quello stupido altare prima che gli spiriti si accorgano
della nostra presenza…» la sua voce trema «A giudicare da quello che hanno
fatto a quell’uomo, non mi pare che siano molto felici di vedere delle
persone.»

«Dimentichi che quel cervo si è fermato quando ha visto me.» le ricorda Ash
«Forse ci ha riconosciuto… si è accorto che siamo i prescelti.»

Misty allontana dal viso un’altra ciocca di capelli, lanciando nel contempo ad
Ash un’altra occhiataccia. «Non si è fermato prima di avermi fatto quasi venire
un infarto per la paura.» puntualizza.

Ash alza un sopracciglio. «Tu stavi dietro di me, se non mi ricordo male.» le
fa notare.

Senza quasi rendersene conto, mentre parlavano hanno ripreso ad avanzare e la
foresta scivola via attorno a loro, come se i loro piedi conoscessero
perfettamente la direzione da prendere.

Misty gli mostra la lingua. «E se io non mi ricordo male, tu avevi detto che
saresti morto per me.» risponde «Quindi non capisco che hai da lamentarti… a
meno che tu non stessi mentendo quando me l’hai detto.»

Voleva essere una frase ironica, ma la voce della ragazza si incrina
pronunciando le ultime parole.

«Ehi!» Ash, poco dietro di lei, si affretta ad allungare il passo per
raggiungerla e le posa una mano sulla spalla «Non stavo affatto mentendo. Sai
bene…» esita, ma poi decide di finire la frase «Sai bene che non lascerei mai
che qualcuno ti faccia del male, Misty.»

Lei si volta a guardarlo con gli occhi spalancati, per pochi istanti; poi
abbassa la testa e si libera del suo tocco con un movimento brusco, nel
tentativo di dissimulare il proprio imbarazzo «Sono perfettamente in grado di
cavarmela da sola, grazie.» taglia corto, aspettandosi una risposta altrettanto
tagliente da parte di Ash.

Ma lui le sorride. «Questo lo so.» si limita a dire «Sono io quello che non
riesce praticamente mai a togliersi dai guai senza il tuo aiuto.»

«Come faresti senza di me?» lo prende in giro Misty, inarcando le sopracciglia.

«Credo che batterei in ritirata in meno di dieci secondi.» risponde lui, serio
«Non sono nemmeno sicuro che saprei uscire da questa foresta, se tu mi
piantassi qui.»

Misty arrossisce, abbassando la testa perché lui non possa accorgersene.
«Piantala, stupido. Per chi mi hai preso, per una Giovane Marmotta? Nemmeno io
sono sicura di saper uscire di qui, se è per quello.»

Lui le sorride. «Sono sicuro che ne saresti capace.»

«E tanto, probabilmente moriremo qui dentro.» mormora cupamente Misty «Quindi
non avremo alcun bisogno di uscire.»

Ash aggrotta le sopracciglia. «Che vuoi dire?»

«E dal loro sacrificio nascerà nuova vita.» cita Misty «Nel mio vocabolario,
sacrificio è sinonimo di morte. Certo, ammesso che gli spiriti non ci facciano
fuori prima.»

Il ragazzo le prende la mano, sentendo le dita di lei sussultare a quel
contatto. «Sono sicuro che ce la caveremo.» la tranquillizza «Lo facciamo
sempre, no?»

Misty annuisce.

Ash la guarda. «E il più delle volte grazie a te.»

Con un sospiro, la ragazza ritira la mano e si allontana da lui di qualche
passo. «Vorrei che tu non riponessi tutta questa fiducia in me, Ash.» mormora
«Non sono sicura di meritarmela.»

«E io sono sicuro di sì.» Ash la raggiunge di nuovo «Credi che sarei qui
adesso… se non fosse stato per te?»

«Mi hai già ringraziato prima per quello…» protesta lei, imbarazzata.

Il ragazzo tenta di prenderle la mano, cercando un contatto fisico con lei. Ma
Misty si affretta a ritrarsi, stringendo la mano attorno alla cinghia dello
zaino.

«Piantala!» esclama, terribilmente a disagio «Tutto questo… tutto questo non è
affatto normale. Eravamo d’accordo che quello che è accaduto ieri sera non
significava niente. Che… non avrebbe cambiato le cose fra noi.»

Ash la guarda. «Infatti ne sono ancora del tutto convinto. Non…»

«Finiscila di negare l’evidenza!» lo interrompe seccamente la ragazza «Tu non
mi prendi mai per mano mentre camminiamo!»

«Beh, di solito non camminiamo in una foresta che sembra il bosco di quella
stupida fiaba.» brontola Ash, guardandosi intorno.

Misty lo guarda come se pensasse che non abbia tutte le rotelle a posto. «Quale
stupida fiaba?»

«Dai, lo sai.» Ash si passa imbarazzato una mano fra i capelli. «Quella con… i
due bambini, e le briciole di pane. E la casetta di zucchero.»

La ragazza cerca di trattenere una risata. «Hansel e Gretel?»

Ash fa una smorfia. «Non ridere. Quella fiaba mi terrorizzava quando ero un
bambino.»

Misty riesce a trattenersi ancora per pochi istanti; poi scoppia a ridere così
forte da essere costretta a fermarsi.

Ash si allontana di qualche passo, irritato. La ragazza cerca di obbligare se
stessa a smettere di ridere e gli corre dietro, mordendosi le labbra. «Ehi!
Dai, scusa. È solo che… la strega di Hansel e Gretel…»

Sta di nuovo ridendo. Ash sospira, ma adesso sta soltanto facendo l’offeso.

«E il lupo di Cappuccetto Rosso?» lo prende in giro Misty, ridacchiando «Anche
quello ti faceva paura?»

«No. Non mi ricordo.» nonostante si renda conto di quanto la situazione sia
comica, il ragazzo tenta di non ridere «Vuoi finirla?»

Misty alza un sopracciglio. «E l’orco di…»

«Finiscila!» la interrompe Ash.

La ragazza cerca con tutte le sue forze di convincersi che è il momento di
piantarla. Ma non riesce a trattenersi per più di una manciata di secondi.

«Buuu!» esclama, coprendo gli occhi di Ash con le mani. Lo sente trasalire.

Ash si volta verso di lei. «Misty, per favore.» la implora in tono
supplichevole. Poi la sua espressione cambia, e un lampo di malizia illumina
per un attimo i suoi occhi. «Devo ricordarti quanti ragni ci sono su questi
alberi?»

Misty impallidisce, fermandosi di botto. «R-ragni?»

Il ragazzo annuisce, godendo della sua paura. «Già. Esatto. E coleotteri e
bruchi…»

«Smettila!» quasi strilla Misty, convinta di sentire già su di sé la
moltitudine di zampette di quelle disgustose creature. Trova ingiusto che Ash
usi la sua proverbiale paura degli insetti come arma di difesa.

«E scarafaggi con le loro zampette pelose…» continua il ragazzo. Senza che
Misty se ne accorga, fa scivolare la mano sulla sua spalla e muove le dita come
se fossero le zampe di uno scarafaggio di esemplari dimensioni.

Misty lancia uno strillo degno di un’aquila e colpisce le dita di Ash con la
mano.

Ash scoppia a ridere.

«Sei uno stupido!» esclama la ragazza.

«Scusa… ma dovresti vederti…» mormora Ash, cercando di calmarsi «Va bene, ora
basta con queste stronzate. Andiamo?»

Le tende la mano, e dopo un attimo di esitazione Misty la afferra. E proseguono
così, mano nella mano, seguendo un invisibile sentiero di briciole.

Hansel e Gretel.



Capitolo XI - Una difficile traversata

«Quanto pensi che dovremo camminare ancora?»

Misty si asciuga il sudore dalla fronte con il dorso della mano. Anche se è
autunno, la giornata è decisamente torrida; e in particolare l’umidità dei
numerosi piccoli ruscelli che attraversano la foresta contribuisce
discretamente a far aumentare l’afa, che le ombre degli alberi riescono ben
poco ad attenuare.

Ash si guarda intorno. «Sinceramente non ne ho idea. Ma credo ancora per
parecchio… non penso che abbiamo percorso nemmeno metà della strada che
dobbiamo fare.»

Misty soffia via dal viso una ciocca ribelle di capelli che continua a finirle
davanti agli occhi. «Non lo trovi strano? Voglio dire, che quegli spiriti non
ci abbiano ancora attaccati?»

«Non direi strano ma logico.» afferma Ash «Come con quel cervo. Sono sicuro che
sentono… che si accorgono che noi siamo i prescelti.»

«Ne dubito.» Misty aggrotta le sopracciglia «Non ricordi cosa ha detto Morgan
come si chiama? Gli spiriti della foresta vi attaccheranno e bla bla bla,
perché accecati da un odio incondizionato e implacabile verso ogni essere
umano…»

Ash sospira. «Per la verità non mi fiderei molto di quella donna.
Fondamentalmente ha l’aria di una vecchia svitata.»

«Una vecchia svitata inquietante.» mormora Misty. Poi si ferma di colpo.

«Che succede?» chiede Ash, guardandola senza capire.

La ragazza lo zittisce con un gesto secco della mano. «Shh. Non senti?»

Ash tende l’orecchio. Per qualche istante non sente un bel nulla, poi comprende
quello che Misty intendeva fargli notare.

Acqua. Non troppo lontana, e parecchia.

«Un fiume.» dichiara «E grosso, direi. Speriamo di non doverlo attraversare.»

Misty annuisce, scura in viso. «Sarebbe un bel problema.»

«Vedremo.» sussurra Ash, avanzando di qualche passo. Misty lo segue. È quando
Ash si fa largo con entrambe le mani fra una schiera di piccoli arbusti che il
fiume compare davanti a loro: acque color fango estremamente agitate, almeno
due metri di distanza dall’altra sponda.

«Cazzo…» mormora Misty, osservando quella distesa di acqua marrone «Hai una
vaga idea di come faremo ad attraversarlo?»

Ash non risponde, si guarda intorno con aria concentrata. Dopo una manciata di
secondi, i suoi occhi si posano su ciò che voleva vedere.

«Guarda.» esclama, posando la mano sul braccio di Misty per richiamare la sua
attenzione «Quello è un ponte.»

Misty segue sconcertata la direzione dello sguardo di Ash. Il “ponte” non è che
un tronco d’albero posto di traverso sulle acque impetuose, sottile e
apparentemente reso assai scivoloso dal muschio cresciutovi sopra.

«Quello non è un ponte!» afferma «È un tronco!»

«Che ti aspettavi?» chiede ironicamente Ash, raggiungendo il ponte improvvisato
«Il London Bridge?»

Misty gli corre dietro. «Tu sei completamente fuori di testa se ti aspetti che
io salga lì sopra!»

Ash posa un piede sul tronco per saggiarne la resistenza. «Preferisci nuotare?»
chiede, azzardando qualche passo traballante e cercando di bilanciare bene il
peso.

La ragazza lo osserva con gli occhi spalancati. «Che accidenti stai facendo?»

«Non lo vedi da te?» Ash evita per miracolo di finire nel fiume, riuscendo solo
all’ultimo momento a raddrizzarsi e recuperare l’equilibrio.

Misty scuote la testa. «Guarda che se cadi nel fiume e affoghi, questa volta
non mi tuffo a salvarti!» esclama antipaticamente.

«Vuoi stare zitta per due minuti?» la implora Ash, continuando ad avanzare sul
tronco a passi chiaramente malfermi.

Misty si morde le labbra. Terrorizzata, lo guarda raggiungere la metà del
tronco, e si ritrova a pregare con tutte le sue forze che Ash riesca ad
arrivare alla riva opposta senza cadere in acqua.

Ash riesce a muovere qualche altro passo. Poi, sotto gli occhi spalancati e
pieni di paura di Misty, il piede destro del ragazzo scivola sul legno umido, e
Ash precipita nel fiume.

«ASH!»

Misty impiega una manciata di secondi per riuscire a scrollarsi di dosso
l’orrore, del tutto paralizzante. Poi, senza esitare, si tuffa fra le acque
estremamente agitate del fiume.

L’acqua si chiude sopra la testa di Ash. Il ragazzo cerca disperatamente di
riemergere in superficie, ma la corrente troppo forte lo manda a sbattere
contro una delle pietre che affiorano dall’acqua.

Il dolore alla spalla sinistra è talmente acuto da oscurargli la vista per
qualche istante, e da rendergli totalmente impossibile qualsiasi tentativo di
raggiungere la riva a nuoto.

Riesce per pochi attimi a riaffiorare in superficie, e cerca di urlare; ma la
corrente lo spinge di nuovo giù e la bocca e i polmoni gli si riempiono di
acqua gelida.

Misty! Misty…

Qualcuno lo afferra per la vita e lo aiuta a raggiungere la superficie,
trattenendolo contro una roccia in modo che possa aggrapparsi. Ash tossisce,
cercando di afferrare la roccia con entrambe le mani; ma l’acqua e il muschio
la rendono scivolosa e il dolore alla spalla è adesso così intenso da
impedirgli di usare il braccio sinistro.

«Tranquillo, va tutto bene.» lo rassicura la voce di Misty a pochi centimetri
dalle sue orecchie «Ti tengo io.»

Ash si volta. Misty, con la faccia tesa per lo sforzo, si tiene aggrappata alla
pietra con un braccio e stringe l’altro attorno alla sua vita, impedendo alla
corrente di trascinarlo via.

«Grazie.» mormora Ash, riuscendo finalmente ad ottenere una presa solida sulla
roccia. Tossisce di nuovo, sputando una boccata di acqua color fango.

«Stai bene?» chiede Misty, rafforzando la stretta attorno alla sua vita «Non
siamo lontani dalla riva. Credi di farcela a nuotare?»

Ash scuote la testa. «Non credo. Mi fa male la spalla, ho sbattuto contro
qualcosa.»

La ragazza si morde le labbra, voltandosi per considerare la distanza che li
separa dalla fangosa riva del fiume. «Okay.» mormora «Allora… allora aggrappati
a me. Ti porto a riva io.»

«Non ce la farai mai.» protesta Ash. Una fitta di dolore alla spalla lo fa
trasalire.

Misty rischia di perdere la presa sulla roccia, sotto la spinta della corrente;
solo all’ultimo momento riesce a recuperarla.

«Per favore, Ash.» lo esorta «Non ce la faccio a resistere ancora a lungo!»

Il ragazzo sospira, chiudendo gli occhi per un lungo istante. «E va bene.»
concede «Ma se non ce la fai ti lascio andare.»

«Di’ un’altra cazzata del genere,» mormora Misty mentre Ash fa passare le
braccia attorno alla sua vita «e giuro che ti pianto qui. Tu non mi lascerai
andare finché non saremo a riva, Ash.»

Inizia a nuotare, ma il peso di Ash non è indifferente. L’acqua li sommerge più
di una volta prima che la ragazza riesca ad afferrare con entrambe le mani
l’esile tronco di uno degli arbusti che sporgono verso il centro del fiume e ad
usarlo come appiglio per trascinarsi sulla riva.

Si lascia cadere stremata sull’erba, cercando di riprendere fiato.

Ash molla la presa attorno alla sua vita e si alza a sedere, provando a muovere
il braccio dolorante. «Mai pensato di fare la guardaspiaggia?» mormora,
massaggiandosi la spalla.

Misty lo fulmina con lo sguardo alzando appena la testa. «Un’altra battuta come
quella e ti ributto dentro.» riesce a dire, ansimando.

«Scusa.» Ash le sorride e tende una mano ad accarezzarle i capelli «Sei stata
grande.»

Misty riesce a tirarsi su in ginocchio, anche se con fatica. «Lo credo bene.»
mormora, da sotto i capelli bagnati che le ricadono scomposti sulla faccia
«Dai, fammi vedere la spalla.»

«Non è niente.» sussurra Ash. Ma non si sottrae al tocco delle mani di Misty,
che solleva la manica della sua t-shirt e controlla la sua spalla con dita
esperte.

«Non sembra molto grave.» dichiara la ragazza «Riesci a muovere il braccio?»

Ash annuisce. Misty fa scorrere lentamente le dita lungo suo braccio,
fermandosi all’altezza del gomito. In realtà, il tocco delle sue dita dura
qualche istante più del necessario, ma Ash finge di non accorgersene.

«Credo che non ci sia niente di rotto.» afferma «Comunque forse non dovresti
usare il braccio per un po’, se ti fa male. Vuoi dare a me lo zaino?»

«No, lascia stare.» Ash scuote la testa «Ce la faccio. Tu, piuttosto… sei
sicura di farcela a proseguire? Se vuoi possiamo fermarci a riposare per un
po’.»

La ragazza fa cenno di no con il capo. «No. No, sto bene. Dovevo solo…
riprendere fiato. Sei pesante, cosa credi?»

Ash le sorride con affetto. Misty si alza in piedi, sostenendosi con la mano al
nodoso tronco di una quercia. «Almeno ora siamo dall’altra parte.» sospira,
allontanando i capelli dal viso.

«Già.» Ash annuisce, alzandosi in piedi al suo fianco. Non può fare a meno di
notare la mano della ragazza stretta al ruvido tronco dell’albero, e ne riceve
una conferma al fatto che Misty sia ancora molto più debole di quanto non
voglia mostrare.

«Scusa.» mormora, abbassando lo sguardo.

«Sto bene.» ripete lei. Ma non riesce a fare nemmeno due passi prima che le sue
gambe cedano sotto il peso del suo corpo, rischiando di farla finire nuovamente
lunga distesa sull’erba.

Ash la afferra per un braccio, impedendole di cadere. Poi, senza dire niente,
le cinge la vita con il braccio sano per aiutarla a restare in piedi,
sostenendola con dolcezza.

E per una volta lei non lo respinge.



Capitolo XII - Il primo attacco degli spiriti

«Va bene, ce la faccio da sola ora.» afferma Misty dopo qualche minuto,
liberandosi del braccio di Ash attorno alla sua vita. «Ma grazie.» aggiunge
poi, con un sorriso.

«Sicura?» chiede il ragazzo, guardandola preoccupato.

Misty annuisce. «Sì. Sto bene, te l’ho detto. Sono solo un po’ stanca.»

Ash la guarda. «Grazie, Misty.»

«Credevi che ti avrei veramente lasciato annegare?» chiede la ragazza,
inarcando le sopracciglia «Come va la spalla?»

Il ragazzo vi porta automaticamente la mano. «Fa male, ma è sopportabile.»
mormora, facendovi scorrere lentamente le dita.

Misty lo guarda con aria afflitta. «Mi ricordi perché diavolo lo stiamo
facendo?»

«Non ricordi che cosa ha detto Miss Simpatia?» mormora Ash, alludendo a Morgan
Meshomah, la vecchia dai lunghi capelli bianchi «Noi siamo i prescelti. Se non
facciamo nulla per salvare la foresta, i sogni che abbiamo fatto quella notte
non ci abbandoneranno mai.»

La ragazza mormora qualcosa, scura in viso.

Ash si volta a guardarla. «Che hai detto?»

«Ho detto che preferivo tenermi i sogni.» ripete Misty a voce più alta
«Dopotutto erano solo sogni… qui stiamo rischiando la vita, e nessuno ci
garantisce che usciremo vivi da questo schifo!»

Una lacrima scivola sulla sua guancia.

«Misty…» Ash smette di camminare e le accarezza il viso con dolcezza «Ce la
caveremo, ne sono sicuro. Andrà tutto bene.»

La ragazza scuote la testa. «Non puoi saperlo.»

Senza esitazione stavolta, Ash le prende il volto fra le mani e la bacia con
dolcezza sulla fronte. «Invece lo so. Ne sono sicuro, Misty.»

«A-avevi detto che le cose fra di noi non sarebbero cambiate…» sussurra Misty
con la voce che trema, guardandolo con gli occhi spalancati e più profondi che
mai.

Ash prova l’irresistibile desiderio di baciarla di nuovo sulle labbra. Ma
obbliga se stesso a non farlo, e ritira le mani dal suo volto. Il movimento gli
provoca una fitta di dolore non trascurabile alla spalla, di cui spera che
Misty non si accorga.

Se ne accorge, invece, e senza dire niente tende la mano a sfiorargli la spalla
dolorante in una carezza gentile. «Mi dispiace.» mormora.

Ash la guarda. «Non è stata colpa tua.» sussurra «È stata colpa mia. Avrei
dovuto ascoltarti.»

Misty resta in silenzio ancora per qualche istante. Poi sorride con malizia.
«Infatti avresti dovuto. Dovresti sapere che io ho sempre ragione.» scherza,
mostrandogli la lingua.

«Come no.» mormora Ash, scuotendo la testa. Un sorriso si dipinge sulle sue
labbra.

La ragazza lo guarda. «Sei uno stupido.» afferma. Poi la sua voce si
addolcisce. «Ma è per questo che ti voglio bene.» sussurra.

Ash le accarezza i capelli. «Già. E io ti voglio bene perché sei una svitata
completamente fuori di testa. Dai, andiamo.»

Misty annuisce, accingendosi a seguirlo. Ma un fruscio proveniente da un punto
imprecisato alle loro spalle richiama la loro attenzione.

«C-che cosa è stato?» mormora Misty, guardandosi attorno spaventata.

Ash le prende la mano. «Solo un animale… probabilmente.»

La ragazza lo fulmina con lo sguardo. «Un animale? E questo dovrebbe farmi
sentire meglio?» esclama, pensando al cervo.

Ash si morde le labbra. «Hai ragione, no.»

Un ringhio basso e gutturale proviene da qualche punto del sottobosco. Misty
stringe forte la mano di Ash.

Lupi. Tre, dal manto grigio, le bocche come foreste di denti aguzzi e acuminati
come piccoli coltelli, gli occhi pozze completamente nere nei musi affilati.

Tremando, Misty indietreggia fino a trovarsi dietro ad Ash. Si aggrappa al suo
braccio, osservando i tre lupi da sopra la sua spalla.

«Torniamo indietro lentamente.» sussurra il ragazzo, cercando di impedire alla
propria voce di tremare.

Fa un passo indietro. E nello stesso istante il più grosso dei tre lupi grigi
spicca un balzo in direzione del suo volto.

Ash fa appena in tempo a portare un braccio davanti al viso, chiudendo gli
occhi; poi il lupo gli è addosso e lo spinge a terra, facendolo cadere
all’indietro sull’erba. Quando il ragazzo riapre gli occhi, le zanne grondanti
bava del lupo sono a non più di due centimetri dal suo viso.

Riesce a spingere via l’animale, rotolando in modo di trovarsi sopra di lui. Si
alza in piedi, e vede Misty che impugna il ramo di un albero come una spada,
cercando di tenere a bada gli altri due lupi.

«Misty!»

Una delle due bestie spicca un balzo, le zanne aguzze sfoderate verso la gola
della ragazza. Misty lancia uno strillo e, lasciando perdere il bastone, porta
le braccia al viso per proteggersi.

Veloce quanto le sue gambe glielo permettono, Ash raggiunge il ramo lasciato
cadere dalla ragazza e lo raccoglie; colpisce il lupo con tutte le sue forze,
cercando di ignorare la tremenda fitta di dolore che gli attraversa la spalla.

Misty cade seduta. Prima che Ash possa sferrare un altro colpo all’animale,
l’altro lupo, quello che si era lasciato alle spalle, balza sulla sua schiena e
lo spinge di nuovo a terra. La violenza dell’urto è tale da lasciarlo senza
aria nei polmoni per qualche istante.

Misty raccoglie una grossa pietra dal terreno e la lancia in direzione del muso
del lupo che tiene Ash bloccato a terra. La pietra colpisce la testa
dell’animale, che lascia andare il ragazzo con un uggiolio.

Il lupo guarda Misty ringhiando, per un lungo istante. Poi, per nessun motivo
comprensibile, con un balzo scompare fra i cespugli. Gli altri due lupi
indugiano per qualche istante; poi seguono fra la vegetazione quello che
presumibilmente era il capobranco.

La ragazza si lascia cadere in ginocchio sull’erba, tremando. Solo quando
avverte un dolore bruciante al braccio destro si rende conto della profonda
ferita lasciata dagli artigli di uno dei lupi. Vi stringe attorno le dita,
cercando di fermare il sangue.

Ash si inginocchia al suo fianco. «Sei ferita?»

«È… è solo un graffio» mormora la ragazza.

Lui le scosta con delicatezza la mano dal braccio. Misty lo sente trasalire.

«Non è solo un graffio.» afferma «Sanguini… aspetta.» si toglie lo zaino e vi
fruga all’interno fino a trovare un fazzoletto, che usa per bendare la ferita
della ragazza.

«Ecco.» sussurra, annodando strettamente i due lembi del pezzo di stoffa.

«G-grazie.» sussurra lei, ancora tremando «Tu stai bene?»

Ash annuisce. «Solo qualche livido.» mormora. Poi, sentendo la sua paura, la
prende fra le braccia e la tiene stretta, nonostante il dolore alla spalla,
cercando di tranquillizzarla.

Misty si libera del suo abbraccio per guardarlo negli occhi. «Erano gli
spiriti, vero? Li hanno mandati loro.»

Con un sospiro, Ash si alza in piedi. «Temo di sì. Hai visto gli occhi?»

«Sì.» la ragazza si alza e gli prende la mano, cercando un minimo di sicurezza
in quel piccolo contatto fisico «Credi che ci attaccheranno di nuovo?»

«Non lo so.» mormora Ash «Vorrei dirti di no, ma credo che ormai si siano
accorti della nostra presenza… e non credo che gli faccia molto piacere.»

«Dobbiamo trovare l’altare.» afferma Misty, guardandolo negli occhi «Presto.»

Ash annuisce. E i due ragazzi riprendono il cammino.



Capitolo XIII - Il secondo attacco degli spiriti

Misty si guarda intorno nervosamente, come aspettandosi di veder ricomparire da
un momento all’altro i tre lupi grigi. Qualsiasi sia stata la causa della loro
fuga, dubita fortemente che sia stata la pietra che lei ha lanciato.

«Credi che torneranno?» chiede, mordendosi le labbra.

Ash si volta verso di lei. «I lupi, vuoi dire? Non lo so. Non credo.»

La ragazza lo guarda negli occhi. «Allora… credi che gli spiriti ci manderanno
contro qualcos’altro?»

«Non lo so.» Ash sospira «Come va il tuo braccio? Fa male?»

Misty scuote la testa. «No. Non è niente. È solo un graffio, te l’ho detto.»

Ash non risponde. Per la verità pensa che sia una ferita piuttosto seria, ma
evita di dirlo ad alta voce.

La ragazza abbassa la testa. «Grazie di avermi difesa, Ash.» sussurra.

«Ehi.» Ash le prende la mano e la tiene stretta nella sua, e per una volta
Misty non si ritrae «Sai bene che non lascerò mai che qualcuno ti faccia del
male.»

Lei si morde le labbra. Ash sente la sua mano irrigidirsi contro la propria.
«Cosa c’è di diverso dal solito?» mormora Misty, senza alzare lo sguardo «Non
sei mai così carino con me, Ash. È per via… è per via di quello che è successo
ieri sera?»

Ash la guarda. «Misty, no. Ti ho già detto di no.» ripete, a disagio «Eravamo
d’accordo che quello non significasse niente, no?»

Misty annuisce. «Ma tu…» sussurra, senza riuscire a trovare il coraggio di
guardarlo negli occhi «…tu… provi qualcosa per me?»

Il ragazzo abbassa lo sguardo. Misty vede le sue guance colorarsi di una lieve
sfumatura di rosso.

«A-allora?» lo esorta, non del tutto certa di voler sentire la sua risposta.

Ash sospira e si ferma, voltandosi verso di lei. Riesce a guardarla negli occhi
solo per pochi istanti, poi abbassa la testa. «Misty… io…»

Qualcosa crepita di nuovo fra i cespugli, interrompendo qualunque cosa Ash
stesse per dire. Misty sussulta spaventata e afferra di nuovo la mano del
ragazzo, avvicinandosi istintivamente a lui.

Il fruscio si ripete, e stavolta sembra provenire non da un solo punto, ma
dall’intera foresta attorno a loro. E tuttavia, nessun animale esce allo
scoperto.

«Che cos’è?» sussurra Misty, stringendo forte la mano di Ash.

Lui scuote la testa. «Non lo so.» mormora, gli occhi fissi su uno dei cespugli
davanti a loro. Non sta solo crepitando adesso, bensì si sta muovendo, le
fronde verdi si agitano come se qualcosa di molto grosso si stesse muovendo fra
di esse.

Eppure, nessun animale è visibile.

Misty spalanca gli occhi. «Gli alberi.» sussurra.

Ash la guarda. «Che?»

«Gli alberi…» ripete la ragazza con un filo di voce, aggrappandosi con tutte le
sue forze alla sua mano «Gli spiriti li stanno usando per attaccarci…»

Qualcosa le sfiora una spalla, facendola trasalire. Si volta di scatto. I suoi
occhi mettono a fuoco il ramoscello di un albero, misteriosamente tesosi verso
di lei.

Prima che abbia il tempo di voltarsi di nuovo, qualcosa la afferra strettamente
per una caviglia, con tanta forza da trascinarla a terra. Misty lancia uno
strillo, cercando di aggrapparsi con le dita tremanti ai ciuffi d’erba, prima
che la cosa che le ha afferrato la caviglia la trascini via.

«Lasciami!» urla, divincolandosi «Lasciami andare!»

«MISTY!» Ash cerca di raggiungerla, ma i rami dei cespugli attorno a lui
prendono vita e si protendono verso le sue braccia, avvolgendole ed
imprigionandole in una morsa resistente, impedendogli di avanzare.

«MISTYYY!»

La ragazza riesce ad afferrare con entrambe le mani il tronco di un arbusto. Ma
altri rami la afferrano per la vita e la trascinano via, costringendola a
lasciare la presa. Le palme delle sue mani si graffiano dolorosamente
strusciando sul legno ruvido, e lucide macchie di sangue macchiano gli sterpi a
cui cerca disperatamente di aggrapparsi.

«ASH!»

Ash cerca di liberarsi dei rami che lo bloccano, ma inutilmente. Per quanto
sottili, sono solidi come l’acciaio.

Ne afferra uno con entrambe le mani e lo strattona con tutte le sue forze,
ignorando il dolore alla spalla. Il ramo si spezza, ma almeno altri dieci
giungono a sostituirlo. Uno si stringe attorno alla sua gola, con tanta forza
da mozzargli il fiato.

«Misty…» riesce a sussurrare, con un filo di voce.

Ma la ragazza viene trascinata lontano da lui, fino a scomparire alla sua
vista. Gli spiriti della foresta sono riusciti nel loro intento, ovvero
separarli.

La stretta sulla gola del ragazzo si stringe al punto di impedirgli
completamente di respirare. Ash piega la testa all’indietro, cercando
disperatamente di vincere quella stretta folle e di inspirare; ma non un filo
d’aria raggiunge i suoi polmoni. La sua visuale si oscura lentamente.

Con le ultime forze che gli restano, riesce ad afferrare il ramo e a
strattonarlo fino ad allentare la stretta. Cerca di riprendere fiato,
respirando affannosamente.

Il ramo torna a stringere, minacciando di serrarsi di nuovo attorno alla sua
gola in quella morsa letale. Facendo appello a tutte le proprie forze, Ash
riesce a spezzarlo, e lancia lontano i frammenti di legno rimasti fra le sue
dita.

Il pensiero di Misty prigioniera e lontana da lui è sufficiente a restituirgli
l’energia necessaria a liberarsi dei rami e delle radici che lo bloccano,
strattonandoli e torcendoli con le mani e con i denti.

Quando l’ultima fronda molla la presa, Ash cade in ginocchio sull’erba,
stremato. Il dolore alla spalla è atroce, ma non può preoccuparsene ora.

Deve trovare Misty.



Capitolo XIV – "Sempre" è una parola senza senso

Quando la radice molla la presa sulla sua caviglia, Misty si ritrova sola. Sola
e del tutto indifesa in mezzo alla sconosciuta foresta di Green Island.

Ha le braccia e le gambe coperte di graffi, ma nessuno sembra grave.

Si alza in piedi. Una fitta acutissima di dolore le attraversa la caviglia
destra, quella stretta dal rampicante, rischiandola di farla ricadere a terra.
Pallida per il dolore, la ragazza si aggrappa allo spesso tronco di un albero,
bilanciando il peso sull’altro piede.

Prova a muovere qualche passo, usando gli alberi come appigli; ma non appena
posa a terra il piede destro un’altra fitta le fa quasi salire le lacrime agli
occhi. Con un gemito, la ragazza si lascia cadere seduta sull’erba, stringendo
le mani attorno alla caviglia dolorante.

Si sta gonfiando, lo sente sotto le dita. Dev’essere una slogatura.

Fa un male tremendo. Camminare è assolutamente fuori discussione, anche se così
non troverà mai Ash…

Ash. Per quello che ne sa, gli spiriti della foresta potrebbero averlo già
ucciso. Ed anche se non l’avessero già fatto, potrebbero ucciderlo da un
momento all’altro.

«Al diavolo.» mormora fra i denti, e mordendosi le labbra per resistere al
dolore riesce faticosamente a rimettersi in piedi.

Non riesce a fare più di qualche passo; poi il dolore la obbliga a fermarsi,
ansimando.

Ash…

Improvvisamente, una voce parla nella sua testa, e al tempo stesso sembra
provenire da ogni punto attorno a lei. Misty impiega qualche istante a
riconoscerla, ma quando infine ci riesce non ha alcun dubbio: è la voce che ha
udito in sogno, quella che ha pronunciato le parole finali poco prima del suo
risveglio.

«Di che cosa hai paura?» sussurra la voce.

«C-chi diavolo sei?» mormora Misty, terrorizzata.

Una risatina di scherno aleggia nell’aria attorno a lei. Misty ha l’impressione
di sentire due dita spettrali posarsi sulla sua fronte, nonostante non riesca a
vedere niente davanti a sé.

«Posso sentirla sai? La tua paura.»

Misty indietreggia. Una fitta terribile alla caviglia slogata la fa cadere di
nuovo seduta. «CHI CAVOLO SEI?» urla, rivolgendosi all’intera foresta attorno a
sé.

«Niente dura in eterno.» sussurra la voce per tutta risposta.

Arrendendosi all’evidenza di non potersi alzare per correre via, Misty stringe
le ginocchia al petto, tremando. «Chi sei e che diavolo vuoi da me?» mormora,
mentre i suoi occhi si riempiono di lacrime.

«Niente dura in eterno.» ripete la voce in tono subdolo «Neanche voi!» aggiunge
poi, esattamente come nel suo sogno.

«C-che vuoi dire?» mormora Misty, con la voce che trema.

«Non l’amore.» adesso la voce sembra provenire da ogni albero, da ogni ramo, da
ogni foglia e da ogni filo d’erba, e rimbomba dolorosamente nella testa della
ragazza «Non l’amicizia. Non l’affetto. Niente di tutto questo è eterno. Niente
dura per sempre.»

«Che vuoi dire?!» ripete la ragazza, ora quasi strillando. Una lacrima scende
sulla sua guancia.

«Non capisci vero?» continua la voce «Non vuoi accettarlo… non potresti mai. Ma
dentro di te hai già capito…»

«No…» Misty scuote la testa, comprendendo ciò che la voce intende dire. Le
lacrime traboccano dai suoi occhi e iniziano a scorrere copiosamente sulle sue
guance, inarrestabili. «No, no…»

La voce scoppia in una risata malvagia. Se fosse un’entità fisica,
probabilmente avrebbe gettato la testa all’indietro spalancando la bocca, e i
suoi lunghi denti acuminati avrebbero riflettuto la luce.

«Lo sai… lo sai… amore, amicizia, affetto… tutto ciò che vi lega… niente dura
in eterno… e niente può cambiare il destino!»

Misty si copre le orecchie con le mani, scuotendo la testa. «No non è vero NO!»

La risata malvagia della voce esplode attorno a lei, con tanta forza da
smuovere le fronde degli alberi. «Guarda con i tuoi occhi!»

«No…» sussurra la ragazza.

I cespugli si ritirano, mostrandole ciò che fino a pochi attimi prima
nascondevano.

E non appena Misty vede, qualcosa dentro di lei va in frantumi.

Ash giace a terra, immobile, il volto premuto sull’erba. La sua schiena non si
solleva al ritmo di un respiro. E Misty sa già che, se lo raggiungesse e
prendesse fra le dita il suo polso, non sentirebbe alcun battito.

E tuttavia si alza in piedi, per correre da lui. Ma la caviglia slogata cede
sotto il suo peso, facendola finire lunga distesa a terra.

Del tutto impotente, vede attraverso un fiume di lacrime le radici di alberi e
cespugli protendersi verso il corpo senza vita di Ash, stringersi attorno ad
esso e trascinarlo giù, verso le profondità della terra.

«NO!»

Misty cerca disperatamente di rialzarsi. Ma la caviglia pulsa di dolore, e si
rifiuta di sostenere il peso del suo corpo.

«Ash…»

Ash viene trascinato sotto terra, fra le radici di un’enorme quercia. Le sue
dita, leggermente piegate, lasciano piccoli solchi nel terreno prima di
scomparire.

«ASH… NO…»

Misty scoppia in singhiozzi disperati, che scuotono le sue spalle con violenza.

«Che cosa ti aspettavi?!» ulula la voce «Non puoi più fare niente… è troppo
tardi per lui! Come sarà troppo tardi per te!»

«Uccidimi!» singhiozza la ragazza, senza alzare il capo da terra «Ti prego…
uccidimi e basta… uccidimi e basta!»

«Non lo raggiungeresti… la sua anima ci appartiene!» la voce scoppia di nuovo
nella sua terribile risata «Che c’è, credevi che saresti stati insieme per
sempre? Credevi che il vostro amore sarebbe stato eterno? Stupida! Niente dura
in eterno! “Sempre” è una parola senza senso!»

«Non è vero!» Misty urla con tutto il fiato che ha in corpo, alzando il volto
solcato di lacrime «NON È VERO!»

Si alza in piedi a fatica, scaricando il peso sulla caviglia sana. «Lui non è
morto!» urla, gli occhi ardenti di rabbia «Non posso crederlo! Tutto questo…
non è reale! È solo un illusione, ASH NON È MORTO!»

«Non è la verità…» soffia la voce «Non è la verità lo sai bene… lui è morto!»

«NO!» il grido di Misty è talmente forte che se la voce fosse una creatura
realmente in piedi di fronte a lei finirebbe a gambe all’aria «NON È VERO! NON
LO È! Tu hai letto la mia paura e l’hai resa reale, ma tutto questo è solo
un’illusione!»

«Urlare non ti servirà…»

«TACI!» Misty si asciuga le lacrime, ora di rabbia «Se Ash fosse morto io lo
saprei, lo sentirei! Tu puoi far avverare le paure della gente vero? Ma sono
solo illusioni! Io non ho paura di te quindi ora LASCIAMI IN PACE!»

«Non è con la rabbia che lo riporterai indietro!» urla la voce.

Misty si preme le mani sulle orecchie. «VATTENE VIA!» urla «TUTTO QUESTO È
UN’ILLUSIONE! VATTENE VIA, VIA, VIAAA!»

La foresta attorno a lei sembra esplodere. Ogni albero, ogni ramo, ogni foglia
vive di vita propria, sibila e fruscia in un crescendo ossessivo e
insopportabile che rimbomba nella sua testa.

Misty cade in ginocchio, prendendosi la testa fra le mani. La caviglia destra
si piega sotto il suo corpo, inviandole una fitta di dolore talmente intensa da
farla urlare.

La voce della foresta, quella fatta di fruscii e sibili e mormorii, urla
attorno a lei e nella sua testa, tanto intensamente da far male.

«Basta!» Misty preme le mani contro le tempie «BASTA!»

I rami di alberi e cespugli si tendono verso di lei come fruste, le graffiano
le braccia e le gambe come se volessero strapparle via la pelle, le colpiscono
il volto, mentre quell’orrendo coro di suoni continua ad intensificarsi nella
sua testa.

La ragazza si lascia cadere a terra, fino a ritrovarsi col viso premuto contro
il terriccio umido, come nel suo sogno.

«Basta…» sussurra, con voce tanto sottile da udirla a malapena lei stessa.
Serra le dita attorno ad una manciata di terra, scavandovi profondi solchi.

Il coro di fruscii esplode nella sua testa. Un dolore lancinante le attraversa
le tempie, poi tutto viene avvolto dal buio.



Capitolo XV - Verità e illusioni

«MISTY!»

Il grido di Ash echeggia fra gli alberi, senza ricevere alcuna risposta. Il
ragazzo si lascia sfuggire un sospiro di frustrazione. Potrebbe non trovarla
mai, in questa immensa distesa di verde incolto.

O potrei trovarla… morta.

Scuote con forza la testa, per scacciare quel pensiero. Misty è in gamba. È in
grado di cavarsela praticamente sempre. Non ha alcun motivo di preoccuparsi.

Ma non riesce a smettere di chiedersi se stia bene.

«MISTYYY!»

All’improvviso si riffaccia alla sua mente l’immagine di Misty così come l’ha
vista in sogno, tremante e indifesa; un’immagine di cui non riesce in alcun
modo a liberarsi. Se dovesse accadere qualcosa a Misty prima che riesca a
trovarla non potrebbe perdonarselo mai.

«È di questo che hai paura?»

Ash si volta di scatto, per cercare di capire da dove provenisse quella voce.
Ma non c’è nessuno dietro di lui, e in più non è affatto certo che quella che
ha sentito fosse una voce umana.

«Chi accidenti sei?» ringhia, con rabbia.

Qualche attimo di silenzio, durante il quale Ash ha la sensazione di percepire,
non con gli occhi fisici bensì con la mente, un sorrisetto beffardo. «Temi di
perderla?» chiede la voce «È questo che temi?»

Ash trattiene il respiro, riconoscendo la voce. È quella che ha sentito in
sogno, poco prima di svegliarsi. «Chi cazzo sei?»

«Non potrai proteggerla per sempre.» sussurra la voce «Lo sai.»

Il ragazzo scuote la testa. «Non lo so invece.» ringhia «E piantala di dire
stronzate e fatti vedere! CHI CAZZO SEI?!»

Una risatina. «Hai paura vero? Hai paura di non rivederla… e di non poter
rispondere alla sua domanda…»

«Non ho paura.» afferma Ash, nonostante sia terrorizzato «Sono certo che Misty
saprà cavarsela. E non si lascerà fregare… da te.»

«E tu la vuoi ritrovare, vero?» sghignazza la voce «Vuoi essere il cavaliere
che salva la fanciulla? Ma non sei in grado di cavartela da solo…»

Ash indietreggia di un passo. «Smettila.»

Ancora risate. «Forse potrebbe essere troppo tardi.»

«No.» il ragazzo scuote la testa «No. No, questo no.»

«Perché ti sentiresti in colpa vero?» la voce continua a parlare, e sembra
conoscere tutte le peggiori paure di Ash «Non potrai proteggerla per sempre…»

«Falla finita!» Ash si copre le orecchie con le mani «Chi cazzo sei, il
folletto della paura? Beh, sappi che non riuscirai a spaventare me.»

«Forse è troppo tardi…» ripete la voce, in tono cantilenante «Forse è troppo
tardi…»

Improvvisamente i rami degli alberi prendono vita, e si protendono verso di
lui. E prima che Ash abbia il tempo di reagire, si avvolgono attorno alle sue
braccia e alle sue gambe, di nuovo.

«Forse è troppo tardi per te.» sogghigna la voce.

Ash cerca di liberarsi; ma il dolore alla spalla è ormai così forte da
impedirgli quasi di muovere il braccio sinistro. Si lascia sfuggire un urlo
quando uno dei rami che lo imprigionano gli storce il braccio all’indietro.

La voce sghignazza.

«Piantala!» Ash strattona i rami con tutte le sue forze, mordendosi le labbra
per resistere al dolore «PIANTALA!»

Riesce a liberarsi, finendo lungo disteso sull’erba. Altri rami si allungano
per cercare di afferrarlo; ma Ash riesce a correre via. Le fronde di ogni
albero e di ogni cespuglio che supera durante la sua corsa cercano di
ghermirlo, protendendosi come piccole mani scure, e graffiandogli le braccia e
il volto.

La voce continua a ridere.

Qualcosa blocca la corsa del ragazzo, facendolo finire di nuovo disteso a
terra. Nella caduta sbatte malamente la spalla già dolorante, e il dolore è
tanto intenso da farlo urlare di nuovo.

«Non credi alle mie parole.» sussurra la voce «E allora guarda.»

Ash alza la testa. E il suo cuore manca un battito.

Misty giace a terra, a qualche metro di distanza da lui, apparentemente priva
di conoscenza.

«MISTY!»

Ash si alza in piedi di scatto e la raggiunge correndo, lasciandosi cadere in
ginocchio al suo fianco. La afferra per una spalla, scotendola prima con
cautela, poi con maggiore energia.

«Misty. Misty!»

La ragazza non reagisce. In preda ad un nuovo, folgorante terrore, Ash le posa
due dita sulla gola; solo quando sente il lieve battito del suo cuore lascia
andare il fiato che ha trattenuto senza accorgersene.

«Soddisfatto adesso?» sussurra la voce in tono orribilmente compiaciuto «A lei
avevo mostrato un’illusione… ma a te posso mostrare la realtà.»

Ash non la sente nemmeno. Tutta la sua attenzione è concentrata su Misty.

«Misty ti prego…» sussurra, tendendo una mano tremante a scostarle i capelli
dal volto pallido «Ti prego… svegliati…»

Lei non ha alcuna reazione. Tutto ciò che dimostra che è ancora viva è il lento
alzarsi e abbassarsi del suo petto, al ritmo di un debole respiro.

Ash continua ad accarezzarle piano i capelli, sperando con tutte le sue forze
che la ragazza apra gli occhi. Adesso capisce che cosa Misty intendesse dire
quando ha affermato di non essere mai stata in vita sua tanto spaventata come
quando lui aveva rischiato la vita a Shamuti.

«Svegliati avanti… Misty…»

Il viso della ragazza rimane pallido e immobile, le palpebre serrate.

Ash digrigna i denti. «Io odio questa maledetta foresta!» urla, rivolgendosi
all’interminabile distesa di alberi attorno a lui «LA ODIO!»

Un ringhio sommesso gli giunge alle orecchie. Un brivido percorre la schiena
del ragazzo, che lo riconosce come il ringhio di uno dei tre lupi grigi che li
hanno attaccati prima.

Non riesce a vederli, ma non possono essere lontani. Se non si muove da lì, lui
e Misty saranno un facile bersaglio… e non riuscirebbe mai a difendere Misty da
un ulteriore attacco di quegli animali. Non se lei non riprende conoscenza.

Fa un ultimo tentativo di svegliarla. «Coraggio Misty! Avanti devi svegliarti…
forza!»

Gli occhi della ragazza restano chiusi. Il ringhio si ripete, più vicino. Ash
si guarda intorno nervosamente, poi torna a volgere la propria attenzione su
Misty.

Si chiede se sia abbastanza forte per prenderla in braccio, decide di no e il
più veloce possibile la prende sulle spalle alla maniera dei pompieri,
sforzandosi di resistere al dolore ormai quasi insopportabile alla spalla
sinistra.

Si alza in piedi lentamente. Si rende subito conto che non potrebbe mai correre
con lei sulle spalle, ma se si tratta solo di camminare per allontanarsi da lì
può farcela. Con cautela, si piega in avanti, per bilanciare meglio il peso
della ragazza.

Inizia a camminare, alla massima velocità che le gambe gli consentono, tenendo
stretta Misty per impedirle di cadere.

Dopo qualche minuto, però, il peso della ragazza inizia a farsi sentire. Misty
pesa poco, meno di quanto Ash si sarebbe aspettato, ma è comunque parecchio per
un quattordicenne di corporatura minuta… soprattutto se il quattordicenne in
questione ha una spalla che fa un male d’inferno.

Si ferma per riprendere fiato.

«Ash…?» sussurra piano Misty, con voce appena percettibile.

Il ragazzo si lascia sfuggire un sospiro di sollievo. «Va tutto bene.» sussurra
«Va tutto bene, stai tranquilla.»

«Mettimi giù, sto bene.» mormora Misty.

«Sicura?» chiede lui, rimpiangendo di non poterla vedere in viso.

La ragazza annuisce. Con cautela, Ash la deposita sull’erba. Il volto di lei si
contrae in una smorfia di dolore quando posa a terra il piede destro.

Ash la guarda preoccupato. «Che cos’hai?»

«Niente di grave.» Misty scuote la testa «Credo di essermi slogata una
caviglia.»

Lo guarda, e i suoi occhi si riempiono di lacrime. Inaspettatamente gli butta
le braccia al collo, stringendolo forte. «Io sapevo che era solo un’illusione…»
sussurra, scoppiando in singhiozzi «Lo sapevo…»

Ash trasale quando il braccio di Misty sfiora la sua spalla, e solo mordendosi
le labbra riesce a non urlare. «Attenta…» mormora debolmente «…la spalla…»

«Scusami.» Misty lo libera dall’abbraccio e scuote la testa, asciugando le
lacrime che ancora scorrono sulle sue guance «Gli spiriti mi hanno fatto
credere… che tu fossi morto, Ash.» sussurra.

Lasciando perdere la spalla, Ash la prende fra le braccia e la stringe a sé,
facendole posare il capo sul proprio petto. «Dio.» mormora «Misty, non
piangere. Va tutto bene, sono qui ora.»

Rimangono stretti ancora per qualche istante. Anche se non lo ammetterebbe se
lei glielo chiedesse direttamente, non c’è nient’altro in questo momento che
Ash desideri più che tenere Misty fra le proprie braccia. Ha avuto troppa paura
di perderla.



Capitolo XVI - Rabbia

«La tua caviglia?» chiede Ash, guardando preoccupato la ragazza «Ti fa male?
Credi di farcela a camminare?»

Misty fa una smorfia. «Credo di no. Mi fa un male del diavolo.»

Ash la guarda. «Vuoi… che ti prenda sulle spalle?»

«No.» Misty scuote la testa «No, ti farei male. La tua spalla…»

«Lascia perdere la mia spalla.» afferma Ash, aggrottando le sopracciglia «Così
ti farai male tu. Io posso farcela.»

Lei scuote la testa, sorridendogli con negli occhi qualcosa di ben più profondo
dell’affetto. «Hai già fatto anche troppo, Ash.» sussurra «Dico davvero, non
c’è bisogno che mi porti sulle spalle.»

«Ma non puoi camminare.» puntualizza lui, guardandola.

«Forse.» afferma lei «Non lo so.»

Ci prova, ma dopo un paio di passi è costretta a fermarsi, con una smorfia.

Ash scuote la testa. «Basta così.» mormora «Dai, avanti, Misty.»

«No Ash.» ripete lei, riuscendo ad imprimere nel tono della propria voce una
risolutezza tale da poter convincere un muro a spostarsi, se quella fosse stata
la sua richiesta. Ma non abbastanza per convincere Ash.

«Ma che diavolo hai, il complesso della martire?» esclama lui, guardandola
quasi con rabbia «Misty, lo vedo che la caviglia ti fa male. Non puoi camminare
in queste condizioni!»

Lei gli lancia un’occhiata eloquente. «E tu non puoi portarmi sulle spalle. Non
con una spalla in quello stato.»

Il ragazzo si lascia sfuggire un sospiro di frustrazione. «E va bene.» mormora,
scuotendo la testa «Sai che ti dico? Facciamola finita. Piantiamola qui.»

Misty lo guarda senza parlare.

«Che diavolo ci importa di quella stupida profezia?» continua Ash, con rabbia
«Siamo i prescelti. E allora? Perché dovrebbe importarci di questa stupida
foresta? Non sappiamo nemmeno che accidenti dovremo fare, Misty! Voglio dire,
stando a quello che diceva il tuo libro, noi dovremmo sacrificarci per salvare
un mucchio di stupidi alberi inutili? Col cavolo.»

Misty scuote la testa. «Morgan Meshomah non ha…»

«Al diavolo quella vecchia rimbambita!» esclama Ash urlando, ormai
completamente fuori di sé «Per quello che ne sappiamo, potrebbe essere appena
scappata da un ospizio per vecchi malati di mente. Vuoi sapere cosa mi importa
di quello che ha detto quella psicopatica? Non mi importa un cazzo, ecco cosa!»

«Ash!» Misty lo osserva con gli occhi spalancati, perplessa e spaventata dalla
sua reazione.

«E vuoi sapere cosa penso di lei? Penso che…» continua a sbraitare Ash. Ma si
blocca quando vede una lacrima rotolare sulla guancia di Misty.

«Dio, Misty, scusami…» mormora, cercando di posarle una mano sulla spalla. Ma
lei si ritrae, scostandosi non appena le sue dita la sfiorano come se si fosse
scottata.

Scuote la testa. «Si può sapere che diavolo ti è preso?» esclama, cercando di
trattenere le lacrime che nonostante i suoi sforzi prendono a scorrere
incessantemente sulle sue guance «Non ti ho mai visto… così, Ash! Che cavolo ti
è successo? Ti sei trasformato in Mr. Hyde?»

Ash la guarda senza capire. «Eh?»

«Lascia stare.» taglia corto Misty «Insomma, si può sapere che diavolo ti
prende? Che bisogno c’era di urlare in quel modo?»

Il ragazzo abbassa lo sguardo. «Scusa.» mormora, senza osare alzare gli occhi
«È che… Misty, non voglio che qualcuno ti faccia del male. Non lo sopporto.»

Lei rimane in silenzio con lo sguardo fisso su di lui per qualche istante. Poi,
senza una parola di spiegazione, gli si avvicina e lo bacia con pudica dolcezza
sulle labbra.

Ash la guarda, letteralmente senza parole. «Cosa…?»

«Dimenticalo.» mormora lei, scuotendo la testa «Comunque, Ash… dobbiamo farlo.
Non è solo questione di salvare questa foresta, se fosse solo per questo me ne
fregherei anch’io. Ma il mio libro… quello che ho preso in biblioteca… diceva
che il verde altare non è solo un omaggio degli uomini alla madre terra. Il
verde altare è il simbolo del legame fra l’uomo e la natura, se andasse
distrutto questo equilibrio sarebbe spezzato per sempre. E il nostro amico
ranger non sarebbe l’unica vittima.»

Il ragazzo aggrotta le sopracciglia. «Non mi avevi parlato di questo.»

Misty abbassa lo sguardo. «Non volevo che tu pensassi… di dover salvare il
mondo un’altra volta, Ash.»

«Quindi, stando alla profezia sul tuo libro, noi non dovremmo sacrificarci per
un paio di alberi, ma per il mondo…» Ash la guarda «Credevi forse che mi sarei
tirato indietro, se l’avessi saputo?»

Lei scuote la testa. «No. Non lo so… e comunque non so se quella profezia fosse
giusta. Morgan Meshomah non ha detto che avremmo dovuto… morire.»

«Lo credo.» mormora Ash, con una smorfia «Che ti aspettavi che dicesse, voi
siete i prescelti e tanti saluti, andate nella foresta e prenotatemi un posto
nell’aldilà appena vi fanno fuori?»

Misty si lascia sfuggire un piccolo sorriso. «Okay, ammetto che a questo non
avevo pensato.» dice «Certo che se la metti così sembra davvero una stronzata.»

Lui sogghigna. «Esattamente. Allora, cos’era quella storia di Mr. Hyde?»

«Oh, una sciocchezza.» Misty sorride di nuovo, rilassata, felice che tutto sia
tornato alla normalità «Sai, quel libro, Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Dai, ne avrai
sentito parlare.»

«Veramente no.» afferma Ash, guardandola come se pensasse che le manchi qualche
rotella.

Misty sospira. «Lo scienziato beve una pozione e si trasforma in un mostro.»
taglia corto «Allora, ci mettiamo a cercare quello stupido altare o no?»

«Siamo al punto di partenza.» dice Ash, guardandola «Tu non puoi camminare.»

La ragazza fa una smorfia, senza parlare.

«Dovrebbero esserci almeno dei cartelli.» afferma Ash «Tipo, “di qua per il
verde altare” e “di là per uscire dalla foresta”. Oppure…»

Mentre parla, afferra casualmente un grosso ramo di un cespuglio e lo strappa
via. Solo dopo una manciata di secondi il suo sguardo si posa su ciò che la
fronda verde fino a quel momento celava.

«Cristo!» esclama, impallidendo.

«Che cosa c’è?» Misty lo raggiunge zoppicando, aggrappandosi poi al suo braccio
per rimanere in piedi «Che succede?»

Non importa che Ash le spieghi. Lo vede bene da sola che cosa c’è, e che
succede.

Fino al momento in cui Ash ha strappato il ramo, il cespuglio svolgeva il suo
incarico di sentinella silenziosa, celando la base di pietra consunta dal tempo
di una larga piattaforma a forma di trapezio. Al centro della quale…

«Dio.» mormora Misty. «Dio! Ci siamo stato davanti per tutto questo tempo e
nemmeno ce ne eravamo accorti!»



Capitolo XVII - Il verde altare

«L’altare.» sussurra Ash «È… il verde altare.»

Misty annuisce senza parlare. In silenzio, sostenendosi con la mano agli spessi
tronchi degli alberi per impedire alla caviglia dolorante di cedere sotto il
peso del suo corpo, raggiunge la larga piattaforma grigia e ne sale i due
gradini, trovandosi di fronte all’altare di pietra.

«Misty…»

Lei non risponde. Con la mano leggermente tremante scosta dal piano dell’altare
i sottili rami dei cespugli avviluppatisi attorno ad esso come un’effimera rete
verde.

Lentamente, le sue dita riportano alla luce ciò che i rami e le foglie fino a
quel momento celavano. La pietra grigia, fredda sotto il suo tocco, è così
abilmente scolpita da sembrare sul punto di prendere a vivere: spiriti della
foresta dagli occhietti lucenti sotto scomposte chiome ripiegano le dita
sottili, lunghe, aguzze come coltelli attorno agli esili rami degli alberi. La
loro pelle è coperta da vorticosi disegni scuri. Ninfe e driadi si lanciano
alle spalle occhiate oblique e seducenti, danzando nelle lunghe vesti vaporose
che fluttuano attorno alle loro gambe nude. Figure filiformi dai lunghi denti
aguzzi si intrecciano attorno alle antiche parole di una profezia.

Ash la raggiunge. «È quella del tuo libro?» chiede, sbirciando l’altare al
disopra delle spalle della ragazza.

La ragazza fa cenno di sì con il capo. «Che… che dobbiamo fare ora?»

Con delicatezza, Ash fa scorrere lentamente le dita sulle parole incise nella
pietra. Per l’ennesima volta, si chiede se non ci sia un errore, se i due
prescelti non siano altre due persone, non lui e Misty.

Legati da un amore così profondo, ha detto Morgan Meshomah raccontando la sua
fiaba davanti al fuoco come una vecchia nonna, da essere più potente di ogni
altra forza sulla terra.

È questo che c’è fra lui e Misty? È vero che da tempo prova qualcosa per lei.
Ma si è sempre sforzato di negarlo, e soprattutto di non definirlo amore.
Nemmeno con se stesso.

Ma la vecchia dai capelli d’argento e dallo sguardo di ghiaccio ha colpito nel
segno. Se un giorno si trovasse a scegliere fra la vita di Misty e la propria,
non la lascerebbe morire. Se fosse necessario… sì, darebbe la propria vita in
cambio della sua.

«Allora?» lo esorta Misty, distogliendolo dai suoi pensieri.

Ash sospira. «Non lo so. Misty… pensaci. Possiamo sempre tornare indietro.»

Lei lo guarda mordendosi le labbra. «Dobbiamo farlo Ash.» mormora «Lo sai. Non
è solo per l’altare o per questa stupida foresta… non possiamo permettere che
il legame fra l’uomo e la natura venga spezzato.»

«Lo so.» taglia corto Ash «Me l’hai già detto. Dobbiamo salvare il mondo
un’altra volta, non è così? Ma Misty… qui dice che dobbiamo morire.»

Un’unica lacrima cade sulla guancia della ragazza. «Non voglio che muoiano
altre persone, Ash. Non come quel ranger.»

Lui la guarda senza parlare.

«Però…» continua lei, guardandolo fisso con i suoi irresistibili occhi verdi
«…voglio che tu vada via di qui, Ash.»

Ash spalanca gli occhi. «Che?»

«Mi hai sentito.» Misty abbassa lo sguardo «Ci ho pensato e voglio che tu ti
allontani il più possibile da qui. Il rituale, qualunque cosa sia… lo farò io.
Soltanto io. Tu… tu non morirai, Ash. Non lascerò che accada.»

Il ragazzo la guarda. Poi, scuotendo la testa, la prende fra le braccia e la
tiene stretta a sé. Il dolore alla spalla si fa sentire in una fitta acuta e
intensa, ma Ash si sforza di ignorarlo. «Sarei un pazzo se me ne andassi e ti
lasciassi qui a morire.» sussurra, baciando ripetutamente Misty fra i capelli
«Faremo quel rituale insieme, Misty. E ti prometto che farò qualsiasi cosa per
proteggerti.»

«Forse hai ragione tu Ash.» mormora lei, senza sottrarsi al suo abbraccio
«F-forse dovremmo lasciar perdere tutto e andarcene di qui… n-non voglio che
tu…»

Cerca disperatamente di non piangere, ma infine scoppia in singhiozzi, con il
capo posato sulla spalla di Ash.

Lui continua a tenerla stretta, dandole il tempo di calmarsi. Poi le prende il
volto fra le mani e la bacia prima sulla fronte, poi sulle labbra, sfiorandole
appena con le proprie, con un tocco quasi impercettibile e per non più di un
istante.

«Nemmeno io voglio vederti morire.» le sussurra, guardandola negli occhi colmi
di lacrime «E farò qualsiasi cosa per impedire che accada, questo te lo
prometto. Ma non possiamo andare via. Dobbiamo…»

«…Salvare il mondo.» completa lei, cercando di stirare le labbra in un sorriso.

Ash la guarda con affetto infinito. «Infatti.»

Lei si morde le labbra. «Che dobbiamo fare, Ash?»

Quasi trattenendo il respiro, si avvicina all’altare e scosta velocemente i
rami dei cespugli che ancora ne nascondono parte della grigia superficie.
Esattamente come si aspettava, nella roccia sono impresse quattro impronte di
mani, come se fossero state premute nell’argilla fresca. Non ha bisogno di
controllare per sapere che due delle impronte corrispondono perfettamente alle
sue mani, e le altre due a quelle di Misty.

Di colpo ricorda una parte della fiaba raccontata da Morgan Meshomah.

Quando la foresta sarebbe stata messa in pericolo, i due prescelti avrebbero
raggiunto l’altare, ed avrebbero formato con esso un cerchio magico…

E le parole che ha pronunciato quando li ha informati della loro missione
potrebbero apparire assai oscure e ambigue alle orecchie di qualche ignaro
ascoltatore; ma, si rende conto, adesso non potrebbero essere più chiare.

Una volta là, saprete cosa fare.

Guarda Misty, e senza troppa sorpresa vede che nel medesimo istante anche lei
alza gli occhi per guardarlo.

«Lo sai vero?»

La ragazza annuisce. «Siamo davvero noi i prescelti quindi.» mormora cupamente
abbassando lo sguardo.

Ash annuisce, senza parlare. Poi si accinge a posare le mani sulle due cavità
nella roccia, ma Misty lo blocca afferrandogli un polso.

«Aspetta Ash!» esclama, ansimando come se avesse appena finito di correre
«Prima… prima rispondi alla mia domanda.»

Non c’è bisogno che Misty specifichi di quale domanda si tratti, perché Ash non
potrebbe saperlo con maggiore certezza. La domanda postagli dalla ragazza prima
che le piante riuscissero a separarli. Prima che gli spiriti facessero nascere
in lui il terrore di non poterle mai più dare una risposta.

Tu… provi qualcosa per me?

Si morde le labbra, abbassando il capo.

Misty fraintende il suo silenzio. «L-lascia stare.» balbetta, imbarazzata «Io…
sono stata una stupida a chiedertelo. Voglio dire… so di essere solo un’amica,
per te.»

«No.» sussurra lui dopo una lunga ed interminabile manciata di secondi,
scuotendo la testa con lo sguardo ancora fisso a terra «Non lo sei.»

Poi trova il coraggio di guardare Misty e, quando i suoi occhi incontrano
quelli di lei, capisce improvvisamente che quella domanda non necessita delle
parole come risposta.

Senza esitare, le prende il volto fra le mani e la bacia con passione,
assaporando finalmente la dolcezza delle sue labbra e delle lacrime che le
bagnano, come da tanto, troppo tempo sognava di fare.

«Ti amo Misty.» le sussurra.



Capitolo XVIII - Il peso del mondo

Lei lo guarda con gli occhi spalancati, chiedendosi se questo non sia
l’ennesimo sogno destinato ad interrompersi bruscamente al suo risveglio.

Ma in nessun sogno ha sentito il battito del proprio cuore andare a mille,
rimbombandole nelle orecchie. In nessun sogno si è mai sentita così.

Ash la guarda. «E… tu?» le chiede, con una sottile nota di esitazione nella
voce.

Lei scuote la testa. Un piccolo sorriso si dipinge sul suo volto. «Ti amo
anch’io.» sussurra piano, cercando di non sbattere le palpebre per impedire
alle lacrime di traboccarle dagli occhi «Non sai… non sai quanto ho aspettato…
e quanto ho sognato… questo momento, Ash.»

Il ragazzo la guarda negli occhi ancora per qualche istante. «Credimi, l’ho
aspettato anch’io.» mormora. Poi le circonda la vita con le braccia e la bacia
di nuovo, con tutta la passione di cui è capace.

«Dobbiamo farlo.» sussurra lei non appena Ash allontana le labbra dalle sue. «È
il nostro destino.»

Lui annuisce. Per un lungo istante tiene ancora le mani calde attorno alla vita
di Misty, poi le rivolge un sorriso triste e si volta verso l’altare.

Le impronte sulla pietra grigia combaciano con le sue mani con perfezione
assoluta. È come se quella dura lastra di pietra fosse un tempo stata liquida,
e lui stesso vi avesse premuto sopra le mani lasciandola asciugare con
quell’incancellabile marchio sulla fredda superficie.

Misty si accinge a posare le mani sull’altare. Si blocca all’ultimo momento, le
dita esili a pochi centimetri dalla roccia.

«No aspetta non voglio farlo.» dice con la voce che trema, guardando Ash con
determinazione «Voglio che tu te ne vada.»

Lui scuote la testa. «Non ti lascerò qui sola. E comunque il rituale non
funzionerebbe se soltanto uno di noi restasse qui.»

«Credi?» mormora lei, con gli occhi nuovamente pieni di lacrime luccicanti.

«Ne sono sicuro.» Ash annuisce «Altrimenti non ti avrei mai lasciata venire.»

Misty lo guarda, con negli occhi tutto quello che prova per lui. Non solo
amicizia, o affetto, ma l’amore. Quello vero.

Le lacrime cadono sulle sue guance. «Ti amo Ash.» sussurra.

«Ti amo anch’io.» afferma lui, con gli occhi fissi nei suoi «Adesso non dire
più niente okay? Facciamolo e basta.»

La ragazza fa cenno di sì con il capo. Ma ancora una volta le sue mani non
arrivano a sfiorare l’altare.

«Ash…» esclama, alzando di colpo gli occhi verso di lui «…il mio libro diceva
anche un’altra cosa…»

Lui scuote la testa. «Shh.» sussurra «Basta così. Non serve che tu dica altro.»

Misty annuisce, abbassando nuovamente lo sguardo verso le proprie mani.
Dopotutto, è impossibile che ciò che ha letto sulle pagine ingiallite dello
spesso volume rilegato in tela rossa si riferisca a lei e ad Ash.

Può capitare solo ogni tredici generazioni. Non è possibile che tocchi a loro.
Sarebbe un caso troppo fortuito.

Mordendosi le labbra, posa le mani sull’altare.

Un uragano la travolge, o almeno questa è la sua impressione. Una forza antica
e fino a quel momento sopita, risvegliata dal contatto delle mani dei due
prescelti con la fredda superficie di pietra dell’altare. Il cerchio magico di
cui Morgan Meshomah ha parlato raccontando la sua favola.

Un’energia potente, immane, indescrivibile, che succhia via la vita dal suo
corpo e la dona alla terra.

Un’esplosione di luce bianca senza alcuna possibile origine non paranormale,
tanto intensa da ferirle gli occhi, viva, assoluta, abbagliante, tanto forte da
cancellare i contorni delle cose quasi con lo stesso valore del buio.

Mentre l’energia vitale si trasferisce rapidamente dal suo corpo alla terra,
per la salvezza di Green Island, del verde altare e del mondo intero, Misty
alza un’ultima volta lo sguardo verso Ash. E le pare che, al di là dell’immenso
fascio di luce bianca, lui le sorrida.

Un istante dopo la caviglia slogata cede sotto il peso del suo corpo e la
ragazza, del tutto priva di forze, crolla a terra in ginocchio, senza però
staccare le mani dal piano dell’altare.

Un ultimo pensiero prende forma nella sua mente, prima di sprofondare
nell’oblio dell’incoscienza: un paragrafo scritto quasi frettolosamente alla
fine del libro preso in biblioteca. Ogni dodici generazioni di prescelti, con
la tredicesima sarebbero venuti al mondo un ragazzo e una ragazza legati da un
sentimento immane, oltre l’amore, più potente non già di ogni forza su questa
terra, ma dell’universo intero. Legati da un sentimento tanto potente da…

Mentre un fascio di luce bianca la investe, poco prima che nella sua mente sia
il buio un piccolo sorriso si dipinge sul suo volto.



Capitolo XIX - Il sole su Green Island

Un mazzo di carte viene mescolato con abilità da vecchie mani nodose, per poi
scomporsi e disperdersi nell’aria, mostrando le facce fino a quel momento
nascoste: le immagini di antichi tarocchi la fissano con occhi vuoti e neri, i
volti contratti in sogghigni segreti ed invisibili dietro le maschere.

Il cervo si inginocchia sulla riva del fiume, ad immergere nell’acqua color
fango il suo palco di corna, sporche del sangue del ranger. La corrente
trascina con sé orribili rivoletti rosso scuro, che lentamente si fondono con
l’acqua diventando del tutto irriconoscibili.

Una delle carte del mazzo volteggia davanti ai suoi occhi. Gli amanti. Un
ragazzo ed una ragazza si tengono per mano sulla liscia superficie
bidimensionale, lei ha lunghi capelli rossi e grandi occhi verdi e lui ha occhi
scuri e intensi e capelli neri.

Legati da un sentimento tanto potente…

Le radici degli alberi ghermiscono un corpo senza vita e lo trascinano verso le
oscure viscere della terra. Una mano pallida, sporca di sangue, immobile,
graffia la terra prima di scomparire. Le unghie si spezzano, sporche di
terriccio scuro.

Le carte cadono sul pavimento di una vecchia stanza, tutte capovolte eccetto
una: un largo mantello nero avvolge il corpo di una scheletrica figura, le mani
prive di pelle strette attorno al manico di una scintillante falce; il volto
sotto il cappuccio è un teschio ingiallito dalle orbite vuote e nere.

Labbra calde si posano dolcemente sulle sue. Qualcuno le cinge la vita in un
abbraccio, intenso contatto fisico, e le sussurra parole il cui suono si è
perso nel vento. Qualcuno la tiene stretta a sé, le fa nascondere il volto
contro il proprio petto.

Un ragazzo ed una ragazza vissuti tanto tempo prima, tredici generazioni prima,
posano le mani sulla superficie grigia, offrendo le proprie vite alla terra.

Una carta sta ancora volteggiando nell’aria. Si posa a terra con grazia sul
mazzo caduto, andando a coprire la figura vestita di nero. Sono gli amanti, e
ancora si tengono la mano e sorridono.

…da poter vincere anche la morte…



Misty apre gli occhi, trovandosi a fissare il cielo azzurro e sgombro sopra la
propria testa. Un vago ricordo di un sogno di carte e di arcane parole
riaffiora per un attimo nella sua mente, per poi svanire di nuovo.

Lentamente, quasi per accertarsi di essere ancora viva, prova ad articolare le
dita, trovandosi a sfiorare piano sottili fili d’erba.

Di colpo ricorda. La profezia, l’altare. La tredicesima generazione.

Sorride. Aveva ragione, dunque. Ciò che lega lei e Ash è tanto potente da
essere più forte di qualsiasi cosa. Anche della morte, quella con il mantello
nero e la falce, e il ghigno scheletrico sotto il cappuccio.

Si tira su da terra, appoggiandosi languidamente sui gomiti come se si fosse
appena svegliata fra le candide lenzuola del proprio letto, dopo una lunga e
indisturbata notte di sonno.

Ash giace sull’erba di fianco a lei, come profondamente addormentato. Ogni
residuo timore nel cuore di Misty si dissolve, non appena vede il lento e
regolare alzarsi e abbassarsi del suo petto.

Tende una mano ad accarezzargli una guancia, e lo sente sussultare appena sotto
il tocco della sue dita.

Gli occhi di Ash si aprono lentamente, profondi e smarriti. Il suo sguardo
confuso si posa sulla ragazza.

«Misty…?»

Lei sorride. «Ciao Ash.» sussurra, chinandosi verso di lui per baciarlo su una
guancia.

Il ragazzo si alza a sedere, guardandosi intorno con aria incerta. «Siamo…
ancora vivi?» chiede, voltandosi verso Misty.

Per tutta risposta, lei raccoglie il proprio zaino, per terra vicino a lei. Con
uno strano sguardo negli occhi, lo apre e ne estrae qualcosa: il libro dalla
copertina rossa. Lo apre ad una pagina contrassegnata da un angolo piegato a
mo’ di segnalibro, e senza dire niente lo porge ad Ash.

Il ragazzo scorre rapidamente le parole, senza capire. Poi alza gli occhi verso
Misty.

«E questo che vorrebbe dire?» chiede.

La ragazza riprende il libro e lo chiude, posandolo sulle proprie ginocchia.
«Ogni tredici generazioni,» spiega, guardandolo negli occhi «nascono due
prescelti legati da un sentimento tanto profondo da andare oltre l’amore, e
tanto forte da poter addirittura vincere la morte.»

Ash si passa nervosamente una mano fra i capelli. «E…?»

Misty inclina il capo sulla spalla, tenendo gli occhi incredibilmente verdi
fissi in quelli di lui. «Siamo noi, Ash.» afferma «Siamo una delle tredicesime
generazioni di prescelti.»

«E questo…» Ash distoglie lo sguardo «…questo è quello che c’è fra noi?
Qualcosa di così forte da essere più potente della morte?»

La ragazza si piega verso di lui e lo bacia. «Ne dubitavi forse?»

Ash la prende fra le braccia e la tiene stretta a sé, facendo scorrere le dita
fra le soffici ciocche dei suoi capelli. «No, certo che no.»

Con gentilezza, Misty si libera del suo abbraccio e si alza in piedi, lasciando
che un caldo raggio di sole le illumini il volto. «Non c’è più, vero?»
sussurra, posando la mano sul tronco nodoso di un vecchio albero «L’oscurità,
voglio dire. Se n’è andata.»

«È vero, non c’è più. Lo sento anch’io.» mormora Ash «E scommetto che non è la
sola ad essersene andata.»

Misty aggrotta le sopracciglia. «Che vuoi dire.»

«I taglialegna.» afferma il ragazzo «Era a questo che doveva servire no?
Abbiamo ristabilito l’equilibrio fra uomo e natura… fermando la
deforestazione.»

«Abbiamo salvato l’altare, quindi.» mormora Misty, facendo scorrere lo sguardo
sui tronchi degli alberi che li circondano.

Ash le sorride. «Abbiamo salvato il mondo.» la corregge. Poi sembra ricordare
qualcosa, e la guarda con aria perplessa. «Misty… la tua caviglia?»

Lei spalanca gli occhi. «È strano sai.» mormora «Non mi fa più male.»

Come per accertarsene, si china e vi fa scorrere piano le dita. Il gonfiore è
completamente scomparso, e non sente più alcun dolore. Poi, colta da
un’improvvisa illuminazione, scioglie il fazzoletto stretto attorno alla ferita
sul braccio.

Sul tessuto azzurro del fazzoletto c’è una larga chiazza di sangue scuro, ma
sulla sua pelle adesso non c’è neanche l’ombra di un graffio.

Guarda Ash. «La spalla? Ti fa ancora male?»

Con l’aria di non avervi ancora rivolto il minimo pensiero, il ragazzo vi porta
quasi meccanicamente la mano e prova a muovere il braccio. «È assurdo!»
esclama, con un’espressione di stupore dipinta sul volto «Poco fa mi faceva un
male del diavolo e adesso non sento più niente.»

Misty si morde le labbra. «Siamo passati attraverso la morte, Ash.» mormora «E
l’abbiamo battuta. E credo che questo… essere stati in grado di sconfiggere la
morte… abbia potuto cancellare anche tutto il resto.»

Ash si alza in piedi e la raggiunge, circondandole le spalle con un braccio.
«Tutto ciò che voglio ora,» sussurra, stringendola a sé «è uscire da questa
stupida foresta.»

La ragazza si volta verso di lui, con gli occhi che brillano.

«Credo di conoscere la strada.» afferma, con un bellissimo sorriso «Adesso,
credo di conoscerla.»

Il ragazzo le sorride. E sotto i caldi raggi del sole che ora splende su Green
Island con tutta la sua intensità, i due ragazzi si prendono per mano e insieme
si rimettono in cammino.



FINE


 

Questo è l'Angolo dei Fan di OddishLand. Le fanfic e le altre opere prodotte sono proprietà dei rispettivi autori; non possono essere pubblicate senza il loro consenso in nessun altro sito. Ogni commento ai lavori è molto gradito :)